CATANZARO Il destino della corsa a sindaco di Catanzaro potrebbe essere determinato da Reggio Calabria. Il processo “Erga Omnes”, meglio conosciuto come “Rimborsopoli”, è infatti entrato nella fase delle udienze preliminari. Tra gli interessati, c’è anche Enzo Ciconte, leader della coalizione di centrosinistra che punta a conquistare lo scranno più alto di Palazzo De Nobili nelle consultazioni del prossimo 11 giugno. L’inchiesta, secondo la ricostruzione del gip Olga Tarzia, aveva fatto «una gestione gravemente omissiva in punto di controlli successivi sui titoli di spesa, sia nel caso di anticipazione di fondi che di riconoscimento postumo della legittimità della spesa mediante rimborso, deliberatamente funzionale a rendere possibile, perpetuandolo, un sistema di utilizzazione di fondi pubblici a destinazione vincolata, secondo schemi collaudati nel nostro Paese, ispirato a un esercizio tracotante del potere, che tradisce anche sicurezza di impunità».
Ciconte aveva già restituito le somme per cui gli erano state mosse le contestazioni, ma per per lui era stata comunque richiesta l’imputazione coatta. Nell’udienza preliminare del 30 marzo scorso, gli avvocati di alcuni degli indagati avevano sollevato l’incompetenza territoriale, ma nell’udienza successiva che si è tenuta lo scorso 6 aprile, il gup ha rigettato l’istanza. In più ha fissato un fitto calendario per le udienze preliminari in cui, con ogni probabilità, si discuterà del rinvio a giudizio degli indagati. In quattro giorni, 5, 6, 7 e 9 giugno prossimi, si deciderà se e quali di essi saranno rinviati a giudizio. La tempistica fa diventare quindi la vicenda una vera e propria bomba ad orologeria che potrebbe detonare a poche ore dal voto amministrativo e influenzarlo pesantemente. Dopo Sergio Abramo, rinviato a giudizio per la vicenda “Multopoli”, Catanzaro potrebbe ritrovarsi con il secondo candidato a sindaco sui quattro attualmente in corsa (gli altri sono Nicola Fiorita per “Cambiavento” e Bianca Laura Granato per il M5S) con una posizione da chiarire davanti ai giudici.
L’eventuale rinvio a giudizio, in ogni caso, non determinerà la sopravvenienza dell’ineleggibilità o dell’incandidabilità per Ciconte, né per l’ordinamento nazionale né per il codice etico del Partito democratico. Quest’ultimo, infatti, prevede che il partito si impegni a non candidare nessuno nei cui confronti si stato emesso un decreto che dispone il giudizio, ma solo nel caso in cui ciò sia avvenuto entro la data di convocazione dei comizi elettorali. In questo caso, quindi, entro l’11 maggio.
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