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Il pentito Dedato racconta l'agguato a Serpa

COSENZA Vecchi omicidi ricostruiti in modo circostanziato e dettagliato. Ricostruzioni che emergono dalle oltre 400 pagine di motivazioni con cui la Corte di Assise di Cosenza ha spiegato il p…

Pubblicato il: 30/03/2017 – 10:59
Il pentito Dedato racconta l'agguato a Serpa

COSENZA Vecchi omicidi ricostruiti in modo circostanziato e dettagliato. Ricostruzioni che emergono dalle oltre 400 pagine di motivazioni con cui la Corte di Assise di Cosenza ha spiegato il perché ha inflitto ben undici ergastoli agli imputati del processo “Tela del ragno”. Si tratta dell’operazione contro i presunti capi e gregari del clan Perna-Cicero di Cosenza, Gentile-Africano-Besaldo di Amantea, Scofano-Martello-Rosa-Serpa di Paola, e Carbone di San Lucido. 
A distanza di anni, quei delitti sono stati ricostruiti grazie alla collaborazione del pentito Vincenzo Dedato (ritenuto organico alla cosca Sena-Pino di Cosenza) e reoconfesso – come esecutore materiale – dell’omicidio di Giovanni Serpa. Le sue dichiarazioni, in particolare, hanno consentito di individuare il movente, i mandanti e gli autori di quell’assassinio.

IL RACCONTO DI DEDATO Agli inquirenti il pentito aveva raccontato i dettagli dell’omicidio di Giovanni Serpa, padre di Mario, eseguito a Paola l’11 settembre 1979. Scaturito, secondo il racconto di Dedato, come punizione per il tentato omicidio del capoclan Franco Muto avvenuto precedentemente.
Stando al racconto del pentito, sarebbe stato proprio lui assieme a suo cognato Elio Sconnetti a recarsi da Franco Muto per riferire che quel tentato omicidio sarebbe stato eseguito da esponenti del clan Serpa di Paola. Vicenda di cui avrebbero riferito anche ad Antonio Sena all’epoca detenuto al carcere di Cosenza.  
Si sarebbe deciso così di compiere un’azione contro i Serpa alla quale avrebbe dovuto partecipare lo stesso Dedato. A Cetraro, stando sempre al racconto del pentito, Dedato avrebbe nuovamente parlato con Franco Muto e con Nuccio Lucieri detto “u ghiegghiu” che avrebbero riferito l’intenzione di “colpire” il papà di Guerino e Mario Serpa. 

L’OMICIDIO DI GIOVANNI SERPA E L’AGGUATO SULLA CROCETTA In tale contesto, «Lucieri – si legge nelle motivazioni della sentenza della Corte di Assise di Cosenza – si era preso l’impegno di studiare i movimenti del Serpa, che lavorava come lui quale operaio forestale, ma poi il giorno in cui avevano deciso di agire, Lucieri non era riuscito a riferire loro i movimenti di Serpa  e così avevano operato da soli e lui stesso aveva proposto agli altri di attenderlo in una località di montagna, dove lavorava in quel periodo Giovanni Serpa, per vedere se passava di lì. Infatti, si erano appostati in località “Crocetta” lui, Mandaliti e Marcello Calvano con una Mini Minor verde e un’altra auto posizionata poco lontano per la fuga».
«Mandaliti – è la sintesi del racconto di Dedato – con un fucile era salito sulla strada e si era appostato lì, lui era rimasto alla guida e Calvano era fuori dalla macchina nascosto sotto la cunetta; non appena era arrivata la moto Ape guidata da Serpa, Mandaliti da sopra aveva sparato con il fucile uno o due colpi; l’Ape aveva arrestato la sua marcia sul ciglio del burrone e Calvano si era avvicinato alla Moto Ape, aveva  aperto lo sportello del veicolo ed aveva esploso un colpo di fucile a canne mozze a Serpa. Nella Moto Ape avevano rinvenuto una pistola calibro 38.  Al valico della Crocetta, avevano poi abbandonato l’auto con il fucile a canne mozze e le avevano dato fuoco e poi erano scesi verso Cosenza». 
È lo stesso collaboratore a riferire tutto a Sena. «L’indomani – scrivono i giudici Giovanni Garofalo e Francesca De Vuono – Dedato si era recato nel carcere di Cosenza e aveva riferito il tutto al Sena che, nell’occasione, si era affacciato dalle finestre con Bellocco.  Tale omicidio era stato una dimostrazione verso i forestieri (come i Bellocco e altri della Piana di Gioia Tauro che erano detenuti nel carcere di Cosenza), che il gruppo Sena era in grado di condurre a compimento azioni omicidiarie. In tale contesto si inseriva anche la considerazione verso la persona di Muto, il quale bramava anche lui l’omicidio di Giovanni Serpa». 
Per la Corte di Assise di Cosenza tutti i pentiti – le cui dichiarazioni sono finite in questo procedimento – sono stati ritenuti attendibili. Infatti, nello specifico su Dedato, i giudici scrivono: «La complessiva attendibilità della fonte collaborativa può desumersi, in primo luogo, dall’essersi Dedato accusato a distanza di tempo di un così grave reato all’epoca non ricondotto a lui dagli inquirenti e rimasto inesplorato e privo di soluzione, oltre che dal fatto che egli è risultato soggetto già legato a sodalizio criminoso in vario modo collegato al clan paolano di Basile e dei Calvano e al clan dei Muto di Cetraro e, in quanto tale e come autore del delitto, ha avuto personale contezza di quanto riferito per averlo direttamente vissuto; circostanze queste che non possono che essere positivamente apprezzate sotto il profilo della reale volontà del collaboratore di contribuire alla ricostruzione della verità dei fatti».

Mirella Molinaro
m.molinaro@corrierecal.it

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