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’Ndrangheta e Juventus, il boss: «Agnelli non c’entra»

TORINO «Rispetto a persone come gli Agnelli io sono soltanto spazzatura. E gli Agnelli, con la spazzatura, non hanno niente a che fare. Per questo mi dispiace che, a causa del nome che porto, siano…

Pubblicato il: 28/03/2017 – 17:32
’Ndrangheta e Juventus, il boss: «Agnelli non c’entra»

TORINO «Rispetto a persone come gli Agnelli io sono soltanto spazzatura. E gli Agnelli, con la spazzatura, non hanno niente a che fare. Per questo mi dispiace che, a causa del nome che porto, siano stati tirati dentro a questo show mediatico». Il colpo di scena arriva nella maxi aula 1 del Palazzo di Giustizia di Torino, dove è in corso l’udienza preliminare “Alto Piemonte” sulla ‘ndrangheta del Nord-Ovest. Saverio Dominello, 62 anni, originario di Rosarno, uno degli imputati principali, chiede la parola e proclama la sua “dissociazione” dalla criminalità organizzata. E non basta: allontana da Andrea Agnelli l’ombra di avere trattato direttamente con i boss «perché mio figlio Rocco non solo non lo è, ma non sapeva nemmeno che io avessi a che fare con quel mondo».
La dissociazione di Saverio Dominello ha l’effetto di una bomba in un processo che vede alla sbarra 23 imputati per una quantità di reati tipici del tran tran delle cosche (estorsioni, incendi, danneggiamenti, minacce) più un risvolto che riguarda il calcio: l’ingresso del figlio Rocco, 41 anni, nell’ambiente della tifoseria bianconera – secondo le accuse – per accaparrarsi il business del bagarinaggio. È stato Rocco, per il tramite di un ex capo ultras, a entrare in contatto con i vertici della Juventus. «Mio figlio – ha voluto precisare Saverio – riceveva i biglietti semplicemente perché era il referente di un gruppo di tifosi. Non era un boss. Non lo è mai stato». A carico dei dirigenti della Juventus e dello stesso Agnelli, che nega qualsiasi contatto con Dominello, non sono state mosse accuse da parte della magistratura. È però aperto un procedimento della giustizia sportiva. «È solo per il nome che porto – dice Saverio Dominello – che si parla di questo argomento. Ma né Rocco né gli altri miei figli sapevano che io fossi legato alla ‘ndrangheta. E mi dispiace per loro, che stanno patendo a causa mia». Saverio racconta di essere stato legato al clan dei Pesce ma di avere deciso di sganciarsi nel 2012. Andò anche a Rosarno per comunicarlo ai suoi referenti. Da oggi è un “dissociato”. Ma non un pentito, «perché di nomi non ne ho fatti e non ne farò». «La ‘ndrangheta mi fa schifo – afferma – ed essere uno ‘ndranghetista, per me, è un marchio infamante. Mi dissocio per i miei figli, per la mia famiglia. Se ho paura? Non per me. In questo momento sono libere solo le donne. E gli uomini d’onore, se sono davvero tali, le donne non le toccano».
Oggi ha anche ammesso di essere coinvolto in uno degli episodi piu’ gravi di “Alto Piemonte”, il tentato omicidio dell’autotrasportatore Antonio Tedesco, accoltellato a Volpiano il 23 luglio 2014 per questioni legate alla gestione di un night club. «Sono l’esecutore, non il mandante. E Rocco non c’entra».

Mauro Barletta
Ansa

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