Forse dovremmo ripensarlo questo primo maggio. Provare almeno a restituire il significato originario alla ricorrenza, ossia per ricordare le lotte operaie per la riduzione dell’orario di lavoro. Non dunque un anniversario qualsiasi, bensì il nodo del problema dei problemi. In quale maniera intendere il lavoro e come liberarlo dallo sfruttamento che una minoranza impone alla stragrande maggioranza degli esseri umani.
Nel 1930, John Maynard Keynes, nella celeberrima lettera sulle “Prospettive economiche per i nostri nipoti” scriveva parole che sembrano di oggi…
La depressione che domina nel mondo, l’atroce anomalia della disoccupazione in un mondo pieno di bisogni, i disastrosi errori che abbiamo commesso ci rendono ciechi di fronte a quanto sta accadendo sotto il pelo dell’acqua, cioè di fronte al significato delle tendenze autentiche del processo.
Prevedeva il grande economista borghese che entro 100 anni da allora, quindi più o meno ai giorni nostri, sarebbero bastate solo tre ore di lavoro al giorno a persona per garantire la produzione di ogni bene e servizio.
Così non funziona affatto. Anzi, in tutto il mondo, lavoro è sinonimo di sfruttamento, mortificazione, angoscia e addirittura: morte! Si muore ancora e in tanti di lavoro operaio!
In nessuna altra epoca moderna ci si è cosi accaniti contro i diritti dei lavoratori. Eppure, rispetto ai tempi di Keynes, le ricchezze sono aumentate a dismisura. In Italia “siamo” circa 10 volte più ricchi del 1930. E allora?
Semplice bisogna lottare per la riduzione dell’orario di lavoro e per il reddito garantito (o di cittadinanza). E naturalmente, come sempre è stato, non ci si illuda che mai si otterrà qualcosa con i lamenti e gli anatemi. Le conquiste costano lotte e tempo. Questa giornata, al pari dell’otto marzo (vanno insieme le lotte delle donne e del lavoro, altrimenti non ci sarà mai vera libertà) proviene dagli Stati Uniti (strano a dirsi) e ricorda i martiri di Chicago. Appunto: i nostri diritti, checché ne dicano gli stolti “qualunque” abituati a guardare dalle serrature della storia nascono da esempi di vita dedicati alla passione e all’altruismo. Nascono dalla lotta. Ed è per questo che voglio augurare a noi tutti, nella speranza che ben presto le nostre piazze tornino a popolarsi anche fuori dai concerti, un buon primo maggio di lotta…
*Coordinatore regionale Sinistra italiana
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