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Le "scatole cinesi" della massoneria mafiosa

Basterebbe l’intestazione della cartelletta per far comprendere la delicatezza dell’indagine alla quale lavorano magistrati delle procure distrettuali di Catanzaro e di Reggio Calabria, nonché la d…

Pubblicato il: 08/02/2017 – 6:55
Le "scatole cinesi" della massoneria mafiosa

Basterebbe l’intestazione della cartelletta per far comprendere la delicatezza dell’indagine alla quale lavorano magistrati delle procure distrettuali di Catanzaro e di Reggio Calabria, nonché la direzione nazionale antimafia: «Situazione su possibili interazioni fra ‘Ndrangheta e Massoneria in Calabria». Da ultimo anche la Commissione parlamentare antimafia ha deciso di aprire un filone dedicato a tali «possibili interazioni» e, ben per questo, ha voluto sentire formalmente i vertici delle organizzazioni massoniche operanti nel nostro Paese. A cominciare dal nuovo gran maestro del Goi (Grande Oriente d’Italia) Stefano Bisi, il quale nella forma avrebbe offerto ampia disponibilità, salvo irrigidirsi davanti alla richiesta degli elenchi degli affiliati al Goi per poi rifiutarsi di fornirli.
È un corsa contro il tempo quella della Commissione parlamentare bicamerale presieduta da Rosy Bindi: se proprio vuole consegnare al Parlamento una relazione sulle ventilate o presunte “devianze” di segmenti massonici, deve stringere i tempi, posto che il futuro della legislatura è a dir poco incerto e lo scioglimento delle camere imporrebbe lo stop anche alla sua attività d’inchiesta. E nel paese che è culla della dietrologia non manca chi sottolinea la coincidenza di tempi tra l’audizione del gran maestro Bisi e la sortita di Matteo Renzi – che insieme ai fedelissimi Carrai e Lotti ha con Bisi un ottimo rapporto personale – per un anticipato scioglimento delle Camere e voto anticipato.
Ma torniamo all’indagine sulle «possibili interazioni fra ‘Ndrangheta e massoneria». È vero che muove da fatti, episodi, storie e inchieste basate in Calabria ma è altrettanto vero che la ‘ndrangheta opera e ha solidi interessi ben oltre la regione dalla quale origina e, a sentire le deposizioni rese da alcuni gran maestri dissenzienti, la dilatazione degli iscritti calabresi ad alcune obbedienze massoniche avrebbe fatto la differenza nelle ultime elezioni interne al Goi.
Secondo Eurispes (scheda 10, area “Rappresentanza”) sono solo tre le associazioni massoniche operanti in Italia sia pure con diverse modalità operative. Secondo gli accertamenti investigativi svolti in questi mesi, invece, sarebbero molte di più e funzionerebbero con un sistema tipico delle scatole cinesi in modo da garantire, da una parte, un diverso grado di riservatezza e, dall’altra, la possibilità di sganciare segmenti compromessi senza coinvolgere l’intera struttura.
Le tre organizzazioni di riferimento vengono indicate, nel dossier, come Grande Oriente d’Italia, sede in Roma alla via San Pancrazio, 23mila aderenti e di questi più del 105 (2.600 iscritti) in Calabria. Segue, come numero di affiliati, la Gran Loggia d’Italia, Obbedienza di Piazza del Gesù. Il suo gran maestro è Antonio Binni. Ha sede a Roma nel prestigioso Palazzo Vitelleschi di via San Nicola de Cesarini. Conto 8.200 iscritti e anche qui la presenza calabrese (980 aderenti) è massiccia.
Infine la Gran Loggia Regolare d’Italia, il cui gran maestro è Fabio Venzi. Ha sede in Roma al Lungotevere Mellini. Pochissimi gli iscritti, circa 2.400, di questi non più di duecento i residenti in Calabria. Gli accertamenti fin qui condotti spiegano le ragioni del ridotto numero di affiliati: si tratta dell’unica Loggia regolare riconosciuta dalla Gran Loggia Unita d’Inghilerra, indicata e riconosciuta come “Loggia madre”.
Ed è in questa obbedienza che avrebbero trovato riparo i tanti che hanno abbandonato il Goi paventando più o meno massicce “infiltrazioni” di personaggi alla ricerca di pragmatici rapporti di potere più che di esoteriche elevazioni filosofiche.
Sta di fatto che la Commissione antimafia alla fine ha ritenuto che, sulla scorta di quanto emerso nelle più recenti indagini della Dda di Reggio Calabria, è bene aprire un approfondimento sui rapporti tra cosche e logge e ha convocato i tre gran maestri per sentirne opinioni e ragioni. Audizioni conclusesi con un “invito” che poi è diventato una sorta di “ultimatum”: consegnate gli elenchi dei vostri iscritti in Calabria e Sicilia o troveremo il modo di averli ugualmente. Come? Magari – anticipano alcuni deputati – con l’intervento della Guardia di Finanza, inviata con specifica delega a ispezionare tutte le sedi.
