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JONNY | La truffa dei pasti ai migranti

CATANZARO Capitava, ai migranti ospiti del Cara di Isola Capo Rizzuto, di trovarsi in fila a mensa in attesa di ricevere un pasto caldo. Capitava anche di vedere una mano levarsi al cielo, pollice …

Pubblicato il: 15/05/2017 – 16:57
JONNY | La truffa dei pasti ai migranti

CATANZARO Capitava, ai migranti ospiti del Cara di Isola Capo Rizzuto, di trovarsi in fila a mensa in attesa di ricevere un pasto caldo. Capitava anche di vedere una mano levarsi al cielo, pollice e indice che si muovono nell’universale segno di “non c’è rimasto niente”. Capitava di restare digiuni al Cara di Isola Capo Rizzuto. Queste immagini, questi gesti di diniego, sono stati registrati dagli uomini della Guardia di finanza. Eppure esisteva un gap tra gli stomaci vuoti e la distribuzione dei pasti che veniva contabilizzata, di gran lunga superiore a quella effettivamente realizzata. Un servizio scadente nella qualità e nella quantità. E se qualcosa, qualche volta, avanzava, era buona per il giorno dopo. Lo sfruttamento dell’emergenza e gli ingiusti profitti sono stati registrati con certosina pazienza dai militari della polizia tributaria di Crotone.
Tra i subappalti conferiti dalla Misericordia di Isola Capo Rizzuto c’è il servizio mensa. Un affare dai contorni nefasti. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, Leonardo Sacco, governatore della Misericordi di Isola, Antonio Poerio e Ferdinando Poerio avevano dolosamente e fittiziamente costruito la la società Quadrifoglio snc (poi Quadrifoglio srl) di cui mantenevano il controllo occulto. È la distribuzione dei pasti uno dei capitoli più avvilenti nella gestione illecita dell’accoglienza. Sacco e i due Poerio avevano contabilizzato alla Confederazione nazionale delle Misericordie (la quale a sua volta trasmetteva le note di debito così contabilizzate alla Prefettura di Crotone) «un numero di pasti e servizi alla persona – previsti da capitolato – in numero maggiore rispetto alle prestazioni effettivamente rese», tanto da ottenere una liquidazione maggiore. Per il solo 2013, per esempio, la truffa avrebbe fruttato un ingiusto profitto di 451.335,31 euro.
Per il triennio 2012-2015, inoltre, gli indagati omettono di consegnare alla stazione appaltante le fatture sulle prestazioni effettivamente rese, con lo scopo di rendere impossibili i controlli. 

I PASTI DELLA COSCA Il 24 marzo 2016 all’interno degli uffici del Quadrifoglio si registra una conversazione tra i cugini Fernando e Antonio Poerio e Francesco Lentini. I tre facevano riferimento a Giuseppe Giglio, del quale si era sparsa voce aveva iniziato a collaborare con i magistrati della Dda di Bologna. Riferivano, in particolare, che aveva voluto lavorare al nord con l’appoggio della criminalità organizzata e che ora stava rendendo dichiarazioni svelando tutti i suoi accordi. I tre temevano nuovi arresti che avrebbero costretto in carcere molte persone e conseguentemente avrebbero dovuto finanziare la bacinella per sopportare le spese legali. E in effetti Giglio parla e racconta come, «insieme a Poerio – scrivono i pm –  il servizio mensa era gestito anche da altre due famiglie legate agli Arena e cioè i Giordano e i Muraca, mostrandosi peraltro a conoscenza del particolare meccanismo attuato dai gestori del servizio mensa per conto della famiglia Arena ed ossia la fruizione di operazioni di falsa fatturazione per locupletare (accumulare, nda) danaro e malversarlo».
Giglio, infatti, racconta: «Ho avuto modo di constatare direttamente l’interesse diretto degli Arena ed in particolare di Pino Arena rispetto alla Misericordia. Infatti, per come ho già riferito, nel 2008, direttamente Pino Arena mi ha chiesto di procurargli più generatori che servivano alla Misericordia». E ancora: «Ulteriori conferme dell’interesse degli Arena rispetto al servizio mensa del campo profughi mi sono state date da Beniamino Muto. Costui è cugino di Vito Muto e di Benito Muto che sono figli di Fernando Muto. Beniamino Muto infatti, nel corso del 2011, mi ha raggiunto in Reggio Emilia e mi ha chiesto di procurargli fatturazioni per operazioni inesistenti. Le ho detto – prosegue Giglio rivolgendosi al magistrato – che le fatturazioni servivano a Beniamino Muto per giustificare le fatturazioni che lo stesso doveva emettere in favore di Poerio. E cioè Beniamino Muto faceva nei confronti di Poerio fatturazioni, per lo meno in parte, per operazioni inesistenti, pertanto aveva bisogno di crearsi un cosiddetto magazzino fittizio in modo tale da giustificare le fatturazioni che faceva nei confronti di Poerio. Devo aggiungere un ulteriore particolare e cioè: Beniamino Muto mi chiedeva di procurargli fatturazioni per operazioni inesistenti che avrebbero dovuto essere emesse direttamente nei confronti di coloro i quali gestivano la mensa del campo profughi. Beniamino Muto mi confermò che le mense erano gestite da persone appartenenti al gruppo Arena. Ricordo mi disse che dietro la gestione delle mense vi era il mio compare Pino».

Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it

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