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Caso Filippo, «gravissima la revoca da parte dei commissari»

Riceviamo e pubblichiamo:In qualità di procuratore e difensore del dott. Pietro Filippo, devo nuovamente intervenire sulla questione, più volte ripresa dagli organi di informazione, dell’intervento…

Pubblicato il: 10/02/2017 – 8:01
Caso Filippo, «gravissima la revoca da parte dei commissari»

Riceviamo e pubblichiamo:

In qualità di procuratore e difensore del dott. Pietro Filippo, devo nuovamente intervenire sulla questione, più volte ripresa dagli organi di informazione, dell’intervento dei Commissari Scura e Urbani nelle vicende che hanno interessato il mio assistito.
La notizia dell’intervenuta revoca dell’atto di transazione tra l’Asp di Cosenza e il dott. Filippo, su iniziativa dei predetti commissari, se i termini sono quelli riportati, anche tra virgolette, nell’odierno articolo, fa assumere alla questione caratteristiche di gravità assoluta, che non soltanto dovrà avere la più ampia eco nazionale e arrivare sul tavolo del Consiglio dei ministri, che a suo tempo ha nominato i commissari, ma che ha portato il dott. Filippo a decidere di denunciare i predetti in sede civile e penale.
L’iniziativa commissariale, correttamente definita dall’estensore dell’articolo come entrata “a gamba tesa”, si presenta come un vero e proprio “fallo da frustrazione” commesso dall’ing. Scura e dal dott. Urbani, in quanto segue a ruota due iniziative intraprese dal dott. Filippo proprio nei confronti degli stessi.
Infatti, documenti alla mano:
– il 25 gennaio scorso, il dott. Filippo ha denunciato al presidente della giunta regionale e al direttore del dipartimento della Tutela della Salute, la condotta dei commissari, evidenziando l’eccesso di potere e la parzialità, se non la discriminazione, emergente da tale condotta;
– con atto del 7 febbraio, il dott. Filippo ha presentato ai Commissari, a tutte le Asp e le Ao della Regione Calabria, al presidente della giunta regionale e al direttore del dipartimento della Tutela della Salute un’istanza di accesso «a tutte le note con le quali i commissari anzidetti hanno richiesto ai direttori generali delle Asp e delle Aziende ospedaliere della Regione Calabria le medesime informazioni richieste con la nota n. 7794/2017, ovvero altre informazioni sui dipendenti o dirigenti che abbiano subito condanne penali».
È di tutta evidenza che laddove emergesse che l’iniziativa dei commissari non sia collegata a una linea operativa predeterminata e che, dalla data del loro insediamento – avvenuto a marzo 2015 – a oggi, non si siano registrate iniziative analoghe, dovrebbe necessariamente concludersi che l’azione dei risanatori della sanità calabrese non sia stata improntata al principio generale dell’imparzialità e sia ridondata nell’abuso.
Laddove i Commissari non si siano attivati nei confronti di tutte le Asp e Ao regionali:
a. verificando se ad ogni sentenza penale che ha riguardato un dipendente o dirigente sia conseguito un procedimento disciplinare;
b. sollecitando il recupero di tutte le spese legali nei confronti delle parti soccombenti (spese che il dott. Filippo ha pagato) e dei danni subiti dalle Aziende (danni che, per quanto riguarda il dott. Filippo, ammontano a poche centinaia di euro e che lo stesso si è reso disponibile a pagare subito dopo l’emissione della sentenza);
c. verificando le motivazioni di ogni nomina di dirigente già attinto da provvedimento sanzionatorio di natura penale, non definitivo al momento della nomina;
d. acquisendo il contratto di lavoro e il curriculum di ogni dipendente che si sia trovato in posizione analoga a quella del dott. Filippo,
l’iniziativa dovrà obbligatoriamente ritenersi come assunta “ad personam”.
Ben venga la trasmissione degli atti relativi alla transazione della vertenza di lavoro alla Corte dei Conti, dinanzi alla quale, finalmente, emergerà la gravità della condotta che ha portato il sanitario ad agire in quella sede giudiziale dove poi è maturata la transazione “incriminata”.
Sorprende l’affermazione secondo la quale sembrerebbe anomalo ai Commissari che la transazione sia stata raggiunta sulla base delle posizioni della parti, prima dell’accertamento giudiziale della fondatezza della pretesa.
In disparte la considerazione che le ragioni del ricorso risultavano documentate dagli atti della stessa Azienda (che i Commissari, benché sollecitati, evidentemente non hanno letto) è la stessa norma che disciplina la transazione (l’art. 1965 del codice civile) che la definisce come «il contratto con il quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite già incominciata o prevengono una lite che può sorgere». Ed allora, sfocerebbe nel ridicolo la pretesa di attendere una sentenza che accerti il diritto vantato nella sua esistenza e nella sua entità, prima di transigere una vertenza che, invero, è già definita.
Alla luce di quanto sono stato costretto a rilevare, ritorna la correttezza della parafrasi calcistica usata dall’estensore dell’articolo, non senza ricordare come sia punita dall’arbitro l’entrata a gamba tesa.
Con l’auspicio di una pubblicazione integrale o comunque tale da non mutare il senso e la portata della sopra estesa nota, invio distinti saluti.

Davide Garritano

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