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«La corruzione sull'A3 funziona così»

LAMEZIA TERME Il primo pentito delle grandi opere è Giampiero De Michelis, 54enne nato in Abruzzo che ha guidato i lavori dell’Alta velocità e anche i cantieri della Salerno-Reggio Calabria. I suoi…

Pubblicato il: 17/03/2017 – 15:12
«La corruzione sull'A3 funziona così»

LAMEZIA TERME Il primo pentito delle grandi opere è Giampiero De Michelis, 54enne nato in Abruzzo che ha guidato i lavori dell’Alta velocità e anche i cantieri della Salerno-Reggio Calabria. I suoi verbali sono stati anticipati dall’Espresso (qui il link) e disegnano un sistema in cui la corruzione e i lavori sono un binomio inscindibile. Un sistema nel quale c’è molta Calabria, e non soltanto per via dei lavori infiniti sull’A3 (che oggi si chiama A2). De Michelis ha sempre avuto ruoli cruciali di “direttore dei lavori”: il primo e decisivo controllore pubblico delle imprese private. In ottobre è finito nel carcere di Regina Coeli con la retata (31 arresti) che ha coinvolto anche manager di colossi come Salini-Impregilo e Condotte. E nel mese di novembre ha cominciato a parlare con i magistrati di Roma e Genova.
C’è una frase di De Michelis che ha fatto saltare sulla sedia i magistrati: l’uomo, intercettato prima dell’arresto, parlava di «cemento troppo liquido: sembra colla».
«Oggi – spiega l’Espresso nel servizio di Paolo Biondani e Giovanni Tizian – c’è una corruzione strutturata su almeno tre livelli, più difficile da scoprire. Il fulcro è ancora il controllore pubblico che favorisce una cupola di imprese privilegiate, che ora lo ripagano indirettamente, dividendo la torta con altre società private, attraverso subappalti, consulenze o compartecipazioni in apparenza regolari. Il trucco è che dietro queste aziende c’è lo stesso pubblico ufficiale, che le controlla segretamente tramite soci occulti. Con questi giochi di sponda, le grandi imprese comprano il controllore-direttore dei lavori, che a quel punto non controlla più niente».
L’11 novembre 2016 De Michelis ammette di aver beneficiato di questo sistema corruttivo e confessa che era suo il 50 per cento della Oikodomos, un’azienda intestata a un socio-prestanome, l’imprenditore calabrese Domenico Gallo, a sua volta arrestato in ottobre, ma conosciuto vent’anni fa nei cantieri della Salerno-Reggio. L’ingegnere spiega anche che il sistema esiste da decenni e non l’hanno certo inventato lui e Gallo: «È sempre stato così. Prima c’era la Spm di Stefano Perotti. Dopo gli arresti di Firenze il sistema è continuato con la Crono e la Sintel di Giandomenico Monorchio. E prima ancora c’era Lunardi».
La Sintel è la società d’ingegneria dove lavorava De Michelis. Il suo titolare Giandomenico è il figlio di Andrea Monorchio, l’ex ragioniere generale dello Stato, un calabrese eccellente.
Anche il coinvolgimento dell’ex ministro Lunardi ha a che fare con l’A3: «Lunardi era il progettista che doveva garantire certi ricavi alle imprese private – sono le parole di De Michelis riportate dall’Espresso –. Da allora il sistema è rimasto sempre lo stesso: il progetto è fatto male in partenza, così poi si devono fare le modifiche, le varianti, che portano soldi in più alle imprese. Anche l’autostrada Salerno-Reggio Calabria è un progetto di Lunardi fatto malissimo. Le perizie di variante le faceva lo stesso Lunardi. C’era un accordo a un livello molto più alto del mio, che coinvolgeva i vertici del consorzio di imprese: io l’ho saputo dal manager Longo di Impregilo».
Il tecnico, poi, descrive un caso esemplare di progetto disastroso targato Lunardi. E di nuovo ecco l’A3: si tratta alla galleria Piale, a Villa San Giovanni, sulla Salerno-Reggio. De Michelis premette che per iniziare uno scavo del genere bisogna puntellare la montagna «con paratoie e micropali». Una muraglia fondamentale per impedire le frane, per cui dovrebbe essere studiata al millimetro. Ricorda invece De Michelis: «Il capo-cantiere mi chiama e mi dice: “Ingegnere, qui non c’è niente, che facciamo?”. Sono andato a vedere: il progetto di Lunardi prevedeva più di 30 metri di paratoie e micropali dove in realtà non c’era la montagna, c’era solo il vuoto». De Michelis non crede ai suoi occhi. Bisognerebbe fermare tutto e chiedere una variante: allo stesso Lunardi. Soluzione: «A quel punto ho tirato una riga dritta, siamo scesi con i micropali lì dove arrivava la montagna e siamo andati avanti».
De Michelis parla poi del modo in cui si muoveva Monorchio: c’è una gara che avrebbe dovuto andare a Sintel (la ditta in cui lavorava il manager, ndr) e invece vince Perotti, che ha dietro Incalza, manager delle Infrastrutture. A quel punto, spiega il tecnico ai pm, «Giandomenico Monorchio mi dice: “Adesso vado da Incalza con mio padre e vedo di ottenere qualcosa in cambio”. Infatti gli danno in cambio il progetto della Porto Empedocle in Sicilia, quello fatto dalla Cmc. Tolgono il lavoro a Perotti e lo danno a Sintel, senza gara, con affidamento diretto. E così Sintel non fa ricorso per i tunnel del Brennero».
«Il sesto macro-lotto della Salerno-Reggio – prosegue il racconto – l’ha vinto la cordata Impregilo-Condotte, che è la stessa del Cociv, il consorzio dell’alta velocità Milano-Genova. Allora l’affare comprendeva tutto: general contractor e direzione lavori. A quella gara globale, gestita dall’Anas, ho partecipato io come persona fisica su richiesta di Impregilo. Però poi il contratto l’hanno fatto alla Sintel, che mi ha confermato, ma come dipendente. Bisognava dare la direzione lavori alla società del figlio di Monorchio perché il padre era al vertice di Infrastrutture spa, cioè era lui che decideva i finanziamenti pubblici, e poi è diventato anche presidente della commissione di collaudo. Quindi in pratica è Monorchio senior che impone il figlio. Lo stesso succedeva con la Spm: era Incalza che sbloccava i finanziamenti e di fatto imponeva Perotti. Monorchio padre e Incalza erano i santi in paradiso di Sintel e Spm». I pm gli chiedono come fa a saperlo. Risposta: «Me l’ha detto personalmente Monorchio figlio, titolare della Sintel».
Nelle sue lunghe confessioni, il pentito indica ai magistrati un’altra società che sarebbe stata utilizzata dalle imprese delle grandi opere per arricchire Monorchio junior: «Il consorzio di Impregilo ha affidato alla Crono le prove di laboratorio per i cantieri della Salerno-Reggio. Sono contratti da cinque milioni di euro. Che la Crono fosse di Monorchio lo sapevano tutti».
Giandomenico Monorchio, che è agli arresti domiciliari, da parte sua nega di aver commesso illeciti e sostiene di non aver mai approfittato dei poteri pubblici del padre.

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