CATANZARO Nel corso del 2016 sono stati depositati 98 ricorsi in materia appalti pubblici e concessioni di pubblici servizi. Altra materia delicata sono le interdittive antimafia, in merito alle quali sono sopravvenuti al Tar di Catanzaro 46 ricorsi legati ad appalti, a concessioni demaniali revocate o allo svolgimento di attività economiche sospese. Nel corso dell’inaugurazione dell’anno giudiziario del Tribunale amministrative regionale di Catanzaro il presidente, Vincenzo Salomone, ha sottolineato nella sua relazione le materie più importanti che il Tar ha trattato nel 2016. Non meno rilevanti dei ricorsi su appalti e interdittive antimafia vi sono, sottolinea Salomone, «le oltre 50 sentenze emesse in materia di finanziamenti e contributi pubblici anche di notevole rilievo (si pensi alla sentenza numero 1944/2016 relativa ad un finanziamento di oltre 7 milioni di euro per la realizzazione di un complesso turistico alberghiero), e le oltre 80 sentenze in materia sanitaria, con particolare riferimento alle prestazioni ospedaliere ed ai tetti di spesa delle strutture accreditate, materia particolarmente delicata per la Regione Calabria, che, si ricorda in materia è commissariata con un organo statale».
LE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI CHE NON PAGANO In aumento anche i giudizi di ottemperanza, ossia quelli che permettono di dare esecuzione a una sentenza nel processo amministrativo, qualora la pubblica amministrazione non abbia provveduto spontaneamente. Negli anni tali giudizi «sono aumentati in maniera esponenziale». Il fenomeno è riconducibile «anche ai tagli che le pubbliche amministrazioni hanno via via subito e che non consentono pagamenti celeri».
LA LEGGE PINTO Sull’aumento dei giudizi di ottemperanza hanno inciso – specifica la relazione del Tar – i giudizi in materia di legge Pinto, che permette di richiedere un’equa riparazione del danno subito per l’irragionevole durata di un processo. I giudizi in materia di legge Pinto hanno «addirittura costituito il 36% del contenzioso». «La scelta è stata determinata dalla consapevolezza che si tratta di giudizi che hanno alla base un provvedimento giurisdizionale passato in giudicato, rispetto al quale i cittadini hanno già affrontato un iter giudiziario, concluso per loro positivamente; e dalla considerazione, non meno rilevante, che il ritardo nella definizione di tali giudizi, aventi ad oggetto per il 95% somme di denaro, ha un effetto negativo sulle casse delle pubbliche amministrazioni».
RICORSI IN MATERIA ELETTORALE «Con riferimento alla materia elettorale nel corso del 2016 sono stati iscritti in totale 25 ricorsi, di cui 20 inerenti le esclusioni/ricusazioni di liste e candidati e 5 riguardanti la proclamazione degli eletti: di tali ricorsi 23 sono stati definiti, uno è assegnato all’udienza per la discussione e l’ultimo deve essere fissato. Anche in questo caso deve essere sottolineata la tempestività delle decisioni del Tribunale, in coerenza con le norme, volte a evitare soluzioni di continuità nella attività degli enti locali».
RICORSI ONEROSI PER LE FASCE PIÙ DEBOLI I cosiddetti ricorsi ordinari prevedono un contributo di unificato di 650 euro che sommandosi all’onorario dovuto all’avvocato rende « a volte difficilmente accessibile la giustizia amministrativa». E quanto a discapito delle fasce più deboli. «Alcuni casi sono veramente paradigmatici – si sottolinea nella relazione –: si pensi ai ricorsi in materia di assegnazione di alloggi popolari, per i quali non è prevista alcuna esenzione pur essendo i ricorrenti, evidentemente, soggetti che versano in condizioni economiche disagiate». Bisogna poi evidenziare come nel 2016 siano aumentate le istanze di patrocinio a spese dello Stato che tra le altre cose comporta il pagamento degli onorari del difensore a carico del Tribunale. «Con riferimento ai costi sopportati dal Tribunale per i pagamenti degli onorari, nel corso del 2016 il Tribunale ha liquidato, a tale titolo, ai difensori dei ricorrenti ammessi al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, oltre 85 mila euro».
L’INEFFICIENZA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE «Giova ricordare che in un recente studio l’inefficienza della pubblica amministrazione si è dimostrato che costi oltre 30 miliardi di euro all’anno di mancata crescita». Lo studio citato nella relazione del Tar è stato redatto dal Fondo monetario internazionale che ha formulato la tesi secondo la quale «se la nostra amministrazione pubblica avesse in tutt’Italia la stessa qualità nella scuola, nei trasporti della sanità e nella giustizia che ha nei territori più efficienti, il Pil nazionale aumenterebbe del 2% ovvero di oltre 30 miliardi di euro l’anno». In uno studio condotto dall’Unione europea sulla qualità della pubblica amministrazione sono stati rilevato 206 territori, in mezzo a questi sette regioni del Mezzogiorno si collocano nelle ultime 30 posizioni: Sardegna, Basilicata, Sicilia, Puglia, Molise, Calabria e Campania.
Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it
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