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In Calabria la sanità ospedaliera è fuorilegge

Ho preso atto dell’intervista effettuata recentemente dal direttore del Corriere della Calabria Paolo Pollichieni al procuratore della Repubblica di Cosenza, Mario Spagnuolo.Ho trovato interessanti…

Pubblicato il: 16/02/2017 – 8:37
In Calabria la sanità ospedaliera è fuorilegge

Ho preso atto dell’intervista effettuata recentemente dal direttore del Corriere della Calabria Paolo Pollichieni al procuratore della Repubblica di Cosenza, Mario Spagnuolo.
Ho trovato interessanti sia le domande che le risposte. Condivisibili gli approfondimenti del magistrato. Insomma, un’intervista di quelle che servono all’opinione pubblica non solo per lottare contro una ‘ndrangheta sempre più invasiva della Pa, ma per avere fiducia nel cambiamento  Interessante e pieno di verità il pezzo sulla sanità.
È vero, e lo dico da sempre anch’io, che la sanità in Calabria cela tanta polvere e che sono in tantissimi a celarla sotto i tappeti. Anche quelli che sono tenuti ad effettuare i controlli di ogni genere e grado. Lo ha fatto per decenni nascondendo, altresì, il debito accumulato, nonostante le sollecitazioni esterne a rendicontarlo.
Era ora che si decidesse di fare le pulizie di Pasqua! 
In una mia intervista di non molto tempo fa (17 settembre 2016), chiestami dal Quotidiano del Sud, ebbi a fare una denuncia circostanziata. 
Ho affermato ciò che del resto tutti sapevano da anni, presidenti della Regione e assessori in primis, che: «Le strutture pubbliche fossero da sempre prive di autorizzazione all’esercizio e dunque di accreditamento», indispensabili per erogare prestazioni, pena l’abusivismo.  
Solitamente è il sistema pubblico, in un’attività come la salute gestita in regime di concorrenza c.d. amministrata, a dovere dare l’esempio del rispetto delle regole. 
In Calabria accade l’esatto contrario, si esige doverosamente dal privato il possesso dei requisiti minimi previsti per rilasciare l’autorizzazione all’esercizio e di quelli ulteriori per riconoscere in suo favore l’accreditamento. Per il pubblico, meglio per le sue strutture ospedaliere nulla, mantenendo così il sistema malato, privo degli anzidetti requisiti, oltre che di quelli pretesi dalla sicurezza sul lavoro e dall’antisismicità. 
Dice bene Spagnuolo sulla mancanza assoluta degli elementi fisici che garantiscano la sicurezza e la corretta erogazione dei Lea, da pretendere negli stabilimenti ospedalieri per renderli efficienti in relazione alle tutele che la Costituzione impone.
Insomma, in Calabria noi calabresi «godiamo» di una sanità ospedaliera (e non solo) fuorilegge, ove i requisiti sono tutti assenti, sia organizzativi e tecnologici che strutturali. Quelli obbligatori perché si possa esercitare ciò che, invece, si continua a fare senza, in mancanza di qualcuno che investa risorse per rimuovere gli anzidetti pesanti deficit funzionali a garantire la tutela della salute.
Tutto questo accade addirittura in presenza del Commissario ad acta, che è qui operante perché la Calabria trovasi in un continuo stato di emergenza. Subiamo, infatti, per colpe di un passato disonorevole, uno stato commissariale, ex art. 120 della Costituzione, che va avanti dal 2010 e che succede al commissariamento della sanità calabrese esercitato dalla Protezione Civile negli anni 2007/2009. Un evento nel quale, oltre ad essere stato inventariato il debito pregresso sino ad allora sconosciuto, si è posto momentaneo rimedio alle continue morti innocenti dell’epoca, cui il dott. Spagnuolo ha fatto esplicito riferimento nella sua intervista. 
Malgrado i fatti e le sollecitazioni di allora, il sistema sanitario pubblico continua ad erogare prestazioni salutari nell’assoluta mancanza di rispetto delle leggi poste a tutela della corretta portata delle medesime. Una violazione gravissima sulla quale i Tavoli romani, chiamati ad esercitare periodicamente i dovuti controlli, glissano, così come fanno finta di niente tutti coloro che sono istituzionalmente chiamati a collaborare e/o effettuare verifiche. 
In sintesi, tutto tace, in un clima di complicità generale nonostante la messa in pericolo della vita dei cittadini.
La cosa che più preoccupa è rappresentata dallo stato dell’arte che verosimilmente rimarrà quello attuale a meno che non venga rivoluzionata la sua governance generale. 
Le dirigenze preposte alle Asp e alle Ao sono, infatti, in fibrillazione  tanto preoccupate da mettere in inventario l’abbandono. Ciò in quanto, la giurisprudenza è ormai unanime nel ritenere responsabili i rappresentanti legali delle aziende della salute (pubbliche e private), una responsabilità estesa a tutto il quadro dirigenziale, allorquando in esse vengano erogate prestazioni sociosanitarie in assenza dei requisiti previsti per il rilascio dei provvedimenti autorizzatori. Tale è anche quello di accreditamento, atteso che esso rende idoneo il destinatario delle prestazioni “targate” Ssr. Un fatto grave dal quale deriverebbero, anche per il solo avvenuto ricovero, responsabilità di natura penale a loro carico.
Occorrono due cose. 
Quanto al pubblico un piano industriale di risanamento, a che si possa realizzare un’assistenza socio-sanitaria accettabile. Deve essere elaborato e realizzato nel breve e non già nel lunghissimo, così come invece si sta facendo prevedendo inaugurazioni di nuove strutture che ci vorranno anni e anni per essere realizzare. Nel frattempo?
In relazione al sistema degli erogatori privati, necessita un intervento rinnovatore e  moralizzatore:  
a) prioritariamente, che non vengano resi destinatari, anche su sollecitazioni del commissario ad acta, di pagamenti indebiti per extrabudget; 
b) che si dia una soluzione a quella aberrante situazione che il dottore Spagnuolo definisce il tutto «convenzionato». Il modo per risolverlo è quello di evitare che i contratti, ex art. 8 quinques del vigente d.lgs. 502/92, vengano garantiti a tutti gli accreditati bensì ai più meritevoli selezionati mediante apposite procedure di evidenza pubblica, premianti della migliore organizzazione e del più elevato possesso di tecnologia innovativa.
Questo è il compito della politica, da esercitarsi tempestivamente, così come la magistratura sta facendo di suo in presenza di quell’incuria, a tutti i livelli, che determina un’emigrazione della salute che costa alla Calabria, in un anno, quanto costa un nuovo efficiente ospedale.

*Docente Unical

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