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«Quel lodo arbitrale è legittimo»

L’esplicito riferimento alla struttura da me rappresentata inserita in articolo di oggi intitolato «gli 800 mila alla clinica nonostante il no della dirigente», mi dà l’occasione di fare un po’ di …

Pubblicato il: 09/02/2017 – 18:58
«Quel lodo arbitrale è legittimo»

L’esplicito riferimento alla struttura da me rappresentata inserita in articolo di oggi intitolato «gli 800 mila alla clinica nonostante il no della dirigente», mi dà l’occasione di fare un po’ di chiarezza sul caso specifico con qualche commento anche sul piano generale, sperando nella pubblicazione.
La S. Luca ha ritenuto di aver diritto al pagamento di alcune prestazioni erogate nel 2007. E’ improprio definirlo “extrabudget” ma va bene anche la semplificazione giornalistica.
L’Asp ha ritenuto di non doverle pagare. Oggi scopriamo che la decisione di non procedere a tale pagamento è dovuto al “consiglio” di una dirigente.
Bene. Cosa si fa normalmente in questi casi?
Si ricorre agli istituti previsti dall’ordinamento giudiziario o si individua qualcuno “sensibile” e si paga magari una tangente per ottenere il pagamento?
Noi abbiamo scelto – come sempre – la prima linea di condotta: abbiamo promosso un lodo arbitrale, come peraltro previsto nel contratto redatto dalla Regione Calabria e sottoscritto dalla Asp.
Il lodo arbitrale, per chi non lo sapesse non è un piano per estorcere pagamenti non dovuti, ma un istituto giuridico previsto dall’ordinamento della Repubblica Italiana: si compone un collegio di tre abitri (due nominati dalle parti, il terzo di comune accordo o nominato dal Presidente del Tribunale), si assicura il contraddittorio, si valutano le prove, si ragiona in diritto, si prende una decisione e si pubblicano le motivazioni.
E così è stato nel caso.
A questo punto l’Asp avrebbe potuto, o forse avrebbe dovuto pagare.
Invece – probabilmente sempre sotto consiglio della dirigente – ha ritenuto di non pagare facendo appello. Era nel suo diritto, anche se intanto gli interessi continuavano a salire.
Noi abbiamo preso atto ed abbiamo atteso la decisione del giudice dello Stato, cioè la Corte d’Appello di Catanzaro.
Che ci ha dato ragione, condannando nuovamente l’Asp al pagamento di tutto, più interessi e pesanti spese legali.
Che ha dovuto pagare.
Fine della storia.
Chi ha posto in essere l’abuso?
Chi ha provocato il danno?
La Casa di cura che ha rivendicato il proprio diritto nelle forme e nelle sedi previste dalle nostre leggi ottenendo ripetuti riconoscimenti?
Oppure:
a) la dirigente che magari ha fornito un consiglio evidentemente errato ?
b) l’Asp che non ha ritenuto di pagare nonostante le ripetute diffide ?
c) l’Asp che non ha pagato dopo la decisione arbitrale ?
d) l’Aso che ha fatto appello alla decisione arbitrale senza cautelarsi almeno con un pagamento che avrebbe bloccato gli interessi?
L’auspicio è che la Corte dei Conti proceda ad accertare le responsabilità evidenti in questi abusi che provocano danno erariale in pregiudizio di tutti i cittadini per gli interessi pagati e che si sarebbero potuti evitare con un tempestivo adempimento.
Eppure – incredibilmente – nel pezzo pubblicato ieri si osserva in conclusione, che forse si sarebbe dovuto tenere “nel giusto conto” il consiglio della dirigente. Senza alcun rispetto per il collegio arbitrale e per i giudici della Corte d’Appello di Catanzaro.
Ecco, in questo forse c’è il malessere del nostro tempo: molta attenzione alle superficiali affermazioni purché accarezzino il verso populista e nessun approfondimento o senso dello Stato di diritto.

Maria Teresa Concordia
Legale rappresentante
Casa di Cura S. Luca

Alla legale rappresentante della casa di cura non sfugge il punto, cioè il rischio di danno erariale, ma sfugge un passaggio. Facciamo chiarezza. A ritenere che, forse, non si sia tenuto «nel giusto conto» il parere della dirigente non è il Corriere della Calabria ma la stessa manager che aveva detto “no” all’extrabudget (continuiamo con la semplificazione giornalistica, essendo giornalisti). Quella dirigente, infatti, ha proceduto presso l’Asp con un accesso agli atti per capire se la sua nota sia stata presa in considerazione dalla burocrazia sanitaria cosentina nello svolgimento del procedimento. Questo perché, ovviamente, non vuole pagare per eventuali errori (o omissioni) di altri. La premessa del suo ragionamento, dunque, (e cioè che l’Asp abbia agito su “consiglio” di una dirigente) non è così certa. Lo verificherà la Corte dei conti. Sui lodi arbitrali dell’Asp di Cosenza, poi, non si sono accesi nel corso degli anni soltanto gli obiettivi dei giornalisti. Segno che qualche dubbio è lecito coltivarlo. E non sulla base di populismi immaginari. Ci basiamo sui fatti: bastano e avanzano. (ppp)

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