VIBO VALENTIA In 99 sono già partiti verso destinazioni come Piemonte e Trentino Alto Adige. Altri cento dovrebbero salire in serata a bordo dei pullman diretti al Nord, e la maggior parte degli altri li raggiungerà comunque nei prossimi giorni in diversi centri d’accoglienza di altre regioni. Secondo i piani redatti in queste ore, dunque, delle quasi 1200 persone sbarcate martedì in tarda mattinata al porto di Vibo Marina dovrebbero restare nel Vibonese solo circa un centinaio di minori non accompagnati. Gli operatori sanitari, le forze dell’ordine e i volontari sono ancora al lavoro per visitare, identificare e fornire un primo aiuto ai migranti raccolti nei tre capannoni allestiti nella zona industriale di Portosalvo su disposizione della Prefettura di Vibo, che ha coordinato le operazioni di quello che probabilmente è stato lo sbarco più consistente, in termini di numeri, mai avvenuto in provincia. Il rimorchiatore “Asso 29” ha infatti portato a Vibo circa 970 uomini e 180 donne, tra cui diverse in stato di gravidanza.
Tra i migranti sbarcati – a bordo c’era anche il cadavere di un 16enne probabilmente morto di stenti durante la traversata in mare – si sono registrate alcune criticità rispetto alle condizioni di salute che, in alcuni casi, hanno riguardato anche bambini. Ma il lavoro degli operatori del 118, delle forze dell’ordine e dei volontari della Croce Rossa e delle varie associazioni in prima linea sta garantendo, tra molti sacrifici e turni massacranti, che le operazioni successive allo sbarco vengano completate nel modo più dignitoso e sicuro possibile.
UN BUSINESS PER POCHI Anche questa volta, insomma, il lavoro dei soccorritori vibonesi si è rivelato straordinario in termini di solidarietà e impegno. Resta però un problema tuttora aperto, specie in una provincia che negli ultimi anni – si parla di oltre 11mila persone dal 2014 ad oggi – è stata numericamente tra le prime in Italia per il fenomeno degli sbarchi: l’accoglienza è diventata un business per molti che hanno finito per fare dell’emergenza un vero e proprio sistema. Un sistema reso appetibile dalle centinaia di migliaia di euro che ogni anno ruotano attorno all’accoglienza di profughi e richiedenti asilo e che, nel Vibonese, sembra ormai cristallizzato su alcune realtà – cooperative o associazioni – che fanno puntualmente la parte del leone e, direttamente o indirettamente, spesso sono anche legate a doppio filo ad ambienti della politica locale .
GLI SPRAR E I CAS Dei 50 Comuni del Vibonese solo in 6, stando ai dati ufficiali del Servizio centrale del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, hanno messo in piedi dei progetti Sprar: Arena (80 posti), Fabrizia (18 per minori non accompagnati), Filadelfia (25), Mileto (24), San Gregorio d’Ippona (30), Vibo (40). Per il resto, le amministrazioni comunali sembrano non volersi occupare più di tanto di questo problema che invece alcuni (è noto l’esempio di Riace, ma non è certo l’unico in Calabria) hanno saputo trasformare in risorsa.
Resta allora l’affidamento dei migranti ai Cas, i Centri d’accoglienza straordinaria: sulla carta dovrebbero essere l’ultima spiaggia ma, visto che quasi sempre i Centri governativi, regionali e comunali a cui rivolgersi in prima battuta o non ci sono o sono già pieni, diventano sempre più spesso la “regola” attraverso cui l’emergenza diventa, appunto, un sistema statico, improntato all’assistenzialismo, nonché emblema di un’accoglienza mai veramente mirata verso una pur minima forma di integrazione sociale.
I due principali Cas del Vibonese sono a Briatico e a Brognaturo. In entrambi casi i migranti vengono ospitati in strutture turistiche dove non sono mancati, negli ultimi anni, episodi di tensione sia tra gli stessi ospiti che nei confronti del personale delle cooperative che gestiscono i Centri. A Brognaturo, per esempio, nel dicembre dell’anno scorso un pachistano 18enne e un ghanese 21enne sono stati arrestati perché trovati in possesso di poco meno di mezzo chilo di marijuana – ma non è dato sapere come una tale quantità sia arrivata nel Centro e nella disponibilità dei due –, mentre appena due mesi dopo una lite tra due giovani è costata la vita ad Amadou Diarra, un 24enne del Mali morto dissanguato dopo essere caduto su una porta-finestra che era stata infranta durante la colluttazione con un suo connazionale.
I MINORI NON ACCOMPAGNATI Proprio quella dei minori non accompagnati, gli unici dello “sbarco record” che rimarranno sul territorio provinciale, resta comunque la forma di accoglienza più fruttuosa in termini economici, poiché i fondi ad essa destinati dall’Ue e dal Viminale sono maggiori rispetto a quelli che vanno a chi si occupa di migranti “ordinari”. In questo caso i primi responsabili della “presa in carico” dei minori sono i servizi sociali del Comune in cui avviene lo sbarco, ovvero quello di Vibo. Ma se, come spesso succede, i Centri autorizzati non hanno posti disponibili, l’affidamento passa ai Cas, a volte con delle convenzioni successive a un bando di gara e altre volte anche tramite procedura d’urgenza.
Nel Vibonese è capitato, tra ottobre e novembre del 2015, che in due distinte indagini l’Asp e la Procura di Vibo abbiano disposto la chiusura e lo sgombero di due strutture adibite a ospitare minori stranieri non accompagnati. Motivo: in entrambi i casi sono state riscontrate gravi carenze igienico-sanitarie.
IL “NUOVO” BANDO In sostanza i migranti che arrivano a Vibo Marina quasi sempre vengono destinati ai Cas in via provvisoria e, una volta ottenuto lo status di rifugiato politico, dovrebbero essere trasferiti negli Sprar. Ma i tempi di permanenza previsti spesso si dilatano e con essi anche i costi dell’accoglienza. Così, da un lato, la situazione assomiglia sempre di più a una polveriera da un punto di vista sociale, con i migranti spesso “chiusi” in strutture ricettive o abbandonati a elemosinare all’esterno dei negozi nei paesi che li ospitano. Dall’altro, invece, la gestione di un’emergenza umanitaria diventa fenomeno di mero assistenzialismo per i migranti e business redditizio per chi se ne occupa.
Recente (5 aprile 2017) è il decreto con cui la Prefettura di Vibo ha disposto l’aggiudicazione provvisoria per l’affidamento in convenzione del servizio di prima accoglienza per 650 cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale presenti sul territorio provinciale. Il bando emanato dall’Utg “copre” il periodo che va dall’aggiudicazione fino alla fine del 2017. La graduatoria degli aggiudicatari provvisori vede in prima posizione l’associazione culturale “Acuarinto” (sede legale Agrigento) che ha offerto 168 posti a un prezzo giornaliero di 33,67 euro a testa. Seguono la cooperativa “Stella del Sud” di San Nicola (190 posti al prezzo di 34,99 euro a testa/al giorno) e la “Monteleone Protezione Civile” (sede a Vibo) con un’offerta di 450 posti al prezzo di 34,80 euro a testa/al giorno; entrambe già da tempo gestiscono rispettivamente i Cas di Brognaturo e Briatico.
Sergio Pelaia
s.pelaia@corrierecal.it
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