LAMEZIA TERME Dieci “turborenziani”, altrettanti oliveriani nella nuova assemblea nazionale del Pd. Ora che i dati sono diventati ufficiali è scattata la conta all’interno della maggioranza che ha vinto il congresso. E il responso delle primarie consegna alla Calabria un quadro piuttosto frastagliato: nel corpaccione che sostiene l’ex premier convivono diverse sensibilità. Ci sono i renziani della prima ora, i franceschiniani di AreaDem e poi l’area che fa capo a Mario Oliverio e al cui interno si trovano Adamo, Bruno Bossio, Censore e Romeo. Teoricamente sarebbe la corrente calabrese del ministro (e prossimo vicesegretario del partito) Maurizio Martina. Ma nella sostanza il governatore calabrese e i suoi fedelissimi sono pronti a far valere in assemblea il loro peso. Dieci rappresentanti nel parlamentino dem sono una buona dote su cui contare nei momenti delle scelte decisive (vedi scelta dei candidati alle Politiche). E potranno diventare determinanti anche per l’elezione dei componenti della direzione nazionale. Già, perché è questo il prossimo terreno di battaglia su cui si misureranno i rapporti di forza all’interno del Pd calabrese. Due sono già sicuri del loro posto come membri di diritto: Oliverio, appunto, il segretario regionale Ernesto Magorno e Giuseppe Falcomatà, in quanto sindaco di una città metropolitana qual è Reggio Calabria. Per gli altri sarà bagarre. Nel risiko delle appartenenze, è certo che dei tre segretari provinciali eletti nell’assemblea nazionale, due sono appartenenti alla corrente Oliverio-Martina (il cosentino Luigi Guglielmelli e il vibonese Enzo Insardà), un altro è nella schiera dei franceschiniani (il pitagorico Gino Murgi). La palma del rappresentante più giovane va a un renziano doc: il locrese Marco Schirripa, classe 1987, indicato come vicino al consigliere regionale boschiano Mimmo Battaglia. Ci sono poi le posizioni ibride: è il caso di Carmine Quercia, esponente dei Giovani democratici ed ex assessore a Cetraro che capeggiava la lista renziana in provincia di Cosenza. È da anni uno dei principali collaboratori di Giuseppe Aieta, consigliere regionale e renziano ante-litteram. Fino a poco tempo fa entrambi erano indicati come fedeli custodi dell’ortodossia oliveriana. Ora la loro posizione potrebbe mutare, favorendo un riavvicinamento alle posizione renziane più autentiche. Gli orlandiani – cinque i seggi conquistati in Calabria – potrebbero essere scambiati per un monolite, ma al loro interno convivono posizioni estremamente diversificate. Si va dai guccioniani doc Enzo Damiano e Francesca Reda, al socialista Fabio Guerriero. E poi ancora un battitore libero come Giovan Battista Genova e un veterano della sinistra come Giuseppe Morabito. Diametralmente opposte anche le storie dei due rappresentanti della corrente Emiliano: Giovanni Manoccio arriva dal Pci, Giuseppe Gentile dalla Dc. Entrambi, però, hanno un obiettivo: provare a costruire anche in Calabria un’alternativa a un Pd guidato dall’asse Magorno-Battaglia.
IL CASO ACRI In Transatlantico, in questi giorni, è tutto un vociare sui risultati usciti fuori dai gazebo. La performance di correnti e candidati viene valutata seggio per seggio. E a destare maggiori perplessità è il caso di Acri, popoloso comune della Sila Greca cosentina. Qui, in uno dei feudi di Nicola Adamo e Mario Oliverio, hanno votato in 436. Non male come dato in termini assoluti. Un po’ paradossale, tuttavia, se si considera che gli iscritti in questa città sono 532. In buona sostanza, alle primarie hanno votato 96 persone in meno rispetto a quelle iscritte al Pd. Solo un caso? Può darsi. Non per alcuni renziani, che parlano di tradimenti e vendette consumate sull’altare delle primarie.
Antonio Ricchio
a.ricchio@corrierecal.it
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