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Se il ticket sanitario lo pagano solo gli ingenui

Sembra che i ticket sanitari li paghino solo i fessi. Infatti, in gran parte del Paese si sta via via constatando, ad opera delle forze dell’ordine, appositamente incaricate dalla magistratura inqu…

Pubblicato il: 13/02/2017 – 10:23
Se il ticket sanitario lo pagano solo gli ingenui

Sembra che i ticket sanitari li paghino solo i fessi. Infatti, in gran parte del Paese si sta via via constatando, ad opera delle forze dell’ordine, appositamente incaricate dalla magistratura inquirente, una colpevole incuranza nella percezione dei ticket di pronto soccorso e di accesso alle prestazioni ambulatoriali. 
Una tale colpevole «disattenzione» è frutto di due distinte anomalie.
La prima è quella che può sintetizzarsi nella sanità goduta dagli «amici», trattati differentemente da chi, di contro, vi accede da mero utente. Quel «diritto alla salute» discriminato che consente a chi ha un Picone qualsiasi che lo raccomandi di godere di prestazioni diagnostiche tempestive a danno di chi, invece, è soggetto alle estenuanti liste di attesa. Una prassi che, nel caso di diagnosi rese con sensibile ritardo (spesso di mesi), ha determinato, non infrequentemente, colpevoli decessi ovvero invalidità permanenti evitabili solo in presenza di quella parità di trattamento che all’estero è di ordinaria amministrazione. Ebbene in siffatti casi, è abitudine altresì di fornire spesso le prestazioni «amicali» con inconcepibile esonero del pagamento del relativo ticket.
La seconda risiede nella diffusa disorganizzazione del prelievo «tributario». Di quella compartecipazione dell’assistito (il ticket) che tanto pesa nelle tasche dei cittadini (tanto da impedire a 11 milioni di utenti il ricorso all’assistenza pubblica), eluso fin troppo generosamente dalle aziende della salute. 
Invero, le medesime non danno l’importanza a quei versamenti che, invece, nell’esercizio delle attività accreditare private ovvero dalle farmacie costituiscono fino ad oggi un essenziale ricavo che, senza il quale, sarebbero costrette a registrare l’insostenibilità dei loro bilanci. Incassi evasi e non riscossi per milioni di euro nel sistema pubblico, specie in quello ospedaliero, nonostante la loro indispensabilità per fare quadrare i conti. Quindi, nessuna importanza ad un elemento economico imprescindibile per sostenere i loro bilanci, affossati da tempo nonostante i trasferimenti goduti prescindendo dalla loro produttività. 
È, dunque, da eccepire un cattivo diffuso uso contabile che si fa dei ticket, sia nel momento in cui vengono materialmente rilevati e non riscossi all’atto della erogazione della relativa prestazione che allorquando venga scoperta e valorizzata la corrispondente elusione praticata in favore della «clientela amica». 
Tutto ciò è dimostrativo della sottovalutazione del management in senso lato sia dell’istituzione dei centri di costo e responsabilità, con al seguito i relativi rendiconti gestori redatti dai «già primari» posti a capo delle unità erogative, che della gestione dei bilanci aziendali.
Conseguentemente, è dato rilevare una grave manchevolezza nei bilanci delle Asl e Ao interessate che dovrà essere rimossa, sia nell’istantaneità della prima ipotesi (ticket rilevato come dovuto e non riscosso) che nel caso di accertamento postumo, intendendo per tale i doveri derivanti dall’accertamento della magistratura della intervenuta seriale elusione della rilevazione dei medesimi.
Ebbene:
–  nel primo caso la rilevazione va fatta distinta per utente percettore della prestazione, addebitando a quest’ultimo il dovuto per ticket e accreditando il corrispondente valore a ricavi aziendali;
– nella seconda ipotesi, la rilevazione contabile assume la caratteristica della straordinarietà, essa va perfezionata addebitando agli «amici» elusori – accertati come  percettori delle prestazioni negli anni pregressi (per quelli attuali si seguirà l’anzidetta prima ipotesi) – i valori corrispondenti ai ticket evasi e accreditando il relativo importo a sopravvenienza attiva. Un modo per generare una consistente attività patrimoniale che in tempi di piano di rientro fanno tanto bene alle aziende ad esso sottoposte, nella generazione di un netto patrimoniale considerevole.
Successivamente, per entrambi i casi dovranno essere esperite le azioni di recupero, anche coattivo, a seguito del quale verrebbero ad incrementarsi le disponibilità finanziarie e, in presenza di mancato e impossibile incasso del dovuto, a generarsi delle insussitenze dell’attivo costituenti costi straordinari nell’anno di interesse. In tale ultimo caso, ma anche negli altri, ci concretizzerà un danno erariale di filiera, a partire dal responsabile dell’introito e finendo al direttore generale, da eccepire a cura della Procura della Corte dei conti competente per territorio.

(L’articolo è un’anticipazione di quanto pubblicato dal Sole 24 Ore – Sanità)

*Docente Unical 

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