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Inchieste a Vibo e Paola, la replica di Pubbliemme

Gentile direttore e giornalisti del Corriere della Calabria, rinunciamo alla tipica retorica da replica e/o rettifica e andiamo ai punti dell’articolo “Le due inchieste che imbarazzano Pubblie…

Pubblicato il: 06/04/2017 – 13:07
Inchieste a Vibo e Paola, la replica di Pubbliemme

Gentile direttore e giornalisti del Corriere della Calabria, 
rinunciamo alla tipica retorica da replica e/o rettifica e andiamo ai punti dell’articolo “Le due inchieste che imbarazzano Pubbliemme”, che con grande evidenza è stato pubblicato stamani dalla vostra testata. 
Partiamo dalle foto che ritraggono il presidente del gruppo Domenico Maduli con due tra i principali indagati dell’inchiesta “Robin Hood”, Gianfranco Ferrante e Vincenzo Spasari. Il rapporto del Ros – dal quale avete attinto per la vostra ricostruzione – dice soltanto una minima parte di quel che successe la mattina del 30 marzo 2015 a Vibo Marina, davanti agli uffici della nostra azienda. Non dice perché i due si presentarono quella mattina in Pubbliemme, non dice che c’era una terza persona in attesa, dietro l’angolo, non dice l’oggetto della “visita” dei due indagati. 
Il tutto nasce da una richiesta d’incontro pervenuta da Ferrante, che gestiva uno dei locali di ristoro più importanti della provincia, il Cin Cin Bar, del quale la nostra società è cliente. Ferrante si presentò con Spasari. L’incontro fu fugace tanto che non si consumò neppure negli uffici. “Risolvi il problema… Lui se ne deve tornare dov’era prima…”: il Ros ha sentito ed ha riportato correttamente ciò che venne detto al presidente Maduli. I carabinieri non hanno però captato il resto, il fulcro dell’incontro e la risposta alla loro pretesa. Non tutto, quindi, è riportato nel rapporto, ma auspichiamo vi siano ulteriori atti giudiziari, magari al momento coperti da segreto, che possano diventare ostensibili e dare la completa rappresentazione di quanto avvenne quel giorno.
Colui che – secondo i desiderata di Ferrante e Spasari – doveva tornare “dov’era prima” era il comandante della Polizia municipale di Vibo Valentia Filippo Nesci, che era stato sospeso dal suo ruolo in seguito ad un provvedimento adottato dall’allora prefetto di Vibo Valentia Giovanni Bruno. I due facevano presente che lo stesso Nesci li aspettava dietro l’angolo in un’auto e attendeva un cenno di disponibilità del presidente Maduli per aggregarsi alla discussione. Ferrante e Spasari chiedevano che il presidente Maduli intercedesse, attraverso le sue conoscenze politiche e istituzionali, per consentire che il comandante rimosso tornasse al vertice della Polizia municipale. A tale richiesta il presidente Maduli rispose rifiutandosi di andare oltre nella discussione e, quindi, di mettersi a loro disposizione. I due, quindi, si congedarono. Tant’è che l’incontro durò pochi minuti.
Questa vicenda si lega al calvario vissuto da Pubbliemme sin dal 2011 sul territorio di Vibo Valentia. Pubbliemme si vide recapitare diverse ordinanze di rimozione dei suoi impianti pubblicitari, proprio con provvedimenti assunti dall’amministrazione comunale di Vibo Valentia, dalla Polizia municipale e dallo stesso Nesci. Ritornato, poi, Nesci, certamente per altre vie, al comando della Polizia municipale, la nostra azienda è stata poi ulteriormente vessata con altre azioni, fino ad arrivare alla demolizione di alcune sue strutture pubblicitarie, salvo vincere la battaglia giudiziaria davanti al Consiglio di Stato, che ha fatto piena luce sull’illegittimità di tutte le iniziative intraprese contro di essa.  Sono cose, queste, in parte già note alle autorità inquirenti di Catanzaro. A maggior ragione, adesso, faremo presente alla Direzione distrettuale antimafia e agli inquirenti, anche il resto. Per il momento, questo scritto potrà essere certamente acquisito per le attività investigative passate, presenti e future.
Pertanto, le foto che con grande evidenza avete pubblicato, ricamandoci su un testo che definire suggestivo e denigratorio è poco (specie alla luce della realtà completa e non di una parziale rappresentazione della realtà stessa), dimostrano che il Gruppo Pubbliemme e il presidente Maduli sono semmai vittime e non complici di certi personaggi. 
Andiamo a Publidei. Qui abbiamo davvero poco da dire e certamente non perché ci sia qualcosa da nascondere. Seguiamo con attenzione l’inchiesta di Paola e auspichiamo che la Procura faccia al più presto chiarezza su tutto. Come avete specificato, la società Pubbliemme è estranea ad ogni contestazione. Con la Pubblidei è esistito esclusivamente un rapporto di tipo imprenditoriale, alla stregua di decine di rapporti imprenditoriali che la società Pubbliemme ha in essere ed ha intessuto nei suoi sedici anni di attività in tutta Italia. I nostri rapporti sono tutti sempre stati trasparenti e tracciabili e, da questo punto di vista, assicuriamo di aver sempre superato ogni esame. A questo punto, vi chiediamo: tutto questo giustifica la rappresentazione che è stata proposta ai vostri lettori e che – conoscendo noi bene i meccanismi dei media e dei social – rischia di gettare fango e discredito su un imprenditore perbene, sulle sue aziende, su tutto il personale che in esse operano con immani sacrifici quotidiani, mettendoci impegno, passione e correndo seri rischi per la propria incolumità (li conoscete bene alcuni vostri colleghi che operano nelle nostre testate)? 
Ovviamente a tutela del buon nome della nostra azienda e di coloro che vi operano, diamo mandato ai nostri legali per valutare le vie giudiziarie da adire. 
Nonostante tutto, nonostante le difficoltà, nonostante le aggressioni anche mediatiche alle quali, ciclicamente, questo gruppo è costretto a far fronte, possiamo assicurare che non è nostra intenzione mollare.

Gruppo Pubbliemme

***

Nel nostro articolo non c’è proprio nulla di suggestivo né di aggressivo, solo un elenco di fatti oggettivi che Pubbliemme non smentisce perché non può. Per il resto, il contenuto della rettifica – compreso il tentativo di farsi “scudo” con la professionalità di colleghi che non abbiamo nemmeno sfiorato nella nostra ricostruzione – si commenta da sé. Le vicende degli editori riguardano gli editori, tentare di utilizzare il corpo redazionale è indice di debolezza e di scarso rispetto per i propri giornalisti. (Corriere della Calabria)

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