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Cittadella colonizzata dai sangiovannesi

Ha ragione Mario Oliverio quando rivendica un cambiamento imposto nel governo della Regione Calabria: «Presto ne vedrete i frutti, toccherete con mano i risultati». Lo ha ribadito, di recente, anch…

Pubblicato il: 31/03/2017 – 19:01
Cittadella colonizzata dai sangiovannesi

Ha ragione Mario Oliverio quando rivendica un cambiamento imposto nel governo della Regione Calabria: «Presto ne vedrete i frutti, toccherete con mano i risultati». Lo ha ribadito, di recente, anche quando riavutosi dal colpo della strega (ma non dai postumi) ha liquidato quanti, nel partito e fuori dal partito, lo hanno esortato a darsi una regolata ad abbandonare il “Codice Pignanelli”, il “Lodo Catizone” e le “transumanze” di chi fa incetta di contributi pubblici in barba a liste, graduatorie e meriti, poggiandosi su yes-man che restano al loro posto nonostante il moltiplicarsi di indagini giudiziarie, avvisi di garanzia e richieste di rinvio a giudizio.
Non indietreggia: «Se mi chiameranno a rispondere delle mie scelte e delle persone a me vicino, quando mi chiameranno risponderò». L’autoreferenzialità eletta a norma con un partito che ormai si chiama fuori, un manipolo di consiglieri regionali annichilito ed incapace di andare oltre un sms di deplorazione, una giunta regionale che attende solo che qualcuno stacchi la spina.
Del resto, se a tre anni dal suo insediamento il governatore Oliverio non ha ritenuto di mettere fine alla precarietà dei direttori generali e men che meno al commissariamento degli enti di sotto governo regionale, anzi ha fatto della stagionalità dell’alta burocrazia una scelta gestionale, è chiaro che l’obiettivo non è, e forse non è mai stato, dare una svolta etica, sociale ed economica alla Regione più chiacchierata d’Italia ma gestire il carrozzone sostituendo al “cerchio magico” dei predecessori il proprio.
Come leggere diversamente la proroga di alcuni direttori generali di tre mesi in tre mesi, manco fossero stagionali come i bagnini. Oppure il consegnare ad altri sempre nuovi interim. O a ancora il mantenere in sella quanti sono al centro di indagini delicatissime e devastanti per l’economia e la programmazione calabrese?
Ed a proposito di cerchio magico, quello schierato in campo da Oliverio farebbe impallidire Matteo Renzi ed arrossire Bettino Craxi, giubilato da Rino Formica per molto ma molto meno. Va bene che il lupo è specie protetta, ma da qui a trasferire tutti i lupacchiotti da San Giovanni in Fiore a Germaneto ce ne vuole di improntitudine, quasi che gli altri quattrocento e passa comuni calabresi siano popolati da brocchi.
A tacere di Pignanelli e del suo non purpureo Codice, proviamo a scorrere l’elenco dei pretoriani piazzati a controllo del governatorato: Jeaninne Mannarino, cittadina di San Giovanni in Fiore, è stata prelevata dalla Provincia e messa a capostruttura del dipartimento Lavoro. Yvonne Spadafora, a dispetto del nome ma non del cognome, anche lei di San Giovanni in Fiore e anche lei proveniente dalla provincia presieduta da Oliverio, invece la troviamo capostruttura del dipartimento Programmazione. È di San Giovanni in Fiore anche Vincenzo Gentile, capostruttura dipartimento Presidenza. Poi c’è il mitico Gianfranco Straface, sempre cittadino di San Giovanni in Fiore, allocato nella struttura “Conti pubblici territoriali” ma anche Responsabile unico del procedimento nelle gare d’appalto più delicate. Mitica la sua presenza ai tavoli di programmazione quando si tratta di paralizzarne l’attività (chi ne ha voglia veda Hashtag con la nostra intervista al prof. Guarasci per averne un campione). Ed è di San Giovanni in Fiore anche Giuseppe De Luca, collocato nella Struttura Uoa Forestazione. Francesco Lopez, che ve lo diciamo a fare, di San Giovanni in Fiore è stato collocato nella struttura speciale dell’Ufficio di presidenza. Poi c’è Daniele Giovanni Bitonti che viaggia da San Giovanni in Fiore per raggiungere la Cittadella dove è capostruttura al dipartimento Personale.
Fermiamoci qui, risparmiando le seconde linee e sorvolando su cultura, teatro, danza, film commission che sono riserva di caccia privata. Dovrebbe bastare per riempire di fatti quello che quanti scarseggiano di argomenti tentano disperatamente di mimetizzare, cercando di buttare tutto in caciara o retrocedere a livello di “attacchi personali”. Non funziona più la storiella, in verità neanche inedita visto che amava raccontarla ovunque anche Peppe Scopelliti, della delegittimazione frutto di chissà quale lobby o elaborazione di chissà quale “obbedienza”. Così come non funziona più l’alibi della “pesante eredità”. Esistono i fallimenti programmatici. Esistono le incompetenze professionali. Esiste il timore che se qualcuno è poco poco più bravo rischia di fare ombra. Esistono i malgestiti innamoramenti senili.
Di questo stiamo parlando e non più di politica. Ne prendano atto Coniglio Mannaro e quanti con lui pensano che i conti, alla fine, li paga l’oste. Non è così. Passata l’ubriacatura delle primarie arriveranno le elezioni vere. A cominciare dalle amministrative di Catanzaro, città capoluogo.
Tantomeno possono sperare che sia l’arbitro a segnare la fine dei giochi. Quando i cartellini rossi cominciano ad essere tanti, il rischio che la partita finisca anzitempo diventa altissimo. E in tal caso negli spogliatoi vengono spediti tutti, anche quelli che stavano seduti in panchina.

direttore@corrierecal.it

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