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Terremoti, scoperti nel Pollino i movimenti "silenziosi" delle faglie

LAMEZIA TERME Individuati per la prima volta in Italia i movimenti “silenziosi” delle faglie, quelli che avvengono molto lentamente e senza provocare terremoti: sono stati registrati dai satelliti …

Pubblicato il: 12/04/2017 – 16:16
Terremoti, scoperti nel Pollino i movimenti "silenziosi" delle faglie

LAMEZIA TERME Individuati per la prima volta in Italia i movimenti “silenziosi” delle faglie, quelli che avvengono molto lentamente e senza provocare terremoti: sono stati registrati dai satelliti radar e dalle stazioni Gps nella zona del Pollino e permettono di spiegare perché, rispetto al resto dell’Appennino, in quest’area i terremoti di magnitudo elevata sono meno frequenti. La ricerca, pubblicata sulla rivista Scientific Reports, è stata condotta da Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) e Istituto per il rilevamento elettromagnetico dell’ambiente del Consiglio nazionale delle ricerche (Irea-Cnr) in collaborazione con il dipartimento di Protezione Civile. I dati sono stati raccolti grazie ai satelliti radar della costellazione Cosmo-SkyMed dell’Agenzia Spaziale Italiana (Asi) e dalle stazioni Gps della rete Ring dell’Ingv.
I dati hanno permesso di analizzare la lunga sequenza sismica avvenuta fra il 2010 e il 2014 nella zona del Pollino, compresa fra tra Calabria e Basilicata. «I dati satellitari – ha osservato Eugenio Sansosti, dell’Irea-Cnr – hanno garantito un elevato dettaglio nello spazio e nel tempo permettendoci di misurare deformazioni del suolo anche molto piccole e lente». È emerso che sono avvenuti contemporaneamente due tipi diversi di movimenti delle faglie: da un lato le fratture della crosta terrestre che accadono in pochi secondi e scatenano i terremoti; dall’altro i movimenti lenti, che richiedono settimane o mesi, che non generano terremoti e che per questo vengono chiamati scorrimenti asismici.
«Negli ultimi anni – ha detto il primo autore, Daniele Cheloni dell’Ingv – è stato evidenziato che le sequenze sismiche di terremoti di bassa magnitudo sono spesso accompagnate da scorrimenti asismici, anche se la mancanza di un numero sufficiente di misure di deformazione del suolo durante tali sequenze ha impedito, finora, la verifica di questa ipotesi nell’area italiana». Per il coordinatore della ricerca, Nicola D’Agostino, dell’Ingv, questo movimento lento contribuisce «al rilascio di una parte dell’energia che verrebbe altrimenti liberata dai terremoti». Si spiegherebbe allora perché, ha aggiunto, «rispetto al resto dell’Appennino, i terremoti di magnitudo più elevata sono relativamente meno frequenti nell’area del Pollino».
La scoperta è stata possibile anche grazie alle tecniche sviluppate dall’Irea-Cnr per elaborare i dati satellitari che, ha detto Gianfranco Fornaro, dell’Irea-Cnr, hanno permesso ”di risalire alle variazioni nel tempo del segnale di deformazione» e la cui affidabilità è stata confermata dal confronto dei risultati con i dati Gps. (Ansa).

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