Caro direttore,
vorrei approfittare della Sua ospitalità per affrontare il problema del trasporto aereo in Calabria. Il problema più acuto riguarda gli aeroporti di Crotone e di Reggio Calabria.
Mi limiterò, almeno per adesso, ad affrontare gli interrogativi afferenti quelli di Reggio Calabria. Faccio le mie considerazioni partendo da un quadro generale. Tempo fa al sindaco di Reggio, che aveva dichiarato di voler «rammendare le periferie», feci omaggio di “ago e filo” accompagnato da una lettera aperta. Con lo stesso criterio oggi potrei omaggiarlo di un vocabolario affinché possa indagare il significato di programmazione. Omaggio che vorrei far pervenire anche e soprattutto al presidente della Regione, per cercare di riempirgli una minima lacuna, da imputare al suo evidente analfabetismo politico.
Il binomio Falcomatà-Oliverio si è rivelato una tragedia per la città di Reggio Calabria. Falcomatà eroicamente minaccia di voler abbandonare la carica di sindaco, se lo scalo reggino verrà chiuso. Per chi, come me, per anni si è battuto, con i pochi mezzi a sua disposizione, a favore dell’Aeroporto dello Stretto, forse è arrivato il momento di augurarsene la chiusura.
I vantaggi che deriverebbero dall’abbandono della carica da parte del sindaco della città metropolitana sarebbero superiori ai danni provocati dalla cancellazione del trasporto aereo. Falcomatà parla e straparla come un cittadino afflitto dai problemi creatigli dalle istituzioni; gli sfugge, ahinoi, che il problema è stato generato da lui stesso e dal suo insipiente operato. Dunque qual è il problema dello scalo reggino? Pare sia la mancanza di passeggeri in quantità sufficiente per renderlo economicamente vantaggioso. Non è dunque la gestione dei servizi, per quanto scellerata, a determinarne la chiusura… Come per qualunque società il futuro sta nella redditività e per rendere produttiva un’attività è necessario che essa abbia un numero sufficiente di “clienti”.
Il vero problema quindi è come attrarre passeggeri. L’Aeroporto dello Stretto è lo scalo di due città metropolitane, ma viene utilizzato soltanto da Reggio. Questo perché, vista la completa mancanza di un sistema infrastrutturale per accedere a tale aeroporto, delle due Città Metropolitane i fruitori sono soltanto gli abitanti del Comune di Reggio Calabria. Orbene, alla fine degli anni ’80 del secolo scorso chi scrive si è battuto per il Decreto Reggio, mai prevedendo che i 600 miliardi di allora sarebbero stati utilizzati per “operette”. Allora come ora con il rifinanziamento di quella legge. Stessa sorte è toccata ai 130 milioni di euro destinati alla Città metropolitana.
Se il sindaco metropolitano di Reggio si fosse recato a Bruxelles alla Commissione europea, invece di accumulare colpevoli ritardi sulla “tabella di marcia” della sua maturazione a sindaco di una città, avrebbe appreso che ai fini dell'”inclusione sociale”, come previsto dalle direttive europee, si sarebbero potuti ottenere finanziamenti per la realizzazione di corpose infrastrutture. Con una seria programmazione dunque, e abbandonando il sodalizio con l'”analfabeta” silano, si potrebbero coordinare una serie di risorse, realizzando prima di tutto un’aerostazione a mare, una ferrovia di collegamento aeroportuale adeguata e tale da essere a servizio di una vera Città metropolitana, nonché collegamenti marini veloci da e per Taormina e le isole Eolie.
Nell’ottica di una prima iniziativa, tesa a voler finalmente configurare la città di Reggio come effettivamente Metropolitana, sono questi i problemi primari e urgenti dei reggini che hanno a cuore le sorti della loro città. Ma ciò che amaramente ormai si ammanta di tragicità è lo sfascio, dilagato e sismico, generato da una fortemente antiquata e criminale idea di carrierismo politico, che anno dopo anno ha travolto i suoi stessi attori, nonché la dignità di un popolo tutto, colpevole di autodistruttivo e cronico laissez-faire.
*Ex segretario nazionale Pri
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