REGGIO CALABRIA C’è un politico, o almeno uno che a Reggio Calabria avrebbe voluto fare il politico di professione, fra gli arrestati dell’operazione Eracle, che ha svelato l’ombra dei clan di Archi sulla movida reggina estiva. Si tratta di Michele Panetta, ex candidato al consiglio comunale per il M5s, non più tardi di una settimana fa finito in manette per associazione mafiosa, lesioni personali, porto illegale di pistola e altri reati.
LE ACCUSE Per gli inquirenti, si tratta di uno dei più fidati luogotenenti di Domenico Nucera, il “capo” della squadra di buttafuori che per conto del clan Condello vigilavano sulla movida estiva, forse anche per questo autorizzato a far girare droga nelle notti reggine e ligio al dovere quando c’è stato da “vendicare” l’affronto a uno dei gestori del Niù con un’aggressione terminata con una gambizzazione. Tutte accuse che gli sono costate prima il fermo per ordine dei pm Stefano Musolino, Giovanni Gullo, Sara Amerio e Walter Ignazitto, quindi un’ordinanza di custodia cautelare in carcere firmata dal gip Massimo Minniti.
CONTROLLI COL BUCO «All’epoca della candidatura non potevamo sapere che sarebbe stato arrestato» protestano gli attivisti pentastellati, che rivendicano «come tutti ha dovuto presentare il casellario giudiziale e il certificato carichi pendenti».
Peccato che il primo documento dia conto solo delle condanne riportate e il secondo solo dei procedimenti in cui il diretto interessato è imputato. Nessuno dei due dunque è in grado di svelare se un soggetto sia indagato e per quale reato. Allo scopo è necessaria la cosiddetta certificazione delle iscrizioni nel registro delle notizie di reato (più nota come certificato 335 c.p.p ), ottenibile riempiendo un semplice modellino da consegnare poi nell’apposito ufficio in Procura, senza neanche apporre una marca da bollo.
RECIDIVO Un’accortezza che nel caso di Panetta sarebbe stata quanto meno consigliabile. Dall’ordinanza che lo ha spedito dietro le sbarre emerge infatti che l’ex candidato grillino vanta una recidiva semplice infraquinquennale per reati di mafia, di droga e di porto di pistola e una specifica, dunque aggravata, per quello di lesioni. Traduzione, negli ultimi cinque anni Panetta era già finito nei guai per aver aggredito o picchiato qualcuno.
CONDOTTA PERMANENTE In più, secondo quanto emerge dagli atti, l’aspirante consigliere, «in qualità di partecipe dell’associazione, svolgeva compiti operativi ed esecutivi, coordinando e partecipando alle attività dei “buttafuori”, attuando ritorsioni violente contro coloro che mettevano in dubbio la forza e l’attuale operatività del sodalizio, costringendo al silenzio le persone informate sui fatti, cedendo sostanza stupefacente per conto della cosca e ponendosi stabilmente a disposizione di Nucera Domenico». E il tutto «con condotta permanente sino al settembre 2016». Ovverosia, presumibilmente incluso nel periodo in cui tentava di approdare in Consiglio comunale sotto le bandiere dei Cinque Stelle.
CANDIDATO INGOMBRANTE, MA LISTA CERTIFICATA Circostanze che rendono quanto meno paradossale la sua presenza in una lista – certificata con tanto di bollino della Casaleggio associati – che ha fatto l’intera campagna elettorale al grido di «Onestà». Poco sembra rilevare poi che – come sostengono alcuni attivisti pentastellati – Panetta abbia trovato posto solo come “tappabuchi” nella lista del candidato sindaco Vincenzo Giordano in prossimità delle “comunarie”, trasformate in una velenosa “faida” fra i diversi (e contrapposti) meet up cittadini. All’epoca, più di qualcosa nei controlli sembra essere saltato. Anche perché – confermano i magistrati nelle carte – Panetta era un soggetto conosciuto a Reggio Calabria.
SECONDO LAVORO Formalmente dipendente della Demi Auto, l’aspirante consigliere comunale lavorava regolarmente anche come buttafuori nella squadra del clan Condello, «un ruolo – ha spiegato oggi l’indagine Eracle – di raccordo e di coordinamento» perché era lui – spiega il gip a tenere « i rapporti sia con gli altri buttafuori, i quali spesso si rivolgono direttamente all’indagato per concordare tempi, modi ed altri dettagli dell’espletamento dei servizi presso -i diversi locali, che con gli stessi gestori». Un “secondo lavoro” – rivela una cristallina conversazione con la moglie finita agli atti del procedimento- che secondo i magistrati gli avrebbe permesso anche di far circolare droga senza troppa difficoltà, ma con generosi guadagni.
IL LUOGOTENENTE Facoltà concesse a Panetta grazie al rapporto granitico con Mimmone Nucera, l’uomo che i Condello avevano delegato alla “gestione dell’ordine pubblico” nei locali, come all’organizzazione dello spaccio. E che sull’ex aspirante consigliere comunale ci contava. Dentro e fuori dai locali. Non a caso, è proprio a lui che Mimmone pensa come prestanome per l’apertura di una paninoteca. Ed è lui che coinvolge nella feroce spedizione punitiva a Gallico, costata a un gruppo di ragazzi un violento pestaggio e ad uno di loro una gambizzazione. In quell’occasione – raccontano le telecamere – a occuparsi di intimidire una testimone, intimandole il silenzio.
MASSIMA CONDIVISIONE DEL PROGRAMMA CRIMINOSO Tutti elementi che hanno indotto il giudice ad affermare che «Panetta riveste a pieno titolo un ruolo di partecipe in seno all’associazione mafiosa di cui ha dimostrato massima condivisione de! programma criminoso, garantendo la propria piena ed incondizionata disponibilità ed alla cui sopravvivenza e crescita ha contribuito con condotte munite di efficacia causale». Una propensione a cui nessuno ha fatto caso quando l’aspirante consigliere si sbracciava sui palchi a 5 stelle.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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