Secondo i giudici del Tribunale di sorveglianza di Torino «ha collaborato con la giustizia in modo pieno e attendibile» e, per questo, da un paio d’anni sta scontando la sua pena ai domiciliari. Michele Iannello, 49enne originario di Mileto, nel Vibonese, è stato condannato in via definitiva all’ergastolo perché ritenuto responsabile dell’omicidio di Nicholas Green: sarebbe stato lui a uccidere il bambino di 7 anni sparando contro la Y10 dei suoi genitori, il 29 settembre 1994, pensando fosse l’auto di un gioielliere da rapinare.
Ma il pentito calabrese, che ha collaborato rivelando i responsabili di diversi fatti di ‘ndrangheta, sull’omicidio Green si è sempre professato innocente. «Se il mio cliente avesse confessato anche l’assassinio del bambino avrebbe evitato l’ergastolo e avuto i benefici di legge, oltre al programma di protezione. Ma non poteva farlo visto che non l’ha commesso», dichiara il suo legale, Claudia Conidi, al Corriere della Sera. Così dopo la scarcerazione Iannello comincia a pensare a una domanda di grazia al presidente della Repubblica «o almeno — precisa l’avvocato Conidi — una pena temporanea perché la condizione di restrizione domiciliare perpetua è disumana. Ricordo che in primo grado era stato assolto per non aver commesso il fatto».
Iannello – rivela il Corsera – ha scritto la lettera al capo dello Stato proprio in questi giorni. Giorni nei quali la vicenda Green è tornata alla ribalta delle cronache per la morte di Andrea Mongiardo, l’adolescente che ha vissuto 22 anni con il cuore di Nicholas. «Signor presidente — scrive ora il condannato — lo giuro, io non c’entro. Fu mio fratello a commettere l’omicidio del bambino, usando la mia autovettura. Non me la sentii di accusarlo in prima battuta… non sono quel mostro che hanno dipinto. È vero, ho commesso omicidi ma li ho confessati tutti e sono stati delitti di mafia, scontati con il carcere, fatti per non essere a mia volta ucciso, perché nelle faide funziona così: o uccidi per primo o sei tu a morire». E il pentito si rivolge anche a Reginald e Maggie Green, i genitori di Nicholas: «Mi stringo al loro cuore, capendo ora da padre quanto dolore possano avere. Ogni giorno Nicholas è nei miei pensieri». Infine, il colpo a effetto: «Alla mia morte, se qualcosa del mio corpo sarà ancora buona, donerò gli organi per salvare la vita a qualche persona, almeno sarò utile a qualcuno».
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