Mario Oliverio ha la testa dura. Non la cambierà, si annoti a futura memoria. Un vecchio proverbio delle sue parti dice che «’u ciucciu ce cara ‘na vota», che in prosa potremmo rendere come «l’asino ci cade una volta, poi basta». Ma il somaro è da solo, e da solo impara, per istinto, a scansare le fosse.
La proroga per la guida del dipartimento regionale della Presidenza al pensionato Tommaso Loiero, fratello del più celebre Agazio, ha due responsabilità: una politica, di Oliverio, e una amministrativa, di Gaetano Pignanelli, capo del gabinetto del governatore (dalla testa dura).
La legge Madia non consentiva – né consente – di mantenere in sella dirigenti in quiescenza. Le norme sono chiare, non si prestano a interpretazioni e di certo non possono modificarle i “colonnelli” di Oliverio, il quale non ha imparato la lezione del “benedetto” caso “Carpentieri forever”, analogo ma presso l’Azienda ospedaliera di Reggio Calabria.
Il governatore se ne infischia dei panni da lavare: preferisce disquisire di legalità e trasparenza, però con schizofrenia politica da manuale.
Oliverio ha dimenticato in fretta pure la nomina di Santo Gioffrè al vertice dell’Asp di Reggio Calabria e la successiva “grazia” dell’Anticorruzione della Calabria. E ha cancellato dal «gulliver» la storia della leggina regionale, impugnata dal governo centrale, che ha allungato la durata dei commissari delle aziende sanitarie. Sarà stata la (solita) febbre del Palazzo ad annebbiarne ancora il giudizio, oppure la volontà di non urtare l’alleato (Agazio) Loiero in vista delle comunali a Catanzaro?
È inquietante l’elenco, fornito dal direttore di “Il Corriere della Calabria”, Paolo Pollichieni, dell’arretrato pendente presso il dipartimento della Presidenza, frutto del personalissimo «codice Pignanelli», che potrebbe essere un nuovo romanzo di Dan Brown, se non fosse dentro la realtà; proprio come lo «sfasciume pendulo» della burocrazia regionale, contro cui il vicepresidente Antonio Viscomi sta muovendosi in snervante solitudine.
La direzione generale della Presidenza, ha scritto il direttore Pollichieni, è paralizzata: giacciono Pec, graduatorie, decreti su liquidazioni del Por 2007-2013 e altre questioni pesanti. I cittadini dovranno aspettare e pagare a oltranza? Chi compenserà i danni derivanti dalla proroga per Loiero brother? Pignanelli si affiderà allo scajoliano «non sapevo»? E che sorte avrà la Fondazione Terina, di cui lo stesso Loiero era commissario, in quanto dirigente regionale? I dipendenti potranno attendere Godot, prima di avere certezze su stipendi e futuro?
Oliverio non ne azzecca una, bisognerà pagargli un viaggio a Lourdes o fargli percorrere il Cammino di Santiago; magari assieme al fido Bruno Zito, il dg delle Risorse umane. Si veda, a conferma, la speditezza con cui la Regione ha liquidato un patrimonio di emolumenti a Franco Zoccali, senza attendere la sentenza d’appello, che ha annullato le pretese del rais dell’amministrazione Scopelliti.
Oliverio si nasconde nel silenzio della Sila e nella canea dei pasdaran. Nel mentre imperversa il «codice Pignanelli» e si bruciano tempo e soldi. Intanto Lsu-Lpu, lavoratori in mobilità, iscritti a «Garanzia giovani», disoccupati, emotrasfusi, pazienti e gli altri inascoltati inseguono risposte certe. A costoro andrà ripetuto che «’u ciucciu ce cara ‘na vota». Capiranno, loro sì.
*deputata M5s
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