VIBO VALENTIA Il rischio si fa sempre più concreto: una delle inchieste più importanti condotte negli ultimi anni nel Vibonese potrebbe finire in un nulla di fatto. Dopo oltre un anno e quattro rinvii dell’udienza preliminare, oggi sarebbe dovuto partire il processo “Acqua sporca”, scaturito dall’indagine dei carabinieri del Nas di Catanzaro, del Reparto operativo di Vibo e del Corpo forestale dello Stato che ha portato, il 17 maggio 2012, al sequestro dell’invaso dell’Alaco, un bacino artificiale gestito da Sorical che manda acqua a 88 Comuni, per lo più nella provincia di Vibo ma anche nel Catanzarese e nel Reggino. Il copione, però, è rimasto lo stesso di quello già visto nel difficile percorso che ha portato al rinvio a giudizio di 16 persone: a causa di un difetto nella notifica del decreto con cui è stato disposto il processo, l’udienza è stata rinviata al prossimo 23 maggio. A questo punto, insomma, la prescrizione si avvicina sempre di più. Quasi tutti i reati contestati sono riconducibili a fatti avvenuti tra il 2009 e il 2011 e, quindi, saranno prescritti nel corso del 2018. Gli imputati sono accusati a vario titolo di avvelenamento colposo di acque, omissione di atti d’ufficio, interruzione di un servizio di pubblica utilità e inadempimento di contratti di pubbliche forniture, ma solo quest’ultimo reato secondo la pubblica accusa sarebbe proseguito fino all’attualità. Tutte le altre contestazioni, invece, quasi certamente finiranno in prescrizione.
L’INCHIESTA Il procuratore facente funzioni Michele Sirgiovanni aveva chiesto il rinvio a giudizio nel febbraio del 2015, mentre la decisione del gup Lorenzo Barracco è arrivata lo scorso 2 novembre. Nel corso dell’udienza preliminare sono state accolte le richieste di costituzione di parte civile avanzate dal Comitato civico Pro-Serre (rappresentato dall’avvocato Angelo Calzone), dalle associazioni Codacons e Articolo 32 (avvocato Claudio Cricenti), da Legambiente (avvocato Rodolfo Ambrosio) e dall’Adoc (avvocato Paolo Fuduli).
L’inchiesta della Procura di Vibo, coordinata dall’allora procuratore Mario Spagnuolo e da Sirgiovanni, riguarda il presunto inquinamento del bacino artificiale dell’Alaco. Nell’indagine, che ha attraversato diversi step e da cui sono usciti indenni molti dei sindaci inizialmente indagati, ha coinvolto dirigenti e tecnici della Sorical, dell’Asp di Vibo e di Catanzaro e di alcuni Comuni collegati all’Alaco.
GLI IMPUTATI Il rinvio a giudizio è stato disposto per: Sergio Abramo, ex presidente della Sorical ed attuale sindaco di Catanzaro; Giuseppe Camo, presidente pro tempore del Cda Sorical; Maurizio Del Re, amministratore delegato Sorical; Sergio De Marco, direttore generale tecnico Sorical; Giulio Ricciuto, responsabile del compartimento area centro e degli impianti di potabilizzazione; Ernaldo Antonio Biondi, responsabile per la zona di Vibo; Vincenzo Pisani, addetto al servizio interno analisi di laboratorio e processi di trattamento delle acque; Massimiliano Fortuna; Pietro Lagadari (assistente ai lavori di manutenzione della Sorical); Domenico Lagadari (operaio generico della Sorical); Fabio Pisani, responsabile pro tempore dell’ufficio tecnico del Comune di Serra San Bruno; Roberto Camillen, responsabile pro tempore del settore manutentivo del comune di Serra; Francesco Catricalà, dirigente dell’unità operativa igiene, alimenti e nutrizione del distretto dell’Asp di Soverato; Fortunato Carnovale, dirigente dell’unità operativa igiene della nutrizione dell’Asp di Vibo; Rosanna Maida, dirigente del servizio Attività territoriale e prevenzione e promozione della salute del settore Area-Lea, Domenico Criniti, all’epoca dei fatti sindaco di Santa Caterina dello Ionio.
ACQUA SPORCA 2 Contestualmente alla richiesta di rinvio a giudizio, nel febbraio del 2015 la Procura ha emesso altri 10 avvisi di garanzia destinati a funzionari pubblici e imprenditori – tra cui un ex commissario per l’emergenza ambientale – di cui non sono stati resi noti i nomi, coinvolti nel secondo filone dell’inchiesta, che riguarda una presunta truffa sui controlli e sulla classificazione del bacino da parte di alcune società private che operavano per conto della Regione.
Sergio Pelaia
s.pelaia@corrierecal.it
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