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Furbetti del cartellino e vera riforma del pubblico impiego

Il consiglio dei ministri il 23 febbraio 2017 ha approvato lo schema del Testo unico del pubblico impiego. Con esso sono state, tra l’altro, implementate e appesantite le misure sanzionatorie (dall…

Pubblicato il: 02/03/2017 – 8:52
Furbetti del cartellino e vera riforma del pubblico impiego

Il consiglio dei ministri il 23 febbraio 2017 ha approvato lo schema del Testo unico del pubblico impiego. Con esso sono state, tra l’altro, implementate e appesantite le misure sanzionatorie (dalla sospensione al licenziamento) nei casi divenuti oramai protagonisti della cronaca. Il riferimento va, ovviamente, ai numerosi furbetti del cartellino (rectius, del badge) onnipresenti in tutte le amministrazioni pubbliche, prevalentemente negli enti locali e nelle aziende sanitarie e/o ospedaliere.
Il fenomeno è, invero, dilagante, meglio lo è stato (spero) negli anni immediatamente trascorsi, atteso che tutte le indagini, effettuate dagli investigatori e certificate dai filmati oramai all’ordine del giorno, risalgono ad accertamenti e pedinamenti durati negli anni. Chissà quanti sono stati quelli dei quali non si è accorto alcuno, dal momento che «l’andare a pesca anziché al lavoro» è stato da sempre lo sport più frequentato dalla parte peggiore dei dipendenti pubblici.
Tutto questo non giustifica però la criminalizzazione in atto degli organici che danno voce e contenuto alla pubblica amministrazione, fornendo alla collettività gli atti necessari e i servizi e le prestazioni che necessitano al vivere civile.
Certamente, occorre intervenire per migliorarne la loro performance, in un mondo ove è difficile persino ottemperare come si dovrebbe ai cosiddetti relativi piani annuali. Strumenti, questi, troppo spesso redatti per dovere piuttosto che per pretendere il meglio dal sistema dei dipendenti pubblici. Ciò che devono per contratto, a fronte del quale agli stessi spetterebbero, ricorrendone le condizioni obiettivamente provate, le retribuzioni cosiddette premiali.
Leggevo sul Corsera del Mezzogiorno che la Campania, regina nel campo degli accertamenti in negativo in termini di presenti al lavoro, spera di risolvere il problema delle assenze seriali nelle strutture ospedaliere attrezzando i «primari» di tablet attraverso i quali verificare ad horas le presenze e assenze dei sottoposti. Un marchingegno «creativo» (e, suppongo, molto costoso!), sia sotto il profilo tecnico che su quello dell’efficienza/efficacia. Ma soprattutto distorsivo del ruolo affidato a direttori di Uoc che, con la peggio sanità che si ritrovano (per esempio, in Campania, ma anche in Calabria), avrebbero ben altro da fare per garantire Lea più adeguati nel loro posto di lavoro, ove tra l’altro sono costretti a dribblare tra una minaccia e l’altra effettuata di frequente ad opera dei fannulloni medesimi. Immaginate quale soluzione trovare nei confronti di quel responsabile delle presenze che è stato beccato lontano dal lavoro di infermiere per esercitare coevamente quello di rinomato chef in un ristorante privato!
Fatte queste considerazioni, occorre fermarsi un po’ e fare qualche riflessione sulla pubblica amministrazione ammalata grave, a causa di non pochi che svergognano i tanti che fanno il loro dovere.

LE CAUSE Una grande responsabilità delle condizioni dell’attuale PA è rinvenibile nel sistema becero di selezione, meritocratica per pochissimi e clientelare nella maggior parte dei casi. La stabilizzazione ricorrente è la nuova voce attraverso la quale, da una parte, si rende in uso alla collettività un nuovo genere di ammortizzatori sociali e, dall’altra, si rende un tantino di giustizia a chi, magari senza aver dato prova della propria meritocrazia attraverso le comuni procedure concorsuali pubbliche, ha assicurato per anni il funzionamento della PA altrimenti a rischio.
L’uso/abuso dell’impiego pubblico, nel mettere da parte la certezza lavorativo per il futuro a prescindere, e dei pubblici impiegati da parte della politica per fare della pubblica amministrazione una propria riserva di caccia elettorale e un bancomat, ove accedere abbondantemente per il loro tramite, è stata l’altra causa dominante della perversione che si registra in un sensibile segmento della burocrazia.

I SUGGERIMENTI Prioritariamente, gli esempi che politica e dipendenti pubblici devono offrire reciprocamente, proteggendo ciascuno i necessari distinguo tra competenza dell’una e con quella degli altri. Ancor prima, l’obiettiva applicazione delle leggi, garanti della corretta prestazione di lavoro dell’impiegato pubblico e dal suo venir meno immediato in caso di violazioni gravi, del tipo quelle riscontrate. Un modo per dire agli altri che è il loro turno, dopo essere stati, tanto tempo, dietro la porta della disoccupazione, senza godere del privilegio del quale in tanti hanno goduto, del tipo una stabilizzazione spesso progettata ad hoc.

*docente Unical

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