LAMEZIA TERME La digitalizzazione degli archivi sanitari segna il passo, “grazie” all’inerzia di due giunte regionali. Quella degli atti giudiziari, invece, potrebbe rappresentare un caso di studio a livello nazionale. Roberto Guarasci, ordinario di Archivistica, Bibliografia e Biblioteconomia e direttore del dipartimento di Lingue e Scienze dell’Educazione dell’Università della Calabria, racconta una Calabria a due velocità. Una condizionata dalle lentezze della politica, l’altra spronata dalle esigenze della giustizia. Nella puntata di Hashtag in programma questa sera alle 21 su Rtc (canale 17 del digitale terrestre), il docente racconta a Paolo Pollichieni, direttore del Corriere della Calabria, la sua esperienza e quella del suo gruppo con la Regione. «Nel 2010 – dice nell’intervista realizzata negli studi di “Newsandcom” – ci hanno affidato l’incarico di supportare le Regioni nell’attivazione del fascicolo sanitario elettronico, una scommessa che cercava di evitare a utenti e cittadini l’onere di portarsi tutti gli accertamenti in mobilità. Pensate a un intervento d’urgenza in Pronto soccorso: se la struttura sanitaria ha la possibilità di avere la cartella clinica in tempo reale si risparmiano minuti che possono salvare delle vite». Il gruppo di Guarasci riceve dalla Presidenza del consiglio dei ministri l’incarico di studiare l’introduzione del fascicolo elettronico: «Abbiamo scritto le regole tecniche che vengono utilizzate per realizzare il fascicolo sanitario. Sono pubbliche e gratuite, ma l’attuazione della realizzazione compete alle Regioni, avviene dopo atto di volontà delle Regioni». E qui il carro, al solito, s’impunta. Cosa accade in Calabria? «Dal punto di vista formale – spiega Guarasci – la Calabria è allineata con le altre regioni, l’istituzione del fascicolo e le gare per la realizzazione dell’infrastruttura informatica sono state completate, con il risultato che l’infrastruttura c’è ma è vuota».
La piattaforma tecnologica realizzata va alimentata: «Serve un accordo con i medici di medicina generale che devono caricare i dati dei loro pazienti, con le farmacie, con gli ospedali. Serve un’azione politica, di raccordo e un atto di volontà che non c’è», spiega il docente. «Per motivi vari, nessuno esplicito. E va detto che anche in altri territori siamo fermi al palo. Penso a Marche, Abruzzo, Umbria, Molise, Sicilia Sardegna, Campania e Basilicata. Non so se sia assenza di volontà, incapacità di capire i benefici del sistema o non volontà di assumere decisione impopolari». Esempio: «In altre regioni i medici non hanno raggiunto un accordo e sono stati obbligati ad adeguarsi. Non so in che modo un’eventuale decisione d’imperio impopolare possa influire sul modo di costruire il consenso».
E certo il meccanismo che si andrebbe a introdurre diventerebbe «anche uno strumento di controllo, che potrebbe impedire furbizie. Se il medico utilizza il sistema io so con certezza a che ora è in laboratorio. So cosa il paziente ha preso quanto è stato ricoverato e per quale malattia, conosco le esenzioni». Magari non sta bene proprio a tutti: «Ricordo un’indagine a campione chiesta dalla Presidenza del consiglio per verificare l’appropriatezza delle esenzioni: ci sono indicazioni singolari in alcune tipologie. Certamente sono frutto di errori, ma abbiamo trovato l’indicazione di una sindrome post parto in bambini da otto anni, è per lo meno un po’ strano».
Il tasto dolente sono i rapporti con la politica. Guarasci offrì la disponibilità alla giunta Scopelliti di operare a costo zero («veniamo già pagati», per usare una battuta). Si fece anche un esperimento, riuscitissimo, tra i fascicoli calabrese e piemontese. «Non ottenemmo alcuna risposta». E con la giunta Oliverio? «Abbiamo rinnovato l’offerta, visto che possiamo contare su dei colleghi docenti universitari nella squadra di governo, uno dei quali, Roberto Musmanno, è anche un amico personale. Ci siamo offerti di supportare gratis la regione per il sistema non solo sanitario ma anche più in generale per la conservazione dei dati digitali. Siamo arrivati a fare un certo numero di riunioni, ma poi la cosa è morta lì».
Due indizi non sono ancora una prova. Il terzo, per fortuna, va in senso completamente opposto. Perché il Tribunale di Cosenza potrebbe diventare un esempio di buone pressi. Merito del fatto che per le pubbliche amministrazioni alcuni tipi di documenti digitali sono, di fatto, diventati l’originale soppiantando il cartaceo. Vale per le intercettazioni: «Ora l’originale – spiega ancora Guarasci – è il file audio che troviamo nel server della ditta che fa l’intercettazione per conto della Procura. È quello che va conservato e gestito. È un passaggio importantissimo per il processo penale, perché va conservato fino all’ultimo grado di giudizio». E la Procura di Cosenza si sta attrezzando a farlo. «Nell’accordo c’è il progetto di costruire un modello da estendere a tutto il territorio italiano – dice il prof –». Ma perché ciò che si fa (gratis) negli uffici giudiziari non si riesce a fare (sempre gratis) nell’ambito politico: «Perché in Procura la catena di comando è nota. E l’esigenza giudiziaria è più forte di quanto sia quella della politica regionale». Spiegare perché significa spiegare la Calabria.
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