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Sacal? Per la politica non è successo niente

Se andate sul sito ufficiale della Sacal, non è successo niente. Non è tuttavia una sorpresa, figurarci se era pensabile di trovare nello spazio della “Rassegna stampa” la cronaca del terremoto giu…

Pubblicato il: 14/04/2017 – 13:30
Sacal? Per la politica non è successo niente

Se andate sul sito ufficiale della Sacal, non è successo niente. Non è tuttavia una sorpresa, figurarci se era pensabile di trovare nello spazio della “Rassegna stampa” la cronaca del terremoto giudiziario che ha portato agli arresti i vertici della società e vede inquisito per intero il suo consiglio di amministrazione. Troppa trasparenza, troppa informazione per un sito ufficiale dove, se cliccate sulla finestra che dovrebbe dare conto della “Società trasparente”, vi imbattete nella dicitura: “Sezione in fase di allestimento/aggiornamento in attuazione delle disposizioni in materia di trasparenza e diffusione di informazioni ex D.Lgs. n.33 del 14/03/2013 e ss.mm.”.
Si apre, invece, lo spazio che immette alla sezione “Lavora con noi” ed è il trionfo della menzogna, un monumento all’impostura, il palesamento del peggiore cinismo politico-istituzionale in danno dei calabresi, giovani e non, in cerca di un lavoro. Assicura la Sacal nel suo sito: «La selezione del personale e le modalità di accesso all’impiego nella Sacal Spa sono disciplinate dalla procedura “Selezione e Gestione del Personale (PG04)” allegata al Modello di organizzazione Gestione e Controllo adottato dalla Società ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001. In osservanza della Policy Privacy e di sicurezza dei dati personali gli uffici non accettano i curricula in forma cartacea, recapitati a mano o per posta, al di fuori delle procedure selettive avviate con avviso, e sono tenuti alla relativa distruzione».
Nelle intercettazioni della guardia di finanza i mercanti di posti e voti usavano ben altro linguaggio: «Poi ho una richiesta del sindaco – dice a un certo punto Ionà –, non mi chiedete e non mi fate troppe domande, però penso che questo glielo puoi fare». E Colosimo assicurava: «Il presidente Oliverio ne ha segnalati dieci». Uno è toccato al presidente della Provincia Enzo Bruno. Ben tre alla famiglia Scalzo. Altro che “Garanzia giovani”: i garantiti erano solo quelli che potevano contare su uno sponsor dentro, fuori o attorno al consiglio di amministrazione della Sacal. Persino Santa Romana Chiesa era invitata al banchetto: un giovane era stato segnalato dal vescovo di Lamezia Terme (con buona pace dei documenti sulla legalità varati dalla Conferenza episcopale calabra), ma siccome aveva anche altri tirocini, rinunciò alla Sacal per collocarsi altrove, sempre in quota “Garanzia giovani” e sempre in barba a qualsivoglia obiettività.
Tuona il governatore Mario Gerardo Oliverio, quello che con la ‘Nduia e col Torrone salverà questa regione: «Sono certo che l’azione della magistratura farà piena luce sulla gestione di Sacal e, per questo, non può che essere salutata positivamente». Nulla dice su quello che intende fare lui. E soprattutto fa finta di non capire che la magistratura ha già fatto luce sul come era gestita la Sacal e sul come funziona “Garanzia Giovani”. Proviamo a rinfrescargli la memoria, riportando l’ordinanza del gip di Catanzaro in uno dei passaggi dove descrive la mala gestione dei fondi comunitari destinati a finanziare “Garanzia giovani”.
«Taluni soggetti, nell’ambito del Pon, hanno addirittura avuto la possibilità di scegliere presso quale azienda ospitante effettuare la formazione a spese dello Stato a discapito di centinaia di giovani disoccupati che non avevano alle loro spalle personaggi come gli odierni indagati. Nella gestione, i pubblici amministratori, hanno violentato tutti i principi sanciti dall’articolo 97 della Costituzione». Altro che imparzialità della pubblica amministrazione. Il quadro che ritrae l’opera della Regione Calabria, caro presidente Oliverio, per dirla con le parole dei magistrati, «consegna un sistema di malaffare costituito dalla “raccomandazione”, atto illecito, che deve essere necessariamente effettuata da quella lobby di potere che soffoca le speranze di centinaia di persone».
Luce fatta, dunque, da parte della magistratura. Sul metodo non c’è nulla da scoprire o da accertare, l’indagine va avanti solo per individuare e colpire le responsabilità personali, i fatti penalmente rilevanti ma sulla gestione illecita, illegale e clientelare di “Garanzia giovani” c’è quanto basta per accertare nomi, fatti, responsabilità che ormai non sono più dei singoli, ma allocano nell’azione di un vertice politico che ha perso ogni residuo scampolo di credibilità rispetto agli impegni assunti, al cambiamento promesso, alle professioni di legalità di cui ha infarcito discorsi, dichiarazioni e comizi.
Quale altra “luce” deve fare la magistratura dopo che i riflettori accesi dalle procure di Cosenza, Catanzaro, Vibo Valentia, Reggio Calabria, Paola hanno già illuminato le porcherie, le grassazioni, gli sprechi, i peculati, gli abusi, le frodi, le collusioni di cui questo potere regionale si è già ampiamente macchiato?
Altro che cambiamento promesso e cattive eredità ricevute. Mario Oliverio, inzuccherato dal torrone di Bagnara e ringalluzzito dalla ‘nduia di Acri (chissà che ne pensano a Spilinga di questa traslazione gastronomica?), è riuscito a spingere tutti anche oltre il celebre atto di accusa pasoliniano: «Io so… ma non ho le prove». Oggi sappiamo ed ogni giorno che passa abbiamo nuove prove.

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