Ultimo aggiornamento alle 18:16
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 4 minuti
Cambia colore:
 

NUOVE LEVE | Bombe e minacce, le "fatiche" quotidiane dei ragazzi del clan

LAMEZIA TERME Sono 20, in tutto, gli indagati nell’ambito del procedimento “Nuove leve”. Sono accusati di estorsione aggravata dalle modalità mafiose, danneggiamento e 13 di loro sono accusati di a…

Pubblicato il: 24/02/2017 – 19:00
NUOVE LEVE | Bombe e minacce, le "fatiche" quotidiane dei ragazzi del clan

LAMEZIA TERME Sono 20, in tutto, gli indagati nell’ambito del procedimento “Nuove leve”. Sono accusati di estorsione aggravata dalle modalità mafiose, danneggiamento e 13 di loro sono accusati di associazione per delinquere di stampo mafioso. Si tratta di Vincenzo Giampà, detto “Camacio”, Eugenio Giampà, Roberto Castaldo, Gregorio Scalise, Giuseppe Paone, Pasquale Mercuri, Umberto Estini, Francesca Allegro, Francesco Morello, Marco De Vito, Giovanni Cristiano, Danilo Cappello e Francesco Cerra. In particolare Vincenzo Giampà, insieme a Domenico Giampà (oggi collaboratore di giustizia) assumeva il ruolo di direzione, promozione e organizzazione della cosca Giampà, mentre gli altri avevano ruoli partecipativi secondo i ruoli e le modalità che venivano impartite. “Camacio”, secondo l’accusa, avrebbe svolto attività di proselitismo non solo in carcere ma addirittura durante le udienze, «procedendo in prima persona a conferire le varie doti di ‘ndrangheta ai vari affiliati». A fare di lui un elemento di spicco della cosca erano intervenuti diversi fattori tra i quali la rottura tra i due reggenti Giuseppe Giampà e Vincenzo Bonaddio, il pentimento di Giuseppe Giampà dopo l’arresto nel 2012, il carcere duro dei boss e, infine, il pentimento di Domenico Giampà.
Che Lamezia fosse una città schiacciata dalle estorsioni lo si legge scorrendo le pagine dell’inchiesta “Nuove leve” e i capi di imputazione che pendono sulla testa degli indagati.
Si va dall’atto intimidatorio al supermercato (secondo l’accusa commesso da Eugenio Giampà, Francesco Renda, Claudio Paola e, all’epoca, dai collaboratori Giuseppe Giampà e Umberto Egidio Muraca), alle richieste di somme di denaro, pari a 2000 euro, ai titolari delle bancarelle della fiera patronale di S. Antonio (delitto del quale sono accusati Vincenzo Bonaddio, Vincenzo Giampà, Roberto Castaldo e del quale si è macchiato il collaboratore Pasquale Catroppa).
C’è il posizionamento di una tanica contenente liquido infiammabile all’ingresso di una palestra (accusa che pende sul capo di Roberto Castaldo) o gli atti intimidatori a una concessionaria, fatti dei quali sono accusati Gregorio Scalie e Umberto Estino. Ai giostrai veniva chiesto di versare «50 euro per ogni metro quadro occupato dalle giostre e fornire biglietti per accedere ai giochi senza corrispondere alcun compenso previsto per tali servizi».
A un locale della movida lametina le nuove leve chiedevano, minacciando con atti intimidatori, la somma di 250 euro al mese.
Le minacce, gravate dal fatto di appartenere alla pericolosa cosca egemone di Lamezia, erano il lavoro quotidiano dei “giovanotti”. Un calendario fatto di atti intimidatori e riscossioni. Come l’estorsione all’imprenditore di autoricambi, il quale, «per continuare a lavorare in tranquillità» ha versato parecchio denaro alla cosca: 500 euro consegnati in tre o quattro circostanze a Domenico Giampà tramite Michele Muraca; in più circostanze ha fornito gratis autoricambi a Domenico Giampà nonché ad altri soggetti del gruppo non individuati, per un totale di circo 7/8 mila euro, senza contare somme di denaro imprecisate versate sia a Giampà che a Muraca.
Lamezia ha visto le proprie notti squarciate dal riverbero di ordigni esplosivi nei confronti di supermercati, concessionarie, palestre e perfino una macelleria.
Ma le minacce che dovevano portare avanti le nuove leve non erano solo dirette alle vittime del racket. Luigi Notarianni è accusato di essersi introdotto nell’abitazione, vuota, del collaboratore di giustizia Angelo Torcasio, e di avere posizionato sul pavimento del soggiorno cinque bottiglie di prosecco in semicircolo ed un’altra coricata sul tavolo, a simboleggiare lo sentenza di condanna a morte da parte dei cinque rappresentanti della cosca Giampà (dei quali uno era suo padre Aldo Notarianni).
Il nove gennaio del 2013 Pasquale Mercuri, Andrea Mancuso e Vincenzo Vigliaturo avrebbero collocato un ordigno esplosivo davanti all’ingresso dell’abitazione di Vincenzo Perri per costringerlo a versare la somma di 100 mila euro che questi avrebbe dovuto restituire ad Antonio Arcieri.
È questo lo spaccato di Lamezia Terme ricostruito, a partire dal 2011, dall’indagine “Nuove leve”, portata avanti dalla polizia e coordinata dal sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Elio Romano.

Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it

Argomenti
Categorie collegate

Corriere della Calabria - Notizie calabresi
Corriere delle Calabria è una testata giornalistica di News&Com S.r.l ©2012-. Tutti i diritti riservati.
P.IVA. 03199620794, Via del Mare, 65/3 S.Eufemia, Lamezia Terme (CZ)
Iscrizione tribunale di Lamezia Terme 5/2011 - Direttore responsabile Paola Militano
Effettua una ricerca sul Corriere delle Calabria
Design: cfweb

x

x