COSENZA Nella morsa dell’usura per pagare un corso di formazione al figlio. I carabinieri della Compagnia di Rende hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip del Tribunale di Cosenza, Giusy Ferrucci, su richiesta della Procura, nei confronti di due cugini cosentini di 50 e 48 anni, Roberto e Francesco Citro. accusati dei reati di usura aggravata dallo stato di bisogno ed estorsione.
L’indagine, condotta dai militari del Nucleo Operativo Radiomobile e della Stazione di Rende, è stata avviata lo scorso febbraio in seguito alla denuncia presentata dalla vittima, un 49enne cosentino che si era indebitato per poter pagare al figlio un corso di formazione professionale nel nord Italia. Purtroppo, l’uomo non riuscendo ad affrontare le spese per il mantenimento della famiglia, si è rivolto a dei conoscenti che si sono offerti di prestargli la somma di 3.500 euro pattuendo il tasso usuraio di 500 euro al mese. Ciò, non ha fatto altro che peggiorare la già grave situazione economica della vittima, alla quale veniva anche tolta l’autovettura come garanzia per il saldo del debito. Disperato, il 49enne ha infine trovato la forza di rivolgersi al comandante della Stazione carabinieri di Rende che lo ha convinto a denunciare i fatti.
Immediatamente sono scattate le indagini congiunte della Stazione e del Nucleo Operativo e Radiomobile di Rende, coordinate dalla Procura affidate al sostituto procuratore titolare del fascicolo, Donatella Donato e del procuratore aggiunto Marisa Manzini, sotto la supervisione del procuratore capo Mario Spagnuolo. In breve tempo, l’attività investigativa svolta ha permesso di riscontrare pienamente quanto denunciato dalla vittima e acquisire determinanti elementi di prova a carico di due cugini cosentini, entrambi colpiti dall’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Gli arrestati sono stati portati nel carcere di Cosenza e nei prossimi giorni saranno chiamati a rendere interrogatorio di garanzia dinanzi al gip.
SPAGNUOLO: «A COSENZA L’USURA SI È SEMPRE PRATICATA» «È una brutta storia come altre su cui stiamo lavorando. Qui abbiamo avuto la collaborazione della vittima che alla fine ha denunciato». Così il procuratore Mario Spagnuolo ha commentato gli arresti. «Si è trattato – ha aggiunto – di un’indagine molto serrata. Nei casi di usura la denuncia è importante e poi vanno trovati i riscontri. Stiamo lavorando su casi simili per i quali ci sono indagini in corso. C’è un retroterra storico: Cosenza è una città in cui l’usura si è sempre praticata. La Procura si sta muovendo verso una proficua collaborazione con le associazioni antiusura per creare un tessuto che ci faccia acquisire le denunce». «Cosenza – ha ribadito il procuratore – è tradizionalmente terra di usura praticata da soggetti non legati alla criminalità organizzata ovvero dalla società civile. In questo caso non abbiamo coinvolgimento della criminalità organizzata altrimenti avremmo interessato la Dda di Catanzaro con la quale abbiamo un’ottima sinergia». Per Spagnuolo il fenomeno dell’usura è legato alla crisi economica «a volte si ricorre a questi metodi per soddisfare alcuni bisogni sociali».
Mirella Molinaro
m.molinaro@corrierecal.it
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