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BUSINESS DEI MIGRANTI | «I caporali ci costringevano a lavorare gratis»

COSENZA «Ok boss tutto: per domani mattina quattro pronti alle sei». È un ragazzino straniero – un minorenne – a contrattare con i proprietari delle aziende agricole coinvolte nell’inchiesta della …

Pubblicato il: 08/05/2017 – 12:24
BUSINESS DEI MIGRANTI | «I caporali ci costringevano a lavorare gratis»

COSENZA «Ok boss tutto: per domani mattina quattro pronti alle sei». È un ragazzino straniero – un minorenne – a contrattare con i proprietari delle aziende agricole coinvolte nell’inchiesta della Procura di Cosenza su un centro di accoglienza di Camigliatello Silano e su alcune aziende agricole che ha portato all’esecuzione di sei misure cautelari (due in carcere e quattro ai domiciliari) e a otto obblighi di dimora. Le indagini (coordinate dal procuratore capo Mario Spagnuolo, dall’aggiunto Marisa Manzini e condotte dal sostituto Giuseppe Cava con il supporto dei carabinieri) sono partite dalla denuncia di un immigrato, che è stata poi confermata dal racconto di altri migranti. Si tratta del primo caso in Italia di applicazione della nuova legge contro il caporalato. Alcuni dei migranti, impiegati nelle cooperative coinvolte, si costituiranno parte civile. Lunedì si è svolto l’interrogatorio di garanzia di Vittorio Francesco Imbrogno, uno dei braccianti agricoli coinvolti nell’inchiesta e finiti in carcere. Difeso dall’avvocato Guglielmo Belvedere, il giovane ha raccontato al gip la sua versione dei fatti respingendo ogni accusa. 

A LAVORO SENZA CIBO La maggior parte di loro era costretta a lavorare in condizioni disumane. Come emerge dalle conversazioni captate i migranti occupati nelle campagne lamentavano «di non avere a disposizione un pasto da consumare nel breve periodo di sospensione dal duro lavoro». Allora uno degli indagati è, così, costretto, suo malgrado, a contattare qualcuno che si occupi del pasto dei migranti, preparando dei panini da portare sul luogo di lavoro. 

QUANDO PIOVEVA LA PAGA ERA RIDOTTA I racconti dei migranti sono agghiaccianti. Nell’estate del 2016 arrivano a Camigliatello Silano diversi gruppi di africani ospitati in alcuni agriturismi dismessi. «Fra la fine di agosto e l’inizio di settembre 2016 – racconta un giovane senegalese agli inquirenti – insieme ad altri sei migranti siamo stati portati presso una fattoria che si trova sulla strada per andare a San Giovanni in Fiore. Qui abbiamo lavorato alla raccolta delle fragole all’interno di questa fattoria, fino alla fine del mese di novembre. Appena arrivati lavoravamo dalle 6 del mattino alle 18 della sera, per una paga di 20 euro giornaliere. Quando pioveva andavamo più tardi a lavorare e finivamo prima, ma la paga in quel caso era di 10 euro. Il  denaro ricevuto per il lavoro prestato è il solo che ho recepito in questi mesi».  

NIENTE SOLDI SE NON SI LAVORAVA BENE Il lavoro era pesante e i proprietari pretendevano molto. «Dopo essere arrivato a Lampedusa – spiega un africano ai carabinieri – sono stato trasferito a Cosenza e da qui in una casa, insieme a circa 24/25 persone, situata a circa tre chilometri da Camigliatello, dove nelle vicinanze vi era anche un agriturismo. Dopo circa un mese, insieme ad altri 6 migranti siamo stati trasferiti in una fattoria che si trova sulla strada per andare a San Giovanni in Fiore. Qui abbiamo lavorato alla raccolta delle fragole, al taglio della legna e un mio amico, inoltre, lavorava anche alla mungitura degli animali e alla pulizia delle stalle. Noi lavoravamo dalle 6 del mattino alle 18 della sera, per una paga di 20 euro giornaliere. A volte i soldi non ci venivano dati, perché ci veniva detto che nell’arco della giornata non lavoravamo bene, quindi per riparare alle nostre mancanze ci costringevano a lavorare per intere giornate senza percepire denaro».

 

 

Mirella Molinaro
m.molinaro@corrierecal.it

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