La realizzazione delle fusioni, oltre che intervenire favorevolmente nella gestione dei Comuni, andrà ad incidere sulla geografia istituzionale e sulle dinamiche politico-elettorali. Ciò in quanto i nuovi enti, frutto delle politiche aggregative che la Regione andrà di qui a poco a determinare, assumeranno strutture amministrative più forti e un più importante ruolo istituzionale. Avranno, così, modo di attrarre maggiori risorse pubbliche e private.
Di conseguenza, le rinnovate rappresentanze, intendendo per tali quelle preposte alla conduzione dei nuovi enti, andranno ad acquisire una maggiore importanza nei bacini elettorali, tali da contare molto di più nella pretesa di rappresentatività nelle competizioni elettorali funzionali a selezionare la deputazione parlamentare nazionale e i consiglieri regionali. Non solo. Avranno il modo e i mezzi necessari per pretendere contrattualità, diretta e indotta, con l’istituzione comunitaria.
Proprio per questo motivo, le politiche di riordino territoriale e quelle aggregative e di riordino del sistema autonomistico regionale dovranno acquisire la priorità nell’attività di governo della Regione. Sarà, pertanto, l’occasione per dimostrare il suo attivo protagonismo in tema di riforme strutturali, ma anche il modo per farlo bene e, mi spingo a dire, meglio delle altre che, al riguardo, non hanno brillato sino ad oggi.
Un’aspettativa che – in una ad una più coraggiosa riorganizzazione della burocrazia regionale – determinerà un assetto operativo più efficiente della pubblica amministrazione calabrese, tale da fare divenire la nostra regione più attrattiva per gli investitori domestici e stranieri, ma anche per i giovani, che rinunceranno così ad andare via maturando la concreta speranza di trovare qui ciò che sono costretti a cercare altrove. Un obiettivo, quest’ultimo, conseguibile dimostrando l’esistenza di quella politica che non c’è mai stata, interessata peraltro a generare una burocrazia sufficientemente attrezzata e scevra da condizionamenti.
Ritornando alle politiche di riordino del sistema autonomistico e a quelle aggregative, è appena il caso di sollecitare l’elaborazione di strumenti legislativi all’altezza della situazione in tema di fusioni, evitando il più possibile di inciampare nelle gaffe del tipo quelle concretizzatesi nel definire le procedure referendarie consultive ivi compresa la traduzione dei loro esiti. Un episodio che ha procurato alla Calabria un’ulteriore figuraccia, quasi come se vi fosse un Consiglio ignaro della Costituzione.
Insomma, in una regione – che conta 409 Comuni, di cui 257 al di sotto dei 3.000 abitanti con un macroscopico bisogno di aggregazione, pena il venir meno della loro autosufficienza lato sensu – c’è un bisogno estremo di codificare l’istituto principe della fusione. Il tutto, nell’ovvia simultanea regolazione del riordino del sistema autonomistico locale, anche nell’ottica di anticipare l’entità ideale dell’area vasta. Un modo per ridisegnarlo in funzione del migliore esercizio delle deleghe da assegnare alle autonomie locali, ma soprattutto per definire aree omogenee ove favorire la creazione dei nuovi comuni, incentivandone economicamente la formazione, con l’individuazione delle opportunità finanziarie dall’utilizzazione ad hoc dei Fondi comunitari. Un tale intervento, infatti, è tendente a generare un quadro istituzionale stabilmente inteso ad affrontare le nuove sfide cui la Calabria sarà chiamata. Pertanto, finanziabile perché finalizzato al rafforzamento della Pa territoriale attraverso il conseguimento di una maggiore efficienza dei processi organizzativi e di una gestione più moderna, funzionale a motivare e qualificare la burocrazia.
Concludendo. Dal momento che la fusione determina l’estinzione degli enti locali che la propongono, ogni eliminazione di quorum – così come avvenuto di recente in Calabria – costituisce una lesione grave della rappresentanza, ciò in quanto non è dato concepire che i pochi che vanno al voto hanno la facoltà di scegliere del futuro di tutti. Non ripristinare la sua presenza, equivale a schiacciare la democrazia ad esclusiva tutela di chi ha in animo di intestarsi, comunque, la paternità di un risultato, prescindendo dalla sua utilità sostanziale.
*Docente Unical
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