Sulla faccenda del nuovo “vitalizio” per i consiglieri regionali se ne sentono di tutti i colori. Per lo più, si tratta di baggianate belle e buone, di giustificazioni inverosimili e a tratti esilaranti, se non proprio paracule. Le cose stanno così (e mi scuso per la lunghezza della riflessione): 20 consiglieri regionali hanno firmato una proposta di legge che, se approvata, garantirebbe agli eletti in carica, e a quelli che verranno dopo, una pensione a vita, piccola o grande che sarà. È tutto scritto nella pl, non è un’invenzione di qualcuno avvezzo a far polemiche. Articolo 4, “Trattamento pensionistico”: «I consiglieri regionali cessati dal mandato conseguono il diritto al trattamento pensionistico al compimento dei 65 anni di età e a seguito dell’esercizio del mandato consiliare per almeno 5 anni effettivi nel consiglio regionale della Calabria». Estremizzare è utile, almeno ci si capisce: bastano anche solo 5 anni di “lavoro” nell’Astronave per maturare il diritto alla pensione. Certo, in questo caso l’importo sarà inferiore rispetto al vecchio vitalizio, in quanto basato sulla contribuzione degli stessi consiglieri. Alt, però, attenzione, perché c’è l’inghippo, ché nelle cose calabresi non manca mai. La quota di contributo a carico dei consiglieri sarebbe pari all’8,80%, mentre quella a carico del consiglio regionale raggiungerebbe il 24,20%. Tradotto ancora una volta: la maggior parte della contribuzione peserebbe sulle casse dell’istituzione Regione, cioè sulle spalle dei calabresi. E mentre tutti gli altri lavoratori ogni mese della loro vita rinunciano a una fetta del loro stipendio per una pensione futura, nel caso dei consiglieri sarebbe qualcun altro a farlo al posto loro (ovvero i lavoratori di cui in precedenza). È lecito indignarsi? È o no il caso di parlare di privilegi della Casta? E i consiglieri firmatari hanno o no una faccia di bronzo quando affermano che si tratta solo «di porre rimedio a un’illegittimità conclamata» o spiegano che la legge è necessaria per evitare «possibili contenziosi giuridici»?
Una cosa, poi, è opportuno farla notare a Giuseppe Giudiceandrea, tra i primi a rivendicare la piena bontà e legittimità del provvedimento. Il consigliere regionale di Dp, in sintesi, ha affermato che attualmente gli eletti di Palazzo Campanella non stanno contribuendo al pagamento delle pensioni degli anziani; e che solo approvando il nuovo vitalizio mascherato questo principio di solidarietà civile potrebbe essere sanato. Ci sono solo due opzioni: o si tratta di ignoranza o di malafede. Il motivo è presto detto ed è riscontrabile nella stessa proposta legislativa: le quote contributive, secondo l’atto sottoscritto dallo stesso Giudiceandrea, sarebbero infatti «versate in un apposito fondo denominato “Fondo previdenziale dei consiglieri regionali”». Significa che gli eletti “cederebbero” una parte della loro indennità a un fondo che provvederà, in futuro, a erogare le loro e solo le loro pensioni, non quelle di altri cittadini comuni. L’Inps, per farla breve, non vedrà un euro dei contributi versati da Giudiceandrea e company. E dunque gli anziani calabresi e italiani dovranno fare a meno della “solidarietà” dei solerti e premurosi politici regionali.
E se pensate che le criticità siano finite vi sbagliate di grosso. L’articolo 2, in particolare, spiega che, «a decorrere dalla decima legislatura, ai consiglieri regionali eletti nella stessa legislatura o nelle legislature successive, cessati dal mandato, spetta l’applicazione» del sistema previdenziale contributivo. Il guaio è che sono già passati più di due anni senza che gli eletti abbiano versato un centesimo in quel fondo ad hoc. Che succederà, qualora la legge dovesse ottenere il via libera dell’assemblea? I consiglieri salderanno gli arretrati oppure quegli stessi versamenti verranno abbuonati direttamente dall’istituzione (cioè sempre dai calabresi)? E sarebbe costituzionale tutto questo?
Ps. Giudiceandrea stia pur tranquillo: i miei congiunti la pensione se la sono pagati da soli. Mio padre operando nella pubblica amministrazione, due zii come insegnanti. Tutti e tre hanno lavorato per 40 anni.
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