Ultimo aggiornamento alle 23:04
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 8 minuti
Cambia colore:
 

Il bilancio di Reggio una fabbrica di falsi

REGGIO CALABRIA «Il sindaco Scopelliti sapeva, avallava e partecipava all’operato della dirigente, e anzi, dettava le linee programmatiche a cui la stessa dava esecuzione, in un rapporto quasi escl…

Pubblicato il: 24/03/2017 – 18:19
Il bilancio di Reggio una fabbrica di falsi

REGGIO CALABRIA «Il sindaco Scopelliti sapeva, avallava e partecipava all’operato della dirigente, e anzi, dettava le linee programmatiche a cui la stessa dava esecuzione, in un rapporto quasi esclusivo di reciproco scambio ed interesse». Lapidaria, la Corte d’appello sintetizza in quattro righe il regime vigente a Palazzo San Giorgio nell’era Scopelliti. E sulle responsabilità del sindaco non ha dubbio alcuno. Incluso nelle macroscopiche alterazioni dei documenti contabili.

QUESTIONE DI RESPONSABILITÀ Che il bilancio del Comune di Reggio Calabria sia stato compilato in maniera quanto meno creativa è ormai dato assodato. Lo hanno detto gli ispettori del Mef, i consulenti della procura e lo ricorda tuttora ai reggini il pesantissimo piano di rientro che svuota le casse e azzera i servizi, mentre fa lievitare le tariffe. Oggi, nel motivare la sentenza di conferma delle condanne per l’allora sindaco Giuseppe Scopelliti e i tre revisori dei conti, la Corte d’appello non solo spiega come quel documento sia stato alterato, ma anche come e perché Scopelliti ne fosse perfettamente a conoscenza.

LA FABBRICA DEI FALSI Il cuore delle alterazioni era il capitolo numero 19030 del bilancio, relativo alle cosiddette partite di giro, all’interno del quale figura la voce “altri servizi per conto terzi”. Lì – spiega la Corte – finivano numerose spese che avrebbero dovuto essere correttamente imputate su capitoli differenti, dalle bollette Enel ai pagamenti fornitori, alle sponsorizzazioni. Motivo? Perché lì era semplice far simulare che ogni erogazione fosse giustificata da una corrispondente legittima entrata, semplicemente indicando accertamenti per crediti inesistenti, in modo da rappresentare il bilancio in pareggio ma sostanzialmente effettuando pagamenti e spese privi di idonea copertura finanziaria.

SPROPORZIONI EVIDENTI «Gli esiti della consulenza – mettono nero su bianco i giudici – hanno dimostrato in modo oggettivo ed univoco che a partire dall’anno 2006 e sino all’anno 2010 si registra una anomala ed illegittima ipertrofia dei servizi per conto terzi, divenuta oramai una connotazione stabile dei bilanci del Comune di Reggio Calabria». I numeri riportati dai giudici sono indicativi. «Normalmente la dimensione delle spese che transitano nel servizio conto terzi risulta pari al 5-10% del volume complessivo, nel caso di specie, si era giunti addirittura ad un ammontare delle somme allocate in questo capitolo di bilancio pari al 40% del totale. Basti sottolineare – annotano – che nell’esercizio 2009, a fronte di 350 milioni di euro di entrate, quelle per i servizi conto terzi erano pari a 105 milioni di euro, ovverossia quasi 1/3 del volume complessivo».

BULIMIA CONTABILE E di cosa si trattava? Di tutto un po’. Pagamenti ai più diversi fornitori, (dalla Leonia spa all’ ATO 5, passando per New Art Gallery e RTL 102,5 Hit Radio) agli imprenditori che reclamavano il saldo dei lavori pubblici eseguiti, a ditte private che avevano fornito materiale al Comune, bollette Enel, rimborsi dell’anticipazione di tesoreria con i relativi interessi, mandati di pagamento in favore della dottoressa Fallara e dell’ing. Labate, alle somme erogate in favore degli istituti religiosi, «in maniera del tutto discrezionale sino ai limiti dell’arbitrio puro, senza – sottolineano i giudici – alcuna predeterminazione e pubblicizzazione dei criteri oggettivi di attribuzione dei relativi contributi né alcuna adeguata motivazione dei provvedimenti amministrativi di concessione.

