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L'errore storico della mancata alleanza Pd-M5S

Dagli Usa tante lezioni di democrazia elettiva e di civiltà, ma anche tanti esempi di straordinaria follia, anche legislativa, del tipo quella di arrogarsi nel XXI secolo il diritto di uccidere, at…

Pubblicato il: 16/03/2017 – 7:53
L'errore storico della mancata alleanza Pd-M5S

Dagli Usa tante lezioni di democrazia elettiva e di civiltà, ma anche tanti esempi di straordinaria follia, anche legislativa, del tipo quella di arrogarsi nel XXI secolo il diritto di uccidere, attraverso l’esercizio della pena di morte, e di rendere le armi libere a tutti. 
Non solo. Nei tempi, tante contraddizioni. A fronte della grande interessata «ospitalità» assicurata ai nostri e agli altrui immigrati, sono arrivati dagli Usa pratiche «pedagogiche» che hanno influenzato negativamente intere generazioni. È capitato a me. Da ragazzo mi era stato inculcato, ad opera della cinematografia statunitense, che i cattivi erano gli indiani e i buoni erano invece i «lunghi coltelli», autorizzati a massacrare massivamente i «visi pallidi» al grido «arrivano i nostri». Alla mia generazione occorse qualche anno per accorgersi che non era proprio così. Che i pellerossa erano i veri perseguitati, portati alla quasi estinzione. Ci volle tanto tempo per arrivare alla smentita di un tale biasimevole teorema, anche perché – per altri versi – vigeva l’affascinante favola che faceva sì che i «brutti anatroccoli» (alias, i figli degli immigrati) assumevano via via livelli ragguardevoli di rappresentatività democratica, ultimo dei quali Barack H. Obama diventato il primo presidente nero degli Usa.
A’America (così la chiamava mio nonno emigrato) ha pertanto rappresentato, da una parte, una palestra di convivenza plurirazziale e di occasioni per chiunque e, dall’altra, un terreno di errori condizionanti.
A proposito, di Usa e di cattivi esempi. L’ultimo è l’elezione a presidente di Trump. Un presidente eletto senza l’affetto e gli entusiasmi che gli statunitensi tributano solitamente al prescelto. È infatti divenuto tale per abbandono dei democratici. Per il loro distacco dalla sua antagonista Hilary Clinton, campione di sospetti. Ebbene sì, in America accade anche questo, che si riesce a diventare presidente per la debolezza dell’avversario ovvero perché lo stesso risulta antipatico ai più. Di guisa, il nostro Parruccone biondo è arrivato lì a brandire la sciabola dell’incoscienza, incurante che ciò che fa mette a rischio la civile convivenza della quale l’Usa ha, di contro, il dovere di rendersi protagonista attivo.
Un tale accaduto – così come avviene nel resto dell’occidente che da sempre imita dopo qualche tempo ciò che avviene negli States – ha assunto in Europa un effetto virale. 
Si avvertono venti di destra (in questi giorni fortunatamente elusi in Olanda, anche se con risultanti preoccupanti!) nella vicina Francia, ove ad interpretare la Clinton di turno sono in tanti che, tra qualche imbroglio familiare e una segnata assenza di simpatia, consentiranno (ahinoi!) verosimilmente a Marine Le Pen di diventare la prima presidente donna transalpina, ma soprattutto la prima dichiarata razzista  seduta all’Eliseo. 
Insomma, anche in Europa sta accedendo l’inversione della tendenza solita del Vecchio Continente, da sempre ospitale per lo straniero, divenuto da subito «uno dei suoi».
Dunque, tra la novellata regola che vuole che l’antipatico soccombe, a prescindere da ciò che è in grado di assicurare, e l’altrettanto novellata abitudine degli italiani di avere imparato a votare comunque contro, in esatta controtendenza con quanto facevano prima con la democrazia cristiana sempre prevalente, si rischia di inguaiare il Paese per qualche decennio. Quel Paese nel quale (riahinoi!) due forze autenticamente progressiste, uscite dalle elezioni politiche trascorse, non sono riuscite a governarlo all’insegna del rinnovamento. Un errore storico che ha fatto perdere agli italiani l’occasione giusta di godere di un esecutivo costituito dalla somma di un esempio di cultura di governo, assicurato dal Pd, e di un partner (M5S) portatore dei nuovi e trascurati interessi diffusi, tra i quali il reddito di cittadinanza.
Non averlo fatto è costato caro al Paese e sta costando tanto a Roma ove da soli i pentastellati stanno facendo flop a tutti i livelli.
A fronte di una tale mancata occasione, non colta per colpa di entrambi, interessati all’emersione dei protagonismi (di allora) fini a se stessi, si registra un Pd che soffre di autolesionismo e un M5S che vive di rimessa, rincorrendosi l’un l’altro a chi la dice più grossa, in termine di promesse diffuse.
Il Paese ha bisogno di altro. Di maggioranze politiche forti e durevoli, non vittime di condizionanti «partite contabili» da compensare in corso d’opera. Di esponenti di governo che possano luccicare di onestà e di saperi, e non già essere impresentabili sul piano interno e internazionale. 
Intorno a Renzi si può costruire pretendendo di affiancare alla sua capacità politica e di persuasione sociale l’elaborazione di un programma delle riforme più emergenti, ivi compresa l’attualizzazione della Costituzione, magari fatta a rate rispetto ai cambiamenti massivi bocciati dal referendum, e la soddisfazione di quegli interessi sociali che riportino ad unità la sinistra unitamente agli altrimenti definibili inutili populisti.
Una corretta alternativa alle larghissime intese, produttive di commistioni (Verdini e Alfano) delle quali siamo in tanti a vergognarci!

*Docente Unical

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