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Operazione Jonny, da Oliverio il miglior commento: il silenzio

Analisi, commenti, riflessioni, valutazioni. Accompagnano gli echi dell’operazione Jonny che non è solo lo scoperchiare l’ennesima pentolaccia. Non si limita a richiamare l’attenzione sulla potenza…

Pubblicato il: 17/05/2017 – 6:24
Operazione Jonny, da Oliverio il miglior commento: il silenzio

Analisi, commenti, riflessioni, valutazioni. Accompagnano gli echi dell’operazione Jonny che non è solo lo scoperchiare l’ennesima pentolaccia. Non si limita a richiamare l’attenzione sulla potenza economica di uno dei più temuti clan, quello degli Arena. Offre la fotografia di un territorio che non è più dello Stato ma vede ogni sua articolazione sotto il controllo dell’antistato: sfruttamento del territorio, controllo delle fonti energetiche, industrializzazione dei fenomeni devianti dalla droga alla ludopatia.
Il tutto senza che nessuna istituzione risulti alla fine immune dal contagio criminale: dalla chiesa locale agli infiltrati nelle forze di polizia; dalla politica ai funzionari pubblici. E ancora non è finita. Per evitare che altro tempo trascorresse, la Direzione distrettuale antimafia ha deciso di saltare il passaggio dal giudice delle indagini preliminari e andare direttamente ai fermi. L’elemento sorpresa ha scombinato ogni possibile tentativo di fuga o di inquinamento probatorio e adesso spalanca le porte a imprevedibili evoluzioni.
Del resto, nell’operazione Jonny, c’è la summa delle emergenze di questo nostro Paese: collusioni politiche, corruzione, voto di scambio, immigrazione clandestina, riciclaggio e gioco d’azzardo. Inevitabile l’esplosione mediatica. Inevitabile il dover far di conto con una Calabria destinata ad apparire sempre più irredimibile.
Altrettanto inevitabile, appunto, il diluvio di analisi, commenti, valutazioni, riflessioni.
Tra tutte, quella che merita maggior attenzione arriva da chi rappresenta la Calabria presiedendone la sua, massima istituzione di governo. Questa volta a Mario Gerardo Oliverio va riconosciuto il merito di aver offerto a commento del lavoro della Dda di Catanzaro la più onesta delle testimonianze.
Certo, c’è stato il pensieroso e accorato appello del vicepresidente Antonio Viscomi: «Ogni elemento di criminalità mafiosa non può che portare morte in questa regione e allora dobbiamo decidere se vogliamo una regione viva o una regione morta ed agire di conseguenza. Ormai la mafia non è più coppola e lupara, usa la corruzione, la seduzione, il potere, il falso potere. Allora, per quanto difficile, per quanto i sentieri della vita possono essere difficoltosi, non bisogna mai cedere alla tentazione della mafia, alla scorciatoia mafiosa. E questo però lo possiamo dire solo nella misura in cui tutte le istituzioni sono pronte a fare il loro dovere per evitare che qui i diritti continuino a essere trasformati in favori. È la grande responsabilità della politica. La magistratura – osserva Viscomi – dovrebbe intervenire ex post e su casi specifici, la politica deve operare sulla generalità dei casi e deve operare sempre. Non ci può essere la delega alla magistratura. La delega alla magistratura è una sconfitta della politica. La politica deve capire cosa vuole fare, deve aiutare la liberazione delle coscienze. Se non fa questo e si riduce a gestione di condominio».
Certo, anche le parole di monsignor Bertolone, che guida la Conferenza episcopale calabra lasciano il segno: «Siamo addolorati per questa vicenda che racconta di una speculazione sulla pelle dei più deboli. Attendiamo fiduciosi gli approfondimenti della magistratura, alla quale confermiamo stima e massima disponibilità alla collaborazione, ma non abbiamo bisogno di aspettare le sentenze per ribadire quella che già da tempo è la posizione della Chiesa calabrese nei riguardi delle mafie: nessuna possibilità di confusione, ma al contrario netta e radicale antitesi».
Certo, c’è la convinta adesione alle riflessioni di Bertolone, della parlamentare pentastellata Danila Nesci: «A prescindere dal credo di ciascuno, il messaggio dell’arcivescovo fa riflettere la politica, spesso debole e rassegnata, a volte collusa e perfino diretta da cupole mafiose. Prezioso il riferimento del religioso al Vangelo come baluardo contro la penetrazione di interessi criminali, come guida cristiana e sorgente morale, come eredità distintiva e simbolo di valori che non si possono tradire». 
E c’è la posizione netta e chiara assunta dal segretario regionale del Pd Ernesto Magorno: «Lo Stato vince e restituisce ai cittadini calabresi un pezzo di territorio, sottraendolo all’invadenza e al controllo criminale delle cosche. L’operazione messa a segno oggi dalla Dda di Catanzaro segna un momento di grande importanza per le nostre comunità e smantella una delle articolazioni mafiose, la cosca Arena, fra le più potenti e violente della Calabria».
Ma, non ce ne vogliano, in questa circostanza è il governatore Gerardo Mario Oliverio a lasciare il segno più apprezzato e più apprezzabile. 
Cosa ha detto? Quale il suo contribuito al dibattito? In che termini ha commentato lo tsunami giudiziario di Isola Capo Rizzuto?
Niente. Non ha detto niente. Non ha fatto alcun commento né reso alcuna dichiarazione. Niente di niente. Pur esternando sempre e su tutto, in questa occasione Oliverio si tace. Ringraziarlo è doveroso.

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