COSENZA «Denunciare è democrazia». Questo è il messaggio che Tiberio Bentivoglio ha lanciato ai 150 studenti del progetto scientifico-didattico “Pedagogia della R-Esistenza” che hanno gremito questa mattina l’aula seminari della biblioteca di area umanistica dell’Università della Calabria. L’imprenditore reggino, che ha denunciato il racket delle estorsioni, ha raccontato la sua storia, ricostruendo tutte le fasi dei suoi 25 anni di resistenza al potere mafioso. Dai sette attentati alla sua azienda all’agguato organizzato per ucciderlo il 9 febbraio 2011 e dal quale si è miracolosamente salvato grazie al marsupio che ha bloccato la pallottola indirizzata al cuore; dalle battaglie processuali affrontate per far condannare i suoi aguzzini alle difficoltà economiche dovute al boicottaggio della sua attività commerciale. Bentivoglio ha esortato i ragazzi a studiare: «Le mafie hanno paura della cultura e dei libri. Non cedete all’ignoranza perché il sapere è resistenza». Fortissima è stata la sua denuncia del fenomeno estorsivo: «Pagare il pizzo vuol dire perdere la dignità». Agli studenti che gli hanno chiesto se rifarebbe nuovamente, dopo 25 anni, la stessa scelta, ha risposto con fermezza: «Non ci sono dubbi. Ci sono scelte nella vita che non si possono e non si devono eludere: la ribellione al potere mafioso è un dovere sociale».
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