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Clan e massoneria, si (ri)parte dall’inchiesta Cordova

ROMA Il nuovo spunto investigativo per la Commissione parlamentare antimafia arriva dall’audizione dello storico Enzo Ciconte. Quella dello scorso 1 marzo è più una lezione che un’audi…

Pubblicato il: 09/03/2017 – 7:01
Clan e massoneria, si (ri)parte dall’inchiesta Cordova
ROMA Il nuovo spunto investigativo per la Commissione parlamentare antimafia arriva dall’audizione dello storico Enzo Ciconte. Quella dello scorso 1 marzo è più una lezione che un’audizione. Deputati e senatori sono condotti per mano nella storia delle mafie, prima dallo studioso Isaia Sales e poi dal docente calabrese. Che, a proposito della storia recente della ‘ndrangheta, evoca un nome che è una costante nei contesti in cui si discute dei rapporti tra cosche e massoneria: quello di Agostino Cordova. Le sue inchieste hanno avuto «pochissima fortuna sul piano giudiziario» ma il procuratore un merito lo ha avuto: «Ha raccolto una quantità enorme di carte». Ciconte guida deputati e senatori sul filo del suo ragionamento: «So che sono almeno 800 faldoni, presidente. Se si riuscisse a mettere mano su quei faldoni, a leggerli e a mettere in piedi un gruppo di lavoro che studiasse  quelle carte di 25 anni fa, probabilmente riusciremmo a capire carriere, cointeressenze e fatti che sono accaduti nel corso degli anni successivi e che probabilmente ci sono sfuggiti, perché non li abbiamo capiti o non abbiamo attribuito loro una valenza completamente diversa». 
Non c’è una via agevole per arrivare al cuore delle sovrapposizioni tra clan e logge deviate. Non è priva di ostacoli quella seguita finora dalla Commissione (il prelievo degli elenchi dei massoni di Sicilia e Calabria eseguito dalla Guardia di finanza). Non lo è neppure quella indicata da Ciconte: decine di migliaia di pagine, carriere da ricostruire, migliaia di nomi da incrociare. Eppure è una strada, quest’ultima, che la presidente dell’Antimafia Rosy Bindi pensa di esplorare: «Valuteremo la proposta del professor Ciconte di acquisire gli atti dell’inchiesta Cordova e di istituire un gruppo di studio degli stessi atti, magari chiedendogli di darci una mano». 
Servirà ben più di una mano e non soltanto per la vastità dei documenti. Ci sono fili scoperti e attraversati da altissima tensione. Per Ciconte lo prova, tra le altre, la storia del notaio Pietro Marrapodi: «Era un 33 (si riferisce al grado raggiunto nella scala massonica, ndr), quindi di livello elevato. A un certo punto, decide di collaborare con la giustizia. Marrapodi si mette a parlare dicendo che c’erano stati rapporti tra la ‘ndrangheta e la massoneria. Era molto amico di moltissimi magistrati reggini. Si mette a parlare e poi qualcuno gli chiude la bocca. O se l’è chiusa lui o qualcuno l’ha fatto per lui». Suicida o suicidato, la morte del notaio è uno dei misteri da illuminare per restituire un’anima alla città di Reggio Calabria. E si perde in un labirinto che mescola ‘ndrangheta e massoneria. Entità che, secondo Ciconte, rimangono distinte: «Non c’è un travaso, c’è semplicemente una cointeressenza – dice lo storico -. Io credo che funzioni un altro sistema. Lo chiamo “arcipelago” per come nell’arcipelago è possibile la presenza di più isolotti e isolette che stanno in collegamento tra di loro». Una lettura diversa da quella sposata dalla stampa e basata sull’intercettazione cult di uno dei capi del clan Mancuso («la ‘ndrangheta non esiste più, fa parte della massoneria, diciamo è sotto la massoneria. Ha, però, le stesse regole»).
Eppure in alcuni contesti i due livelli si fondono fino a toccarsi. Tra le isole dell’arcipelago si alza una nebbia che tutto confonde. In questa nebbia si muovono uomini come Paolo Romeo, perno dell’inchiesta “Gotha” e di tante oscure trame reggine. Alcuni intrecci conducono a insospettabili, ben felici di intrattenere rapporti con un uomo dal passato (e dal presente) oscuro: «Che Romeo abbia rapporti con uomini politici per me è un fatto abbastanza normale, nel senso che è stato deputato, è stato consigliere comunale e vive a Reggio Calabria. Il problema è perché quelli che lo conoscono abbiano rapporti con lui. Il problema non è lui. Il problema è chi con lui ha avuto in questi anni rapporti e, ancora peggio, ha avuto interessi in comune e ha fatto affari in comune. Un conto è prendersi un gelato in una gelateria di Reggio Calabria, un conto è fare affari con uno che è pregiudicato». Sarà dura orientarsi negli arcipelaghi della massomafia. Ma diradare le nebbie che avvolgono lo Stretto lo sarà ancor di più.
 
Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it

 

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