REGGIO CALABRIA Giuseppe Lombardo sarà il nuovo procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria. Questa mattina la nomina del magistrato è stata proposta all’unanimità dalla Quinta sezione al plenum del Csm. Titolare di alcune delle più importanti inchieste della Dda reggina, attualmente rappresenta la pubblica accusa nel procedimento Gotha, che ha dato un nome e un volto ad alcuni dei componenti della direzione strategica della ‘ndrangheta. Alla sbarra, ci sono personaggi del calibro dei legali Paolo Romeo e Giorgio De Stefano, ma anche il senatore Antonio Caridi, l’ex canonico di Polsi, don Pino Strangio, l’ex magistrato Giuseppe Tuccio, funzionari e dirigenti del Comune di Reggio Calabria e della Regione.
Il processo, scaturito dalla riunificazione delle inchieste Mammasantissima, Fata Morgana, Sistema Reggio, Reghion e Alchemia, coordinate anche dai pm Stefano Musolino, Roberto Di Palma, Walter Ignazzitto e Giulia Pantano – rappresenta l’ultima – ma solo in ordine di tempo – tappa investigativa di un filone che, attraverso varie inchieste, ha ricostruito l’evoluzione della ‘ndrangheta reggina, come degli interessi e dei rapporti, criminali e paramassonici, su cui sono stati fondati i nuovi equilibri dopo la seconda guerra di mafia che ha insanguinato le strade di Reggio Calabria dal 1986 al 1991.
Per cementare quella pax tra le ‘ndrine – ha svelato l’ inchiesta Meta del pm Lombardo, già confermata in Cassazione per il filone abbreviato e in appello per l’ordinario, con condanne ultraventennali per i vertici dei clan cittadini e – è nato il direttorio criminale al cui vertice stava Giuseppe De Stefano, affiancato dai padrini quali Pasquale Condello “Il Supremo”, Giovanni Tegano e Pasquale Libri. Una struttura nuova, che ha ottimizzato il coordinamento fra l’anima visibile e militare della ‘ndrangheta e quella invisibile e strategica. Due anime diverse e complementari, che hanno permesso all’organizzazione di porsi come interlocutore necessario all’interno di una ragnatela di poteri che quanto meno dagli anni Settanta travalica i confini regionali.
Un mosaico ricostruito inchiesta dopo inchiesta, che ha consentito di comprendere come l’ingerenza dei clan nei più diversi settori – economico, politico, sociale – non sia casuale, ma dettata da un’architettura criminale forgiata nel corso del tempo ed in continua evoluzione, interamente conosciuta solo dai vertici invisibili dell’organizzazione stessa. Un “segreto” violato dalle ultime inchieste, che hanno tolto il sonno anche a soggetti almeno apparentemente lontani dalla realtà reggina. E’ il caso dell’ex ministro dell’interno, Claudio Scajola, finito a processo per aver aiutato l’ex deputato di Forza Italia, Amedeo Matacena, a sottrarsi ad una condanna definitiva per mafia e ad occultare il suo immenso patrimonio. Ma alle indagini del pm Lombardo si deve anche lo scioglimento del “cerchio magico” di Umberto Bossi, un tempo plenipotenziario della Lega, “mandato in pensione” dall’indagine che ha svelato come i fondi neri del Carroccio siano transitati su canali finanziari occulti, grazie ad uomini vicini al clan de Stefano.
PROCURA GENERALE Cambio anche al vertice della Procura generale, per cui è stato nominato all’unanimità Bernardo Petralia, precedentemente alla Procura di Palermo. «Da una trincea all’altra con l’entusiasmo e l’umiltà di sempre, ha commentato il magistrato non appena è stato informato della designazione. Il Plenum ha ratificato la scelta fatta (sempre all’unanimità), lo scorso marzo dalla Quinta commissione.
Petralia, palermitano, 64 anni compiuti il 18 marzo scorso, prende il posto di Salvatore Di Landro, che lascia per raggiunti limiti di età. In magistratura dal 1980, il neo procuratore generale di Reggio Calabria ha cominciato la carriera come sostituto procuratore a Trapani. È stato giudice a Marsala e a Sciacca, in questa ultima è stato procuratore capo dal 1996. Dal 2006 al 2010 è stato consigliere del Csm (in quota alla corrente Movimento per la giustizia). Poi torna sostituto procuratore a Marsala fino al 2013 quando il Csm lo sceglie come “aggiunto” a Palermo, nella Procura retta (ancora per poco) da Francesco Messineo, andato in pensione nel 2014.
Coordinatore del II dipartimento – quello che si occupa delle indagini sulla Pubblica amministrazione – ha seguito assieme al procuratore Francesco Lo Voi alcune delle inchieste più delicate: dalle firme false del M5S alle tangenti all’aeroporto di Palermo, inchiesta culminata nell’arresto in flagranza dell’ex presidente della Camera di commercio del capoluogo siciliano, Roberto Helg.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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