La storia di Rocco Gatto, il mugnaio di Gioiosa Ionica ucciso il 12 marzo 1977 per il no alla mazzetta e le denunce contro il clan degli Ursini, è la testimonianza che ci si può opporre alla mafia con coraggio, rigore e senso della giustizia. La racconta – incrociando, quarant’anni dopo, le grandi battaglie contro la ‘ndrangheta degli anni ’70 e i personaggi che ne furono protagonisti – il documentario di Giuliana Mancini “Senza fare un passo indietro. Storia di Rocco Gatto”, che Rai Cultura propone mercoledì 15 marzo alle 22.10 su Rai Storia per “Diario Civile” con un’introduzione del Procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti.
A Gioiosa Ionica, un piccolo centro sul mare in provincia di Reggio Calabria, si intrecciano vite poco conosciute e di uomini di valore. Come Francesco Modafferi, un sindaco coraggioso sotto la cui guida il consiglio comunale delibera di costituirsi, primo Comune in Italia, parte civile nel processo contro i presunti esecutori dell’omicidio di Rocco Gatto. O come Gennaro Niglio, comandante la compagnia di Roccella Ionica, un capitano dei carabinieri che combatte a viso aperto la ‘ndrangheta, e Natale Bianchi, un sacerdote del dissenso in rotta con il clero ufficiale. Perché Rocco Gatto fu ucciso? Perché odiava le ingiustizie. E fece una serie di cose che non doveva fare. Denunciò a lungo, nei giorni e nei mesi che precedettero l’esecuzione, le angherie mafiose. Fece molto di più: si rifiutò di pagare il pizzo alle ‘ndrine locali e, cosa gravissima per quell’ambiente, iniziò a collaborare con la giustizia. Il documentario racconta le battaglie civili e umane, le grandi manifestazioni di piazza, l’ostinazione del padre di Rocco, Pasquale Gatto, e la medaglia d’oro consegnata dal Presidente Sandro Pertini. Una vicenda riassunta dal murales dipinto nella piazza del mercato da Giovanni Rubino e Corrado Armocida, il Quarto Stato dell’anti-‘ndrangheta, per ricordare le vittime delle cosche e gli onesti che si sono opposti e ancora si oppongono alla mafia.
x
x