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La vittoria di Pirro sull'aeroporto di Reggio

Esaltando “l’Arte di Annacarsi” di Roberto Alajmo e per la serie “al peggio non c’è mai fine” rispetto al fallimento morale, politico ed economico dei missionari romani capitanati dall’autocrate Fa…

Pubblicato il: 25/03/2017 – 15:39
La vittoria di Pirro sull'aeroporto di Reggio

Esaltando “l’Arte di Annacarsi” di Roberto Alajmo e per la serie “al peggio non c’è mai fine” rispetto al fallimento morale, politico ed economico dei missionari romani capitanati dall’autocrate Falcomatà, che gioca a fare il “realista” prima ancora che arrivi il re, sterilizzando i desolanti retroscena che scandiscono l’incapacità e l’inaffidabilità della politica reggina, lo stesso spaccia quale epocale successo quella che in realtà avrebbe fatto esclamare a Pirro «un’altra vittoria come questa e sarò perduto».
Ambiguità dilagante da parte di chi anche questa volta ha dimostrato di non avere la forza di difendere gli interessi reggini, ovvero dell’utenza dell’area dello Stretto, pur interloquendo con pezzi autorevoli di un governo che non ha badato a spese (venti miliardi di euro) per risanare le turbolenze dell’istituto di credito senese, Banca Etruria e dintorni. Ricorrendo – i missionari di turno – ad osceni trucchi tesi a trasformare autentiche ingiustizie contrabandate quali straordinari risultati sul versante aeroportuale ben incastonati in una cornice decisamente plumbea dominata da miserie culturali, smarrimento del raziocinio unitamente alla voglia irrefrenabile di raccontare bugie per apparire grandi. E così a fronte della cruda realtà scandita da chi lavora per tutelare l’aeroporto (sindacati e non solo) e chi decantando “l’arte del mentire” esercita opzioni da vassalli, quindi da sudditi e non da cittadini, tenta di individuare soluzioni saldamente ancorate esclusivamente ai sacrifici dell’Alitalia, alla quale però, fino ad oggi, è stato negato il pagamento di un consistente debito regionale pregresso. Accentando, altresì, la sostanziale cancellazione dell’utenza dell’area dello Stretto dai collegamenti mattutini che invece operano quotidianamente da tutti gli altri aeroporti italiani – quantomeno – alla volta di Roma e/o Milano. Questa è la devastante realtà dell’approccio romano che “accontenta e gabba” la folta schiera di predicatori ai quali evidentemente sta bene l’estromissione del “Tito Minniti” dai normali circuiti nazionali ed esteri, vanificando, inoltre, la possibilità di raggiungere Roma e/o Milano e ritornare nella città di origine nello stesso giorno. Un’autentica sfida, azzardo, bluff e quant’altro che le peripatetiche incursioni reggine di Renzi, in compagnia del deputato in pectore (liberazione e consolazione per la città di Reggio) già eletto sindaco, fra seduzioni ed inganni, non hanno sicuramente impedito, alimentando, di contro fanciullesche astuzie, furbizie e scaltrezze, sfociate nella supina emarginazione di una città metropolitana (si fa per dire).
Da qui la legittima inquietudine ed ansia che caratterizza l’area dello Stretto i cui cittadini ultra penalizzati si aspettavano una revisione critica romana anziché una nuova puntata di un interminabile romanzo epistolare fonte di immenso sconforto che traduce la sensazione di un sempre più tragico destino aeroportuale. E così fra vizi, inganni e beffarde contorsioni riemerge l’eloquente ritornello di Lorenzo il Magnifico «chi vuol esser lieto, sia: di doman non v’è certezza».
Il dramma aeroportuale nasce proprio dall’impossibilità di conoscere attendibilmente la realtà sempre di più sfuggente, molteplice e variamente interpretata, quasi nascosta sotto una maschera di pirandelliana memoria. La città di Reggio è stufa di autocelebrazioni in netto conflitto con l’incalzare delle pessime notizie di estrazione romana, mezze verità, reticenze, ecc., che documentano i retroscena del flop di un partito politico che schiera un sindaco, il presidente del consiglio regionale, il capogruppo del gruppo numericamente più consistente alla Regione e segretario provinciale dello stesso partito, una folta pattuglia di parlamentari e finanche un prestigioso ministro in carica. Senza scomodare il governatore Oliverio. Risultato? Tutti coralmente protesi ad alimentare irresponsabilmente un volgare imbroglio, un disgustoso intruglio in un crescendo di giaculatorie che conclamano la decadenza della politica calabrese ed in particolare di quella reggina. Tutta “chiacchere e distintivo…”. Non a caso il mitico Nicola Giunta ammoniva: «O chi sorti, o chi sorti, sta città in mano è storti…».

*Avvocato ed ex consigliere regionale

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