COME TI NASCONDO IL BUCO Una miscellanea apparentemente insensata, ma che trova giustificazione nella necessità di nascondere i problemi di liquidità già all’epoca evidenti. «Trattasi di spese – spiega la Corte – che, non passando nei capitoli di bilancio di rispettiva competenza, non vengono previamente autorizzate e restano prive di effettiva copertura finanziaria, atteso che agli impegni di spesa vengono fatte corrispondere poste attive in entrata puramente fittizie, in quanto prive di qualsiasi titolo giuridico, indicate numericamente soltanto per far risultare il bilancio in pareggio». Nel medesimo capitolo, ci tengono a sottolineare i giudici «venivano appostate, in maniera del tutto irrazionale, spese relative a servizi propri dell’ente, che evidentemente non potevano trovare alcun corrispettivo in fantomatici crediti esigibili verso terzi, né si potevano attendere trasferimenti da parte dello Stato- come pure sostenuto a sua discolpa dall’imputato- atteso che si trattava di servizi di cui beneficiava l’ente medesimo».

STRATEGIA FALLIMENTARE Un quadro emerso anche in primo grado, rispetto al quale Scopelliti nel corso dell’esame e i suoi legali in sede di arringa, hanno tentato inutilmente di prendere le distanze, puntando il dito contro Fallara. Strategia bocciata in primo grado, come in Appello. Per la Corte «non si può semplicisticamente e riduttivamente ascrivere ogni responsabilità alla defunta dirigente del settore Finanze, dott.ssa Fallara, ritenendola l’unica competente tecnicamente in materia, quale onnipotente artefice della redazione e gestione del bilancio, che non dava conto a nessuno ed agiva in totale autonomia, come pure ha sostenuto la tesi difensiva e come, peraltro, hanno voluto far trapelare dalle proprie deposizioni taluni testimoni, interni alla medesima amministrazione Scopelliti, pur di declinare ogni sorta di conoscenza e di responsabilità in ordine alla situazione finanziaria effettivamente esistente ed esplosa solamente nell’anno 2010».

CONTESTAZIONI CONTROFIRMATE La situazione – spiegano i giudici – è molto diversa. E per vari motivi. Primo, «le irregolarità e le falsificazioni poi riscontrate dai consulenti tecnici erano già state rilevate dalla Corte dei Conti a partire dall’anno 2006, quando tale organo aveva un potere di controllo solamente collaborativo nei confronti degli organi elettivi degli enti locali, poi trasformato in un potere di controllo più invasivo con il d. lgs. 149 del 2011, sì da poter avviare la procedura di dissesto». Due, non solo i giudici contabili hanno più volte contestato violazioni e chiesto chiarimenti, «richiamando – ricorda la Corte – peraltro espressamente la normativa relativa alla rilevanza penale del falso in atto pubblico», ma si sono visti rispedire al mittente i rilievi mossi, accompagnati dalle deboli controdeduzioni dei revisori, controfirmate dal sindaco.

SCOPELLITI PARTECIPE DEL FALSO Ecco perché – spiega la Corte – «il capo dell’amministrazione, ovverosia il sindaco Scopelliti, non solo era a conoscenza della situazione finanziaria, ma è stato egli stesso partecipe e concorrente in quelle falsificazioni e violazioni, atteso il rapporto di stretta interdipendenza necessariamente sussistente tra organo politico ed organo amministrativo, pur nel ti spetto del principio di distinzione delle rispettive competenze». Un confine saltato nei rapporti fra Fallara e Scopelliti, «tanto che – si legge in sentenza – la prima si arrogava il potere di interloquire unicamente con il sindaco, escludendo gli assessori e gli altri dirigenti da qualsivoglia dialogo e/o comunicazione inerente la gestione del bilancio».

