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«La 'ndrangheta gestì i biglietti per la finale di Champions»

MILANO Mentre da giorni si parla, con tanto di polemiche, del caso dei presunti rapporti tra la dirigenza della Juventus con ultrà ed esponenti della ‘ndrangheta, oggi in un processo milanese, quel…

Pubblicato il: 29/03/2017 – 18:29
«La 'ndrangheta gestì i biglietti per la finale di Champions»

MILANO Mentre da giorni si parla, con tanto di polemiche, del caso dei presunti rapporti tra la dirigenza della Juventus con ultrà ed esponenti della ‘ndrangheta, oggi in un processo milanese, quello per l’omicidio di oltre 30 anni fa del procuratore di Torino Bruno Caccia, un pentito ha affermato davanti ai giudici che un presunto boss della mafia calabrese, Cosimo Crea, due anni fa «si occupò del bagarinaggio dei biglietti della finale di Champions Juve-Barcellona». E avrebbe girato una parte dei proventi illeciti al cognato di Domenico Belfiore, mandate dell’uccisione del magistrato che risale al 1983. Il collaboratore di giustizia, Massimiliano Ungaro, condannato per associazione mafiosa in un processo torinese (ha fatto parte del clan Crea tra il 2014 e il 2015), stamani era collegato in videoconferenza con la Corte d’Assise di Milano, citato come testimone dal legale di parte civile, l’avvocato Fabio Repici, che rappresenta i familiari del procuratore nel processo a carico del presunto esecutore materiale, Rocco Schirripa. Cosimo Crea, ha raccontato il pentito confermando dichiarazioni già messe a verbale in un’inchiesta torinese, «si occupò del bagarinaggio dei biglietti della finale di Champions del 2015 Juve-Barcellona e coi soldi illeciti che fece diede anche 2 mila euro a Placido Barresi», cognato di Belfiore, altro presunto boss della ‘ndrangheta. Ungaro, torinese, ritenuto il “braccio destro” dei fratelli Adolfo e Cosimo Crea e diventato collaboratore lo scorso anno, ha chiarito, inoltre, che il presunto capo del clan Crea «consegnò quel denaro a Barresi perché disse che era una brava persona e per tutto quello che aveva passato». In questa «operazione di spartizione di proventi» dopo la vendita dei biglietti per la finale, ha spiegato ancora Ungaro, «venne coinvolto anche Renatino Macrì», altro presunto esponente della mafia calabrese. Nel resto della deposizione, invece, il legale di parte civile ha fatto domande specifiche al testimone sulla posizione di Schirripa, arrestato nel dicembre 2015, e sull’omicidio Caccia e il collaboratore ha detto di non aver mai conosciuto l’imputato, di non aver mai «parlato dell’assassinio del procuratore con la famiglia Crea». Nei mesi scorsi, un altro pentito, Domenico Agresta, aveva raccontato che quando era in carcere a Torino assieme a suo padre Saverio, tra l’aprile e il maggio del 2012, quest’ultimo, parlando alla presenza del boss Domenico Crea, storico esponente della cosca radicata nel capoluogo piemontese, disse che «il procuratore di Torino se lo erano “fatti” loro due», riferendosi a «Schirripa e D’Onofrio (Francesco, ndr)». Quest’ultimo, ex militante di Prima Linea e ora ritenuto vicino alla ‘ndrangheta, è indagato per concorso in omicidio in una tranche d’inchiesta aperta nei mesi scorsi a Milano.

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