LAMEZIA TERME Nel mare magnum del terremoto giudiziario che ha scosso le fondamenta della Sacal c’è un’accusa che mette insieme imprenditori e amministratori della società. Tutti insieme appassionatamente per rendere possibile una nomina al di là di ogni merito: quella di Pierluigi Mancuso, direttore generale scelto nel febbraio 2013 con una procedura che la Procura di Lamezia contesta in toto. Lo stesso iter era diventato una copertina dell’edizione cartacea del Corriere della Calabria, con un titolo evocativo: Confinciucio (potete scaricare il servizio in coda a questo pezzo).
Il riferimento era, ovviamente, ai giochi di potere – un misto politica-imprenditoria nel quale era la seconda ad agire a viso aperto – che si erano materializzati nel consiglio d’amministrazione per concretizzare la nomina dell’imprenditore che, all’epoca, sedeva nel cda di Sacal. Nessuno aveva obiettato, a parte il Comune di Lamezia Terme, a quei tempi gestito dal Gianni Speranza, che si era ritagliato il ruolo di rompiscatole in stanze dei bottoni abituate ad andare avanti a colpi di unanimità.
La questione viene riepilogata nella richiesta di misure cautelari firmate dai pm lametini. Per loro, il presidente Massimo Colosimo e i membri del cda di allora Floriano Noto (imprenditore nel settore della grande distribuzione), Giuseppe Gatto (uno dei più importanti costruttori catanzaresi), e Giampaolo Bevilacqua (ex consigliere provinciale di Catanzaro, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa) si sarebbero messi d’accordo per scegliere con una finta selezione il dg Mancuso, nominato il 19 febbraio 2013. La contestazione arriva dopo una approfondita lettura del regolamento interno di “selezione del personale” che, per le figure apicali, prevedeva prove scritte di cultura generale, test di lingua straniera, test psicoattitudinali e assessment di gruppo, «nonché un secondo colloquio di tipo tecnico». Troppo disturbo per il cda, che ha scelto invece di nominare Mancuso «attraverso una mera selezione dei curriculum pervenuti effettuata dal solo presidente Massimo Colosimo, il quale arbitrariamente selezionava i profili ritenuti idonei (2 su 54) senza compilare alcuna griglia di valutazione, senza indicare i criteri utilizzati per la scelta». Una selezione “agile”. D’altra parte chi scegliereste per dirigere il più importante aeroporto calabrese: un manager che ha già una buona esperienza nel settore o un ex commissario straordinario dell’Afor con una condanna della Corte dei conti nel curriculum? Domanda pleonastica in tutto lo Stivale. Non in Calabria, dove per sbaragliare la concorrenza più che i titoli servono buoni addentellati con la politica e l’imprenditoria catanzarese. Qualità nelle quali Pierluigi Mancuso non era secondo a nessuno. Tutto si può, in nome della spartizione del potere. Almeno fin quando non arrivano le Procure, perché aspettare che se ne occupi la politica è tempo perso.
Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it
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