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«Scappo dalla Calabria per salvare i miei figli»

CETRARO «Potrei anche provare a perdonarlo, ma lui non ha mai mostrato di essere pentito». È con profonda amarezza che Serena Giordanelli parla, senza ormai neanche riuscire a pronunciarne il nome,…

Pubblicato il: 08/03/2017 – 10:01
«Scappo dalla Calabria per salvare i miei figli»

CETRARO «Potrei anche provare a perdonarlo, ma lui non ha mai mostrato di essere pentito». È con profonda amarezza che Serena Giordanelli parla, senza ormai neanche riuscire a pronunciarne il nome, di Paolo Di Profio, l’ex marito che le ha barbaramente ucciso la sorella. «La considerava responsabile della nostra separazione, per questo – ricorda – l’ha uccisa. Lo ha raccontato lui stesso». Così come lui stesso, non più tardi di qualche settimana fa, dal carcere ha chiesto per lettera a una persona di sua fiducia, di uccidere anche l’ex moglie o di «mandarla su una sedia a rotelle», aggiungendo precise informazioni sulle sue abitudini. Ma la lucidità con cui, poche ore dopo il delitto, lo ha raccontato in dettaglio agli inquirenti e quella con cui di recente «ha ordinato un omicidio fotocopia» sottolinea Giordanelli, parlando con Repubblica «sembra che non venga tenuta in considerazione».
La Corte d’Assise di Cosenza ha infatti accettato le richieste avanzate dai legali di Di Profio, che per lui hanno chiesto il rito abbreviato condizionato ad una perizia psichiatrica. Un esame per cui è stato dato mandato a uno specialista, che nel giro di 90 giorni dovrà comunicare ai giudici le proprie valutazioni. «Il mio ex marito ha confessato l’omicidio e per difenderlo i suoi legali tentano di farlo passare per pazzo», commenta amara Giordanelli, consapevole che così Di Profio potrebbe alleggerire di molto la sua posizione. «Anche in altri casi i giudici si sono determinati in questo ma sembra quasi che la giustizia voglia agevolare chi uccide le donne», mormora Giordanelli, che ha seguito da lontano il processo.
Dalla Calabria, lei ha deciso di scappare. Per proteggersi, ma soprattutto – spiega – per proteggere i propri figli, una ragazzina di 11 anni e un bimbo di 8. «Quando erano piccoli, capitava che il padre rivolgesse la sua aggressività verso di loro, ma c’ero sempre io a mettermi in mezzo». Adesso invece, vuole, forse deve, proteggerli dal paese e da quella che definisce «una mentalità malata». In tanti, racconta, «si sono schierati dalla parte del mio ex marito. C’è chi sostiene che sarei stata io a portarlo all’esasperazione». E non si meritano, aggiunge, di «crescere con l’ombra di questa tragedia sulle spalle, né – afferma – con la paura di quello che potrebbe succedere». Per loro, per lei, dice Giordanelli, «voglio solo provare a ricostruire una sorta di normalità». Per questo non chiede scorte né protezione allo Stato. «Una vita limitata – spiega – sarebbe solo un’ulteriore violenza nei confronti della mia famiglia. La vera protezione per noi sarebbe di saperlo in carcere per quello che ha fatto e che ancora avrebbe voluto fare». Una decisione che spetta alla Corte d’Assise di Cosenza. «E io – dice Giordanelli – continuo a credere nella giustizia».

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