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Sì alla fusione tra Comuni, no alla superficialità

La fusione dei comuni rappresenta, invero, uno dei problemi più complessi, e quindi meno risolti, sul versante procedurale. Le norme nazionali fissano le regole di principio (nell’art. 15 del Tuel …

Pubblicato il: 30/03/2017 – 13:02
Sì alla fusione tra Comuni, no alla superficialità

La fusione dei comuni rappresenta, invero, uno dei problemi più complessi, e quindi meno risolti, sul versante procedurale. Le norme nazionali fissano le regole di principio (nell’art. 15 del Tuel e nella riforma Delrio) attuative dell’art. 133 della Costituzione. Compete, poi, alle Regioni disciplinare il dettaglio.

Un panorama regionale non propriamente esaltante
Quanto a tale ultima disciplina è dato, francamente, rilevare che sino a oggi risulta poco esaustiva delle esigenze da tutelare e delle cure che una siffatta procedura necessiterebbe. In relazione ai presupposti del procedimento specifico vi è traccia di una loro appena soddisfacente codificazione nelle legislazione regionale di Abruzzo, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Piemonte, Puglia e Sardegna (a ben vedere, due a statuto speciale), che impongono quantomeno una relazione di accompagno all’iniziativa amministrativa, della quale costituiscono ovviamente la parte motiva. Uno strumento, questo, opportunamente previsto per rappresentare la «giustificazione» dell’evento, sia per la Regione che è chiamata a decidere, a mente della Costituzione, che per i cittadini coinvolti nel previsto referendum consultivo, ai quali deve essere garantito di potersi esprimere con la massima consapevolezza. La previsione di un tale adempimento, per come individuato dalle anzidette Regioni, è tuttavia insoddisfacente e inadeguato alle reali esigenze. Ciò in quanto si limita ad una mera analisi del territorio, con allegati planimetrici, e alla predisposizione di un progetto di articolazione amministrativa, con eventuale individuazione dei municipi, accompagnata dalla evidenziazione dei macro elementi finanziari rilevabili dagli ultimi bilanci approvati. Un po’ troppo poco, a fronte dei rimedi legislativi individuati negli ultimi anni intesi a regolarizzare l’esistenza di residui attivi, mantenuti impropriamente nei bilanci, e ad assicurare la liquidità necessaria a smaltire in 30 anni le debitorie milionarie c.d. mercantili accumulate nel tempo.
Per il resto del Paese poco o nulla, per non parlare delle gaffe legislative consumate da alcune Regioni solo perché ree di avere sottovalutato e sottovalutare ancora l’affollato ricorso alle istanze amministrative, alcune delle quali molto «creative» e prive di ogni minima valutazione tecnica preventiva, che ne giustificasse l’utilità pubblica.

Una doverosa sollecitazione
Sarebbe il caso, pertanto, che le Regioni decidessero, ciascuna per proprio conto (ma in fretta, attesa la necessità di pervenire ad una sensibile riduzione dei Comuni strumentale a favorire l’equilibrio di bilancio e il rientro dal debito pubblico), di perfezionare provvedimenti legislativi più curati possibile, sia in termini di riordino del loro sistema autonomistico che di disciplina attuativa specifica. Insomma, le stesse dovranno, preliminarmente, progettare la rete più efficiente, più efficace e più economica dei propri enti locali di riferimento, cui l’ente regionale deve riferirsi anche per l’individuazione degli spazi finanziari di indebitamento. Il tutto, tenendo conto dell’esistenza delle istituite Città metropolitane, ove presenti, del «prepensionamento» delle Province e della concretizzazione delle aeree vaste sino ad oggi previste sul piano meramente teorico. Un percorso legislativo oramai ineludibile senza il quale non si va da nessuna parte.
Successivamente (ma non troppo), ogni Regione dovrà legiferare su cosa e come fare per pervenire a fusioni dei Comuni degne di questo nome, che siano di autentica utilità per i cittadini coinvolti, piuttosto che essere lo strumento cui fare ricorso per sopravvenuta e spesso irresponsabile moda.
L’unico modo per realizzare tutto questo è di non fare gli errori di sempre, di ricorrere soprattutto ad estemporanee legislazioni ad personas, utili solo ad accontentare i diversi sponsor locali, proprio per questo destinate a falsare le dovute politiche aggregative e, nel contempo, a generare guai maggiori di quelli esistenti.
Alcune Regioni dovranno farlo da capo, dal momento che presentano legislazioni obsolete e non affatto soddisfacenti. Avranno, pertanto, modo di cogliere l’occasione per prevedere gli step idonei a garantire una buona riuscita degli eventi, attraverso l’imposizione di corrette analisi preventive di merito. Strumenti utili alle Regioni per decidere, con consapevolezza e ragionevolezza, l’istituzione del nuovo Comune e la estinzione di quelli fusi, con tutte le ricadute che ne deriveranno, di non facile gestione.
Il tutto funzionale ad esigere dai Comuni proponenti esaustivi «progetti industriali» delle città future. Il modo per dimostrare la convenienza collettiva dell’intervento aggregativo, con la evidenziazione degli elementi costitutivi del nuovo ente, caratterizzato dalla «confusione» delle economie, finanze, organizzazioni, strumenti di programmazione del territorio dei singoli Comuni estinti.

*docente Unical

(L’articolo è un’anteprima di quello in uscita su IlSole24Ore)

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