CORIGLIANO I riflettori sull’ufficio tecnico del Comune di Corigliano si sono accesi da tempo. La Procura di Castrovillari ha sequestrato licenze a costruire e permessi in materia edilizia rilasciati a partire dal 2000 e tutte le pratiche di condono. Un lavoro enorme, che le forze dell’ordine conducono nell’inchiesta avviata dopo l’alluvione del 12 agosto 2015. Faldoni su faldoni nel mirino delle indagini, contratti sotto la lente dei carabinieri. E proprio spulciando nei contratti sottoscritti tra il Comune e alcune ditte, i militari avrebbero trovato scomode assonanze con il recente passato dell’amministrazione del centro jonico, il cui consiglio comunale è stato sciolto perché ritenuto vicino alla ‘ndrangheta nel giugno 2011, con un decreto dell’allora ministro dell’Interno Roberto Maroni. Una macchina comunale condizionata dalle cosche, quella di Corigliano, nella quale sussistevano «concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti ed indiretti degli amministratori locali con la criminalità organizzata di tipo mafioso e su forme di condizionamento».
Erano pesanti le conclusioni della commissione d’accesso antimafia. Era anche un’era politica diversa. Per i funzionari ministeriali, nel corso della campagna elettorale del 2009, il sindaco aveva «intrattenuto rapporti con soggetti vicini se non organici agli ambienti della malavita organizzata che hanno posto in essere una sistematica attività di sostegno e di appoggio» a suo favore.
L’ombra dei legami tra le strutture burocratiche e la malavita, però, torna a coprire il municipio. Un dossier riservatissimo sarebbe stato redatto dai carabinieri, con nomi e circostanze che avrebbero convinto la Prefettura di Cosenza a inviare di nuovo – a sette anni dalla prima volta – una terna commissariale in città per analizzare eventuali collegamenti tra gli uffici e la criminalità organizzata. E con l’arrivo dei funzionari anche il clima politico è destinato ad arroventarsi. (ppp)
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