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La Calabria non è un paese per giovani

Le pagine dei quotidiani nazionali e regionali,quasi ogni giorno, sono piene di articoli pieni di lagnanze per la mancanza di lavoro al Sud, ed in Calabria in particolare. Solo rare volte vengono r…

Pubblicato il: 31/03/2017 – 11:38

Le pagine dei quotidiani nazionali e regionali,quasi ogni giorno, sono piene di articoli pieni di lagnanze per la mancanza di lavoro al Sud, ed in Calabria in particolare. Solo rare volte vengono raccontate storie di successi meridionali, in Italia o all’estero. E questo perché non è possibile inventare: se i fatti sono ostinati, come lo sono, non si può inventare. E poi a che pro? È giusto rilevare che i ragazzi, laureati e con master, non riescono a trovare un posto di lavoro, nella speranza , che politici, innanzitutto, ma anche imprenditori, si ingegnino, per sbloccare questa che, assieme a cento altre problematiche, costituisce il problema principale.
Certo, c’è Gioia Tauro, c’è l’aeroporto di Reggio, ma anche quello di Crotone, la gestione del territorio, ma la questione dei giovani senza lavoro, costituisce il nodo da sciogliere che si trova al primo posto. Cosa ce ne facciamo, ipoteticamente, di quattro università quando sforniamo laureati destinati in gran parte a restare disoccupati.
Il titolo di studio è vitale ma se poi non dà sbocchi? In questi giorni, si sono occupati delle questioni dei senza lavoro e dei risultati di successo sia la Repubblica che il Corriere della Sera. Nella nuova recente rubrica “Invece Concita”, il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari, attraverso Concita De Gregorio ha posto all’attenzione dei lettori la questione dei trentenni senza lavoro con due storie reali. Federica e Valeria. Una vive in Italia e, per disperazione, pensa di partire. L’altra vive a New York e racconta la rassegnazione di non poter tornare. «in mezzo – dice Concita De Gregorio – c’è un Paese che, a due ragazze brillanti, serie, piene di progetti non dà un posto, perché, quel posto non c’è!».
Federica, sposata con Alessandro, aspetta un bambino. Lavorano entrambi (il marito fa anche un secondo lavoro). Guadagnano talmente poco che, tra mutuo, tasse, condominio, bollette, qualche pranzo o cena, il loro conto è quasi sempre in rosso. Mai una sera fuori, i cinema li guardiamo dalla strada, le vacanze non esistono. «Amiamo l’Italia – dice Federica – ma è un amore non corrisposto».
I due trentenni pensano di trasferirsi all’estero, ma si pongono il problema dei genitori, ormai anziani, che non si sentono di lasciare soli. E quindi “vivono” nella speranza che qualcosa di positivo possa accadere. E Federica, che ovviamente, non conosce la storia di Valeria , a 33 anni, dice di vivere in un limbo senza via d’uscita. Si è trasferita in America, nella speranza, di risolvere, una volta il problema. Invece? Sto lavorando, aggiunge alla rubrica “Invece Concita” in un ristorante, in nero, senza alcun tipo di contratto e con stipendio da vergogna. «Non so cosa siano un permesso di malattia, le ferie pagate, la tredicesima. Eppure con la conoscenza perfetta dell’inglese e la laurea americana ero convinta di mangiarmi il mondo». Invece,Valeria è bloccata in America, non si può muovere, non sa dove sbattere la testa, vorrebbe tornare in Italia e stare a casa perche, dice, guadagnerei di più, visto che il mio qui, è uno stipendio da fame (pur lavorando in un ristorante.)
Vorrebbe che il suo paese, le offrisse una vita decente e mentre il tempo passa,la speranza diventa rassegnazione.
Donatella , di Cosenza, ha vissuto, dopo la prima laurea ad Arcavacata, per motivi di studio e di lavoro, va in Germania, lavoricchia, la mantiene il padre, e consegue una seconda laurea, sempre in materie economiche. Lascia la Germania e va in America, convinta di trovare, nella grande Mela, possibilità di affermazioni concrete. Finisce nella zona di Harvard e trova occupazione in un’azienda di biciclette. Guadagna pochissimo, ma almeno ha perfezionato il suo inglese-americano, teoricamente foriero di maggiori successi. Poi per la concorrenza di altri laureati di tutto il mondo, per una questione del pagamento del “visto” decide di tornare. « Perché devo stare qui ad occuparmi di biciclette», si chiede. E torna a Cosenza dove adesso lavora nell’azienda di famiglia, pressocché sconosciuta ai calabresi, e gestisce col padre ed il marito un’azienda di arredamento-tappezzeria per macchine d’epoca (sì avete inteso bene!).
Azienda che lei, con le capacità e l’esperienza acquisita, ha contribuito a trasformare. E non è pentita, adesso. Certo quando era in America…
Poi c’è Antonella, laurea alla Bocconi, in Economia, comunicazioni, arte, cultura e turismo. A Milano, nonostante in molti le avessero detto che avrebbe dovuto essere ben felice del raro titolo di studio conseguito, non ha trovato qualcosa da fare di confacente alla laurea! E per sbarcare il lunario, si è accontentata, di… un meglio che niente. Centinaia di curricula spediti, ma senza risposta alcuna. Case di moda, musei, enti pubblici? Nessuno! Proprio nessuno! Ed al pari di Federica e Valeria, a 28 anni, è disperata, non rassegnata e… spera!
Nel primo numero di “L’economia”, il nuovo settimanale del Corriere della Sera, c’è raccontata la storia, davvero incredibile di una coppia, originaria di Napoli. Stefano Pessina e Ornella Barra. Hanno creato, partendo da una farmacia, il colosso della distribuzione farmaceutica. Un vero e proprio impero “Wallgreen Boots Alliance”, con 400 mila dipendenti ed un fatturato di 117 miliardi, con vendite in 20 paesi del mondo. Poi c’è l’elenco dei primi cinquanta manager italiani,con stipendi che nessuno può,nemmeno lontanamente, immaginare! Sono nomi come Salini, Bertelli, Marchionne, Pesenti, Elkann. Nessun calabrese, proprio nessuno Gli unici citati, sono in aziende pubbliche, Domenico Arcuri e Gianni De Gennaro. Il Corriere aveva promesso che avrebbe pubblicato le mail per i curricula, ma fino ad oggi, i giovani -calabresi e non – aspettano. Ma a chi bisogna rivolgersi? A chi ti dà il calcio nel…. Non c’è più o non ha voglia. Ci sono diatribe, congressi, potere. Altro che disoccupazione giovanile! E non basta avere una ciabatta del Machiavelli!

*giornalista

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