LAMEZIA TERME Pezzi di lamiera sparsi ovunque, anneriti, bruciati. Qualcuno la scorsa notte si è preso la briga di raccogliere le parti di quella che sembra un’automobile smembrata e gettarli oltre la bassa recinzione che circonda il terreno de “Le agricole”, cooperativa di agricoltura sociale della comunità Progetto Sud, una comunità finita più volte nel mirino dei clan di Lamezia Terme. «Nella promessa-minaccia che ci è stata fatta anni fa dai clan (“non avrete mai pace”) probabilmente rientrano anche atti incomprensibili come quello della scorsa notte. Ma al momento non mi sento di dire altro perché aspettiamo di capirne la matrice, che può essere mafiosa o di delinquenza comune», afferma don Giacomo Panizza fondatore e responsabile di Progetto Sud. Immediata la denuncia ai carabinieri della Compagnia di Lamezia Terme i quali, nell’attesa di ulteriori riscontri, hanno classificato l’atto subito come danneggiamento. Di certo è un atto che denota disprezzo, un gesto volontario, la volontà di deturpare e di sporcare. Le ragioni sono al momento incomprensibili. La comunità Progetto Sud è stata creata negli anni Settanta. Don Giacomo Panizza aveva 28 anni e arrivava da Brescia «dopo aver conosciuto – scrive nel suo ultimo libro “Cattivi maestri” – alcuni giovani con disabilità che in Calabria non trovavano risposte adeguate ai loro bisogni di assistenza». Così nasce l’idea di creare in Calabria i servizi che spesso chi aveva handicap era costretto a elemosinare fuori regione. La comunità non si è mai piegata alla logica mafiosa, ormai radicata in città. Nessuna “donazione” per gli affiliati ai clan in carcere e inoltre l’occupazione di una casa che lo Stato aveva confiscato a una famiglia mafiosa. Una serie di gesti inaccettabili per i clan che hanno minacciato in più occasioni la comunità e il suo responsabile. E quando non ci sono i clan ci sono gli atti vandalici, quasi la firma di una cattiva coscienza che serpeggia e a volte agisce a Lamezia Terme.
Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it
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