CARTA BIANCA In Comune – ricordano i giudici – Fallara aveva carta bianca. «Scopelliti – sottolineano – era perfettamente a conoscenza dei contrasti insorti tra la dirigente Fallara e gli assessori al bilancio -che si sono avvicendati in numero di tre in un circoscritto arco temporale sino a quando il sindaco stesso ha trattenuto per sé la relativa delega -e, pur tuttavia, ha deciso di spostare l’assessore venuto a scontrarsi con la stessa ad altro settore, confermando l’incarico della dirigente. Parimenti, il sindaco, pur sapendo che la dirigente Fallara era stata valutata negativamente dal Nucleo valutazione ovvero non aveva raggiunto gli obiettivi prefissati, ha continuato a riconfermare il di le
i incarico, attribuendole una fiducia incondizionata ed ampi poteri di azione». Motivo? Semplice. La dirigente era un’esecutrice e il sindaco «dettava le linee programmatiche a cui la stessa dava esecuzione, in un rapporto quasi esclusivo di reciproco scambio ed interesse».

AUTONOMIA CONDIZIONATA Per i giudici, l’autonomia creativa di Fallara nella redazione del bilancio era solo relativa. La sua azione «trovava corrispondenza nelle scelte politiche effettuate a monte dal sindaco Scopelliti, col quale intratteneva un rapporto “privilegiato”, addirittura escludente rispetto agli assessori ed ai consiglieri comunali». E il sindaco, dice la Corte, nell’esercizio della sua funzione di indirizzo politico, «si avvaleva dell’apporto tecnico della dirigente del settore finanze per dare attuazione a quelle scelte, rivelatesi scellerate per le sorti del Comune di Reggio Calabria, che gli hanno consentito nell’immediato di acquisire e rafforzare il consenso popolare a scopi elettorali, in totale spregio della legalità e della legittimità degli atti compiuti».

IL SISTEMA Mai – aggiunge la corte – «una dirigente, seppur dotata di un carattere forte e prevaricatore, senza il sostegno, l’approvazione ed anzi l’indirizzo impartito dal capo dell’amministrazione, avrebbe potuto acquisire un potere tale da bypassare assessori, consiglieri comunali e perfino il nucleo valutazione, monopolizzando la gestione dell’intero bilancio di un Comune, solo per conseguire qualche vantaggio e/o profitto personale». La chiave – sottolineano – sta nel meccanismo arbitrario di elargizione di sovvenzioni agli istituti religiosi, coperti di denaro quando al settore Tributi arrivavano «le istanze accordate con la dicitura “OK” e l’apposizione della sigla “S”, dall’imputato medesimo riconosciuta come propria».

IL REGISTA Per i giudici, questo meccanismo «dimostra in modo evidente l’instaurazione e il consolidamento di un sistema concertato tra dirigente e sindaco nella falsificazione delle poste di bilancio, che Scopelliti autorizzava e/o avallava e la Fallara attuava, in perfetta sinergia e comunione di intenti». Ecco perché Scopelliti è responsabile degli artifizi contabili che hanno alterato per anni il bilancio del Comune. Ecco perché – concludono i giudici – la sua condanna deve essere confermata.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

Argomenti
Categorie collegate

Corriere della Calabria - Notizie calabresi
Corriere delle Calabria è una testata giornalistica di News&Com S.r.l ©2012-. Tutti i diritti riservati.
P.IVA. 03199620794, Via del Mare, 65/3 S.Eufemia, Lamezia Terme (CZ)
Iscrizione tribunale di Lamezia Terme 5/2011 - Direttore responsabile Paola Militano
Effettua una ricerca sul Corriere delle Calabria
Design: cfweb

x

x