CATANZARO Per prima cosa, le note positive: sono cinque le società attive in cui la Regione Calabria vanta quote di partecipazione. Si tratta di Sacal, Sagas, Ferrovie della Calabria, Fincalabra e Terme Sibarite. Poi, solo noie. Come quelle rappresentate da Locride Sviluppo, Comalca e Banca Popolare Etica, su cui ai piani alti della Cittadella non intendono più puntare. E ancora: le sette società poste in liquidazione, tra cui Progetto Magna Graecia e Stretto di Messina, in cui la Regione detiene un numero importante di quote. Chiudono le quattro società poste in stato di fallimento: Sogas, Aeroporto Sant’Anna, Consorzio Cies e Comac. Insomma, un quadro in chiaroscuro. Che non demoralizza il vicepresidente della giunta regionale Antonio Viscomi, di recente ascoltato in commissione regionale di Vigilanza.
«Le partecipazioni societarie detenute dalla Regione – spiega Viscomi – sono ormai sottoposte a stringenti vincoli legislativi nazionali. Nel 2015 la Regione ha approvato un piano di razionalizzazione che stiamo portando avanti liquidando le partecipazioni nelle società all’epoca ritenute non coerenti con i fini istituzionali della Regione. Vorremmo tutti essere più veloci, ma le procedure di liquidazione e di fallimento sono governate da regole, tempi e modalità precise. Quello che possiamo fare è sollecitare costantemente e tenere alta l’attenzione dei vari commissari liquidatori e per questo il presidente ha istituzionalizzato momenti di verifica periodica del lavoro svolto e dello stato dell’arte. Il metodo è faticoso, ma sta dando i risultati attesi: come al solito, le riforme camminano sulle gambe degli uomini».
LE FONDAZIONI Uno dei punti più critici degli ultimi anni è stata senz’altro la gestione delle Fondazioni. Quella finita nell’occhio del ciclone, soprattutto di recente, è “Calabresi nel Mondo”, fondata sette anni fa. Dal 1° ottobre 2015 è stata posta in liquidazione, ma non è ancora riuscita a uscire dalle secche di un passivo davvero importante. Il bilancio di esercizio riferito all’anno 2015 non risulta essere approvato. Stesso discorso per la fondazione “Calabria Etica”, finita al centro di più inchieste della magistratura e che hanno portato in carcere alcuni tra manager e politici della passata legislatura. Anche per la Fondazione “Field” non risulta approvato il documento contabile relativo al 2015. Di recente “Field” è stata accorpata ad Azienda Calabria Lavoro. Un po’ in controtendenza la situazione della Fondazione “Mediterranea Terina”, che nel 2015 ha fatto registrare un avanzo di poco più di 15 mila euro. L’esame dei documenti, tuttavia, ha fatto emergere la rilevante massa debitoria della Fondazione e una spesa per il personale «elevata a fronte dei ricavi della gestione caratteristica». Un bilancio di esercizio 2015 in sostanziale pareggio fa, infine, registrare la Fondazione “Calabria Film Commission”. «Vorrei dire – puntualizza il vicepresidente – che le Fondazioni in house sono uno strumento utile che è stato però purtroppo, il più delle volte, malutilizzato. Ognuna di loro ha una propria storia e ogni storia è diversa dalle altre, e per molte di esse sono in corso, com’è ben noto, inchieste penali. Da questo punto di vista i commissariamenti sono stati utili per consentire l’emersione della reale situazione di ogni fondazione. Ora però occorre costruire un nuovo modello organizzativo e operativo in modo tale da poter superare la fase dei commissariamenti. Sbrogliare queste matasse (tra inchieste penali, contenziosi civili, procedure amministrative che si incastrano in modo confuso) non è sempre facile. Inoltre, le Fondazioni hanno sempre operato con fondi comunitari: questo significa che non è il dipartimento del Bilancio a gestire la partita, ma che per poter liquidare una qualunque spesa effettuata è necessario che ciascun dipartimento vigilante (per esempio il dipartimento Lavoro per la Fondazione Calabresi nel Mondo o per Calabria Etica) ne riconosca formalmente la legittimità secondo i parametri dei regolamenti comunitari, altrimenti poi arrivano – come è già successo altre volte – le sanzioni dell’Unione europea»
GLI ENTI STRUMENTALI Qui la situazione più nebulosa riguarda Calabria Verde, altra realtà finita sotto i riflettori delle Procure di mezza Calabria, per cui il dipartimento vigilante non ha ancora trasmesso la documentazione relativa ai rendiconti relativi agli esercizi 2014 e 2015. Così come devono essere definiti i rendiconti relativi all’esercizio finanziario 2016. Per l’Aterp va addirittura peggio perché il dipartimento Bilancio insieme al dipartimento vigilante sta cercando di concludere le istruttorie dei rendiconti dal 2004 al 2013. Decisamente migliore la situazione per Arsac, Arcea, Azienda Calabria Lavoro e Arpacal. «Devo dare atto al presidente della Vigilanza Morrone – ragiona il vicepresidente della giunta – che in sede di audizione ha riconosciuto che il lavoro che stiamo portando avanti è veramente complesso ed enorme. Basti pensare che stiamo approvando i rendiconti delle Aterp dal 2004 e procedendo a riordinare i rendiconti e i bilanci di tutti gli altri enti strumentali. C’è da chiedersi dov’era chi doveva controllare queste carte negli anni passati e chi ora si lamenta ripetendo come un ritornello che siamo in ritardo. Ma è chiaro che i giudizi espressi hanno spesso una ragione politica, anche quando i fatti dicono il contrario. Ma tutto questo che si sta facendo non è fine a se stesso; è funzionale alla definizione del bilancio consolidato cioè del bilancio che terrà insieme tutte le più importanti amministrazioni che fanno capo alla Regione. Questo è il punto centrale della partita: un bilancio consolidato significa acquisire una logica di sistema, sia in fase di governo che di gestione, fino ad ora sconosciuta; significa anche che le cose devono funzionare meglio altrimenti i danni provocati da una parte si riflettono su tutto il sistema. Questa è la vera sfida, faticosa anch’essa, ma non per questo da non giocare».
Antonio Ricchio
a.ricchio@corrierecal.it
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