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Vessavano imprenditore, pene confermate in Appello

CATANZARO Confermate anche in appello le sei condanne comminate in primo grado, con rito abbreviato, nel processo “Insomnia”  che prese piede dall’omonima operazione messa a se…

Pubblicato il: 06/04/2017 – 18:33
Vessavano imprenditore, pene confermate in Appello
CATANZARO Confermate anche in appello le sei condanne comminate in primo grado, con rito abbreviato, nel processo “Insomnia”  che prese piede dall’omonima operazione messa a segno il 25 novembre del 2014 dai carabinieri del reparto operativo di Vibo Valentia, coordinata dalla Dda di Catanzaro, su un grave caso di usura che stava distruggendo la vita di un imprenditore, Giuseppe Baroni, commerciante di abbigliamento e oggetti preziosi.
Le condanne riguardano Gaetano Antonio Cannatà, condannato a sei anni di reclusione; Francesco Cannatà, quattro anni di reclusione; Damiano Pardea, tre anni e quattro mesi; Alessandro Marando, tre anni di reclusione; Salvatore Furlano, cinque anni e Giovanni Frazé, quattro anni di reclusione. Così come in primo grado aveva disposto il gup Giuseppe Perri, la corte d’appello, presieduta da Giancarlo Bianchi ha disposto il risarcimento delle parti civili che liquida in 2.500 euro per la parte offesa, rappresentata dall’avvocato Michele Gigliottti, e 1.500 euro per la fondazione antiusura “Interesse uomo” guidata da don Marcello Cozzi e seguita dal legale Josè Toscano.
 
LA VICENDA DI GIUSEPPE BARONI La vita di Giuseppe Baroni era stata distrutta dall’usura, il suo lavoro annientato dalle continue richieste di denaro. I prestiti che chiedevano avevano tassi altissimi e accordi capestro che prevedevano, nel caso di mancata restituzione della somma entro i termini stabiliti, ulteriori interessi del 10% mensili. Ogni richiesta veniva fatta sfruttando il cosiddeto “metodo mafioso”, facendo riferimento, come tecnica di intimidazione alla provenienza dei capitali erogati da soggetti legati alla criminalità organizzata. Le minacce fatte a Baroni avevano un sapore che non lascia scampo. A giugno del 2014, secondo quanto ricostruito dagli investigatori, Cannatà e Pardea si erano recati a casa dell’imprenditore e Cannatà lo aveva apostrofato con una frase minatoria: «Per colpa tua sto facendo brutta figura con tutte le persone, vedi di onorare gli impegni presi altrimenti qui diventa come il giorno dei morti».
Dopo anni senza prendere pace, dal 2010 al 2014, Giuseppe Baroni ha deciso di denunciare il proprio calvario, con il sostegno della Fondazione, e di raccontare ogni cosa agli inquirenti che, effettuati i dovuti riscontri, hanno trascinato a processo gli imputati.
 
Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it

 

 
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