LAMEZIA TERME Con l’operazione Andromeda, messa a segno a maggio 2015, e con le condanne recentemente inflitte, in sede di rito abbreviato, ad affiliati e sodali della consorteria Iannazzo-Cannizzaro-Daponte, è stata dimostrata «l’esistenza di un’associazione ‘ndranghetistica con un numero elevato di partecipi che lascia presumere l’esistenza di un rapporto assolutamente forte con il territorio di riferimento e la possibilità di fruire di appoggi e sostegni di varia natura da soggetti in libertà o i cui ruoli associativi non sono stati ancora compiutamente accertati». Nella richiesta di misure cautelari in carcere che il sostituto procuratore della Dda di Catanzaro, Elio Romano, ha avanzato nei confronti di 14 persone, condannate nel processo Andromeda, il magistrato delinea anche quello che è il panorama criminale nel territorio di Lamezia Terme. Secondo il pm le esigenze cautelari «trovano giustificazione, quanto ai soggetti ritenuti responsabili della fattispecie associativa, nella particolare estensione temporale della contestazione e dell’operatività della cosca, nei rapporti che la stessa è in grado di intrattenere con soggetti anche esterni, nella capacità di penetrazione del tessuto sociale del contesto di riferimento e nella capacità particolarmente allarmante di condizionare le attività economiche più varie del territorio lametino». È questo il terreno fertile nel quale la criminalità organizzata lametina cresce e si rigenera.
Non vi è solo il pericolo di fuga, dovuto all’entità delle pene inflitte e al rigore del regime carcerario cui è destinato chi è condannato per il reato di associazione mafiosa, a rendere, secondo il pm, necessarie le misure cautelari. Ma le caratteristiche dell’associazione, capace di penetrare e radicarsi nel tessuto sociale, «rendono concreto il pericolo di reiterazione dei reati». Argomentazioni accolte dal gip Antonio Battaglia.
Al moneto della condanna Antonio Provenzano era ai domiciliari; Santo Iannazzo (al momento irreperibile), era libero. Emanuele Iannazzo è detenuto per altra causa. Liberi erano Alfredo Gagliardi, Antonino Cannizzaro, Domenico Cannizzaro, Vincenzo Torcasio (attualmente irreperibile), Francesco Pontieri, Lupia Pasquale, Claudio Scardamaglia. Mascaro Francesco, Gregorio Scalise e Iannazzo Francesco erano sottoposti all’obbligo di dimora.
È tornato in carcere anche l’imprenditore Claudio Scardamaglia, proprietario di diversi supermercati a Lamezia Terme. L’accusa è quella di estorsione aggravata dal metodo mafioso per avere, con l’aiuto di Pietro Iannazzo, ostacolato tramite minacce la realizzazione di un supermercato Lidl a Lamezia Terme in località Savutano, tanto da costringere l’imprenditore ad abbandonare completamente l’iniziativa intrapresa. Secondo il pm, «quanto ai condannati Gregorio Scalise (accusato di estorsione ai danni di un imprenditore) e Claudio Scardamaglia la richiesta trova fondamento, nella circostanza che gli stessi siano stati riconosciuti responsabili dei reati-fine di natura estensiva pluriaggravata dall’art. 7 per avere commesso tali delitti con la finalità di agevolare detta associazione avvero con modalità di natura mafiosa».
Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it
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