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La Calabria si salva senza la vecchia politica

L’ente Regione sembra oramai prossimo al punto del non ritorno. Un vero peccato, dal momento che in molti avevamo creduto, con la elezione di Oliverio, nella sua rinascita dopo decenni di disfatte,…

Pubblicato il: 10/03/2017 – 10:10
La Calabria si salva senza la vecchia politica

L’ente Regione sembra oramai prossimo al punto del non ritorno. Un vero peccato, dal momento che in molti avevamo creduto, con la elezione di Oliverio, nella sua rinascita dopo decenni di disfatte, di progressiva degenerazione del prodotto istituzionale, di distruzione della migliore burocrazia e di schiacciamento dei diritti sociali.
Di tutto ciò che ci auguravamo non è rimasto nulla, neppure la speranza. Siamo alle solite, a cominciare da una sanità da vergogna lasciata in mano a vassalli e improvvisatori, per finire ai trasporti pubblici locali dei quali non v’è neppure l’ombra, ad un turismo che non c’è e che non ci sarà, ad una agricoltura che si difende grazie solo agli agricoltori, ad un lavoro per i giovani divenuto neppure immaginabile. Per non parlare delle leggi fatte male, troppo frequentemente vittime sacrificali della Corte costituzionale, del riordino degli enti locali inconcepibilmente al palo, dei fondi Ue destinati a tornare irresponsabilmente al mittente e del bilancio azzoppato, cui si assicurano «protesi» ricorrenti per mantenerlo in piedi. 
A proposito di quest’ultimo, mancano sei mesi a che la Regione Calabria approvi quello consolidato! Almeno così dovrebbe essere. 
Al riguardo, si rischia che il 30 settembre passerà vanamente in termini di corretta rappresentazione. Troppo oneroso il peso delle «partecipate», sotto le più diverse configurazioni giuridiche che sono sul tappeto. Poche le soluzioni individuate sino ad oggi e sempre uguali i metodi. Cominciano già a fare capolino i sintomi dell’impotenza, presaghi del dramma. Fanno bene i sindacati a volerci vedere chiaro, dopo anni di eccessiva tolleranza.
Ciò che sta emergendo in questi giorni era del tutto immaginabile. Che nel mare magnum delle partecipate regionali ci fosse di tutto il peggio possibile era cosa nota. Forse ci sarebbe voluto da subito un più audace e decisivo intervento e non attendere che la magistratura scoprisse quanto d’ignobile ci fosse, per esempio, in «Calabria Etica». È stata negativa la diffusa perdita di tempo fatta di nomine di commissari, spesso al di sotto della soglia professionale necessaria, e di maquillage, supponendo che qualche nomina «militare», ancorché di pregio, avrebbe riportato a legalità e produttività, per esempio, «Calabria Verde».   
Sino a quando la politica continuerà a recitare il ruolo di sempre e sarà rappresentata, direttamente e/o indirettamente, dai soliti noti non ci sarà alcuna speranza da nutrire. Quando andrà bene, tutto continuerà ad essere come prima, il peggio oltre il quale c’è il nulla. 
Non solo. Ogni verità sarà sottaciuta nella logica della più scontata reciprocità, che vuole che il subentrante tralasci l’emersione del vero secondo la naturale convenzione che il suo successore farà la medesima cosa con chi l’ha preceduto. 
Il congresso del Pd, per divenire un appuntamento di tutto rispetto, dovrebbe fornire la svolta senza la quale è la fine. Così come è accaduto nella ostinata perduranza dei già rottamabili di ieri. Quelli che, da decenni, impediscono il ricambio e ostacolano ogni nuova intelligenza che bussa all’uscio di quel partito che sembrava costituire una nuova chance per credere e realizzare il cambiamento. Così non è stato e così non sarà, atteso che il testimone in Calabria sembra destinato a rimanere sempre nelle stesse mani, a prescindere se a prevalere sarà Renzi o Emiliano, che sembrano preferire anche essi i «noti» rispetto ai migliori. 
Ritornando alle partecipate, la nuova disciplina della contabilità e del bilancio pubblico ha scritto lo spartito e scandito le note della buona amministrazione, alla quale anche la Regione fa difficoltà ad adeguarsi. Un ente che si rispetti ha il dovere, in proposito, di rappresentare la verità, attesa la loro notevole incidenza sullo stato di salute del suo bilancio complessivo. L’intervenuta armonizzazione dei sistemi di contabilità ha fatto sì che gli enti territoriali fossero obbligati dal 2017 alla redazione e approvazione dei bilanci consolidati, al netto delle insussistenze lasciate lì per anni per celare buchi inenarrabili e al lordo dell’emersione dei debiti sottaciuti, tanti dei quali fuori bilancio. Un modo per rendere edotti cittadini e istituzioni sovraordinate delle condizioni economico-patrimoniali e finanziarie reali dell’ente di riferimento, comprensive dei saldi prodotti dalle società partecipate. 
Questo, il modo per mantenere nella legalità formale la redazione degli strumenti pretesi dall’ordinamento e assicurare il perseguimento dell’equilibrio del bilancio consolidato dello Stato.
In una tale ottica, la Regione Calabria è tenuta ad elaborare puntualmente il proprio bilancio consolidato, al lordo della gestione della salute. Con questo, essere a conoscenza del disavanzo patrimoniale complessivo che si presume plurimiliardario. Un compito difficile da assolvere specie nella parte che riguarda le società/organismi partecipati, sulla cui voragine debitoria sono in tantissimi a scommettere in senso negativo. 
Quanto a quest’ultima, rappresenta il segreto da violare per far conoscere la sua consistenza alla pubblica opinione e agli organi preposti al controllo, che non hanno fatto granché in questi anni, celandola nella più generale complicità. Saranno i nostri eroi capaci e disponibili a mettere i saldi reali alla luce del sole?
Questo, non credo (Antonio Razzi, dixit). 

*Docente Unical

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