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I tentacoli di Romeo fra Cosenza e Roma

REGGIO CALABRIA Dalla punta dello Stivale all’alta Calabria, fino alla capitale. Non conosceva limiti, né ostacoli Ia capacità di manovra politica e criminale dell’avvocato Paolo Romeo, i cui …

Pubblicato il: 06/03/2017 – 7:03
I tentacoli di Romeo fra Cosenza e Roma

REGGIO CALABRIA Dalla punta dello Stivale all’alta Calabria, fino alla capitale. Non conosceva limiti, né ostacoli Ia capacità di manovra politica e criminale dell’avvocato Paolo Romeo, i cui tentacoli non si allungavano solo Reggio Calabria. A Cosenza “il Lima reggino” «era il punto di riferimento» di Pino Tursi Prato, ex consigliere comunale ed ex capogruppo del Psi, condannato in via definitiva per voto di scambio, e non disdegnava il tentativo di crearsi rapporti con Pino Gentile, oggi vicepresidente del consiglio regionale. A Roma invece, Romeo poteva contare sul deputato Amedeo Matacena.

RAPPORTI DATATI A rivelarlo è il pentito Franco Pino, boss di Cosenza oggi pentito. Al pm Giuseppe Lombardo, che lo interroga il 22 febbraio scorso, dice chiaramente che fin dal 1989 ha garantito sostegno elettorale a Romeo. E soprattutto ai suoi.

TURSI PRATO CHIEDE AIUTO Con l’avvocato, spiega, il primo contatto risale «al sostegno a me richiesto dall’On. Pino Tursi Prato. In quella occasione venne da me il Tursi Prato e mi disse che voleva candidarsi; all’epoca ero già capo locale di Cosenza. Risposi affermativamente a tale richiesta». All’epoca, spiega Franco Pino, l’ex “ribelle” dei socialisti cosentini, espulso dal partito e passato al Psdi, «mi parlò proprio allora dei suoi rapporti con Paolo Romeo, che era legato allo stesso suo partito».

UNA MANO AGLI AMICI Nella stessa occasione, riferisce il collaboratore, il politico gli avrebbe parlato «di una ditta, tale Sar, di Reggio Calabria che faceva capo a Montesano, interessata alla gara d’appalto del servizio mensa dell’ospedale civile Annunziata (di Cosenza ndr)». Tursi Prato – racconta Franco Pino – gli avrebbe chiesto di dirottare l’appalto in favore di Montesano, imprenditore «legato ai De Stefano/Tegano». In cambio – sottolinea «mi aveva infatti promesso 400 milioni di lire, che poi ho avuto».

LA SUPERVISIONE DEI TEGANO E proprio il clan Tegano ha supervisionato quel pagamento, dice il pentito, che mette a verbale «ho poi avuto un incontro con il nipote di Mimmo Tegano, Giorgio Benestare. In quella sede, il Benestare mi chiese se dovevo avere dei soldi dal Montesano, dicendomi che avrebbe parlato con il Montesano per farmi avere i soldi a me promessi».

CAPITALE SOCIALE Ma nell’affare – spiega Franco Pino – a guadagnarci sarebbe stato anche Paolo Romeo, che in questo modo «ha iniziato ad avere una serie di agganci con la realtà cosentina, tanto da venire spesso in città». E a stringere rapporti con i professionisti maggiormente in vista, come l’avvocato Franz Caruso. «Nel 1994 – racconta il collaboratore – ho poi incontrato sempre Paolo Romeo nello studio dell’Avv. Franz Caruso di Cosenza: erano presenti anche Tursi Prato e Giuseppe Gentile». Non si trattava di un incontro casuale. «In quella sede il Gentile era chiamato a prendere impegni con Tursi Prato: in realtà gli impegni li doveva prendere con me».

TUTTI INSIEME NEL PSDI Quella riunione, afferma infatti il collaboratore, era stata convocata con un intento preciso: «il Romeo in quella sede garantiva l’ingresso dei Gentile nel Psdi e, insieme al Tursi Prato, diveniva il loro punto di riferimento in quel partito». E come a Reggio, era il “Lima reggino” a disegnare la strategia elettorale, affermando – ricorda Pino – di essere «in grado di garantire il buono esito di tale operazione a tutti i livelli, anche criminali».

SONO ROMEO, RISOLVO PROBLEMI Anche al collaboratore, Romeo si presenta come uomo «in grado di risolvere qualsiasi problema». E non solo a Reggio, specifica. «Mi ha sempre colpito il fatto che il Romeo desse risposte immediate: in sostanza ho avuto modo di verificare personalmente che non dovesse parlare con nessuno o attendere la decisione di altri». E le sue – sottolinea Franco Pino– non erano millanterie. «Tanto il Benestare che Paolo Iannò mi dissero che Romeo aveva poteri di intervento tanto sui destefaniani, a cui era legato, quanto sui condelliani. Da entrambe le parti il Romeo veniva definito un uomo di ‘ndrangheta a tutti gli affetti».

MATACENA, APRIPISTA ROMANO Gli uomini di entrambi gli schieramenti dell’epoca, dalla fine della guerra divenuti cosa unica, «del Romeo parlavano come fosse uno di loro, mentre Matacena per loro non era che un uomo da usare». E per questo scopo spedito a Roma. Con ruolo e peso diverso – dice chiaro il collaboratore – «entrambi, per quello che so, facevano capo alla cosca De Stefano, ancor prima della seconda guerra di mafia».

 

Alessia Candito

a.candito@corrierecal.it

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