Una richiesta inviata per missiva alle obbedienze italiane che si sono rese disponibili a consegnare gli elenchi dei propri iscritti, ma che in realtà vuole essere una neanche così velata minaccia per quanti hanno risposto picche alla commissione presieduta da Rosy Bindi. Primo fra tutti il Goi, che alle istanze ispettive dei parlamentari ha sempre detto no per «questioni di privacy».
Parole del gran maestro Stefano Bisi, audito in commissione nell’agosto scorso e poi nuovamente in gennaio. «Riteniamo – ha detto ai parlamentari – che si compierebbe un reato in quanto il Parlamento ha approvato una legge sulla privacy che tutela la riservatezza dei dati sensibili». In più, ha aggiunto, non è vero che i dipendenti della Pubblica amministrazione debbano comunicare appartenenza alla massoneria. Per Bisi,«si deve dichiarare solo che l’appartenenza alle associazioni possa interferire con l’attività professionale». E a chi gli ha ricordato che secondo alcune denunce sarebbe divenuto gran maestro grazie ai voti della ‘ndrangheta ha risposto «sono stato eletto con i voti dei fratelli maestri calabresi, siciliani, lombardi, di tutte le regioni. Sono grato ai calabresi: quando da cinque inchieste a Reggio Calabria c’è uno solo appartenente al Grande Oriente d’Italia, vuol dire che i fratelli stanno lavorando bene». Affermazioni con cui non concorda – per nulla – il suo storico grande accusatore, l’avvocato Amerigo Minnicelli, ex gran maestro espulso dal Goi proprio per le sue denunce sulle possibili infiltrazioni mafiose. «Fino al 1995 – ha detto – gli iscritti al Goi in Calabria erano 600-700 ora sono 2600 e non si giustifica una crescita in questi termini in alcun modo. Tutto ciò avviene per esercitare un controllo sulla organizzazione». Per poi rincarare la dose. «Quando si tratta di potere ed elezioni in Calabria e nel meridione, io penso che il tentativo di trovare accordi è abbastanza visibile. Molti parlamentari, consiglieri comunali e regionali in Calabria si fanno aiutare dalla ‘ndrangheta per essere eletti, è un fatto abbastanza acquisito».
Ancor più dure sono state le parole di Giuliano Di Bernardo, ex gran maestro del Goi, uscito dall’organizzazione proprio a causa delle infiltrazioni mafiose. «Diverse sono le ragioni che portarono alle mie dimissioni da gran maestro del Grande Oriente d’Italia, ma quella che fu determinante fu connessa con l’inchiesta del procuratore di Palmi Agostino Cordova. Vedo oggi ripresentarsi le stesse condizioni del 1992, quasi fosse una fotocopia», ha detto Di Bernardo, di fronte ai parlamentari. «Ho deciso di dimettermi – ha spiegato – perché avevo constatato una realtà che mai avrei immaginato e che da quel momento mi sarei rifiutato di governare». Il perché a detta dell’ex gran maestro sta nei numeri: 32 logge, 28 erano in mano alla ‘ndrangheta. In Sicilia invece – ha sottolineato Di Bernardo – il gran maestro in persona sarebbe stato coinvolto in un traffico di armi. Un quadro sconfortante della maggiore obbedienza italiana, che non ha fatto altro che indurre i parlamentari ad accelerare tempi – se necessario irrigidire i modi – per acquisire gli elenchi degli iscritti alle varie obbedienze, soprattutto del Meridione.
Non sarà necessario ricorrere alle maniere forti con la Serenissima Gran Loggia d’Italia – Ordine Generale degli Antichi Liberi Accettati Muratori, come presso la Gran Loggia d’Italia degli Antichi Liberi Accettati Muratori. I rispettivi gran maestri, Massimo Criscuoli Tortora e Antonio Binni, auditi nelle scorse settimane a palazzo San Macuto, non hanno opposto difficoltà alla richiesta di consegnare gli elenchi dei propri iscritti.
Il Goi invece continua a snobbare le richieste dell’Antimafia e oggi sembra rischiare – seriamente – di sentir bussare la Finanza alla porta de
lle proprie sedi. Tutto inutile, dicono alcuni. Gli elenchi – dicono – potrebbero essere stati “manomessi” o potrebbero aver contenuto nomi che sono stati nel frattempo tolti o carte fatte sparire. «Ma se così fosse avrebbero commesso un reato e comunque i nomi possono emergere dall’incrocio di banche dati e quindi questa potrebbe essere un’operazione rischiosa per chi la compie», ribattono gli investigatori che collaborano con i vertici della commissione Antimafia. Oggi come mai prima, intenzionata ad andare fino in fondo. Elezioni anticipate permettendo